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Teresa Mattei: l’ultima Madre

In questa democrazia che stanno uccidendo, il 12 marzo è morta Teresa Mattei. Nata nel 1921, cresciuta in una famiglia antifascista, fu protagonista di uno dei momenti cruciali della nostra storia: la Resistenza e la nascita della Costituzione. A 16 anni, da sola, partì da Firenze per Nizza, per portare ai fratelli Rosselli un sostegno economico; al rientro fu fermata dalla milizia fascista, ma non si lasciò intimorire e anzi aumentò il suo spirito battagliero. Ci dirà, poi: “Io non credo agli eroismi senza paura. Credo che l’unico eroismo sia di vincere la paura e fare lo stesso quello che si è deciso di fare”. Nel 1938, quando l’Italia si macchiò delle leggi razziali, durante una lezione in cui si faceva propaganda razzista, Teresa, che frequentava la II liceo, lasciò l’aula indignata e per questo fu radiata da tutte le scuole del Regno. Con l’aiuto di Piero Calamandrei, diede gli esami di maturità da privatista; si iscrisse poi alla facoltà di lettere, a filosofia, dove passò all’antifascismo militante, costituendo con altri giovani un’associazione clandestina di studenti antifascisti. Entrò nei Gruppi di Difesa della Donna sorti tra la fine del 1943 e il gennaio del ‘44, un’organizzazione aperta a ogni donna decisa a partecipare alla liberazione della patria e a lottare per la propria emancipazione, organizzando corsi sanitari e posti di soccorso, corsi di preparazione politica e tecnica, e partecipando attivamente ai GAP, occupandosi della propaganda, curando i collegamenti e trasportando documenti, armi, viveri, munizioni. Furono molte le partigiane che contribuirono alla liberazione, anche quelle che semplicemente donavano vestiti ai soldati disertori, che dividevano il loro pasto con chi aveva fame, che nascondevano i partigiani. La Resistenza al femminile è fatta anche di piccole storie individuali, ma è spesso una realtà sconosciuta. Teresa Mattei fu una coraggiosa combattente, col nome di battaglia “Chicchi”, comandante di compagnia nella formazione garibaldina Fronte della Gioventù. Nel 1944, dopo la morte del fratello Gianfranco, torturato dai nazisti, partì da Firenze per Roma. Doveva consegnare le matrici di stampa alla redazione dell’Unità, ma il camion su cui viaggiava fu mitragliato e l’autista colpito a morte. L’autocarro che la raccolse fu fermato a un posto di blocco della milizia tedesca, che la condusse al kommando. Fu picchiata e violentata da cinque soldati tedeschi, che alla fine le annunciarono che l’indomani sarebbe stata fucilata. Nella notte fu liberata grazie a un pietoso gerarca fascista.

La partecipazione e la resistenza, per molte donne, furono gli stupri di guerra, una pagina dolorosa di cui poco si parla. E di cui spesso non hanno parlato le sopravvissute, vittime anche di una società maschilista. Anche Teresa non disse niente. Nel giugno 1944 fu incaricata di far saltare dei vagoni carichi di dinamite, nascosti in un tunnel: il compagno che era con lei, Dante, morì nell’esplosione, mentre lei riuscì a fuggire in bicicletta. Si rifugiò in un’aula universitaria, dove il prof. Garin - col quale si sarebbe dovuta laureare - era riunito con altri docenti, e lo convinse a formare una commissione di laurea estemporanea: la discussione della sua tesi fu poi ritenuta valida. Se in quell’occasione la laurea la salvò, la cultura fu poi una compagna di vita. La sua era una tradizione famigliare di donne colte: la bisnonna materna, Maria Rossi, fece conseguire la laurea alle quattro figlie, tra cui la nonna Teresita Coduri, che si laureò in lingue, come poi la mamma Clara Friedmann. Teresa Mattei, il cui vero nome era Teresita, in onore della nonna, lottò al servizio anche di chi non aveva potuto avere un’istruzione. Dopo la Resistenza, continuò a impegnarsi in politica e nel sociale, soprattutto a sostegno della causa femminile, nell’Unione Donne Italiane. Il 2 giugno 1946, il referendum istituzionale sancì la nascita della Repubblica e ci fu l’elezione di 556 componenti dell’Assemblea Costituente. Furono elette 21 donne: tra queste, Teresita Mattei, di 25 anni, la più giovane deputata. Proprio per questo fu nominata Segretaria di Presidenza e chiamata “la ragazzina di Montecitorio”.

Teresa combattè una duplice battaglia: contro gli stereotipi di genere, presenti anche tra i deputati, e quella di discriminazione per l’età. Rilevante fu il suo intervento in aula il 18 marzo 1947: sottolineando l’importanza dell’articolo sull’uguaglianza tra i sessi (attuale art. 3 della Costituzione), riuscì a far aggiungere la precisazione “di fatto” nel 2° comma: “… È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Il 27 dicembre 1947, 5 giorni dopo l’approvazione della nuova Costituzione, Teresa consegnò il testo nelle mani del Capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola. Il vestito prestatole dalla mamma nascondeva la sua gravidanza. Fu la prima ragazza madre in Parlamento (non poteva sposare il suo compagno, Bruno Sanguinetti, separato dalla prima moglie, perché non esisteva il divorzio) e questo, al tempo, anche per la sinistra, era uno scandalo. Lei disse che avrebbe rappresentato tutte le ragazze madri. Era madre costituente, di nome e di fatto. Fu importante il suo contributo a sostegno dell’infanzia e della promozione di strumenti per lo sviluppo della creatività dei bambini. Ritenendo che nell’art. 3 della Costituzione i minori potevano non essere considerati tra i cittadini, negli anni successivi propose di inserire il concetto di “età”.

Teresa girò per le scuole, partecipò a convegni e incontri per informare, per contrastare la distorsione della storia, per far acquisire la consapevolezza delle origini dei propri diritti e far comprendere il valore della libertà ottenuta con la Resistenza. Una stele, probabilmente, la commemorerà, ma risuoneranno sempre le sue parole: “Le lapidi sono importanti, i monumenti sono importanti, ma il più grande monumento, il maggiore, il più straordinario che si è costruito in Italia, alla Libertà, alla Giustizia, alla Resistenza, all’Antifascismo, al Pacifismo, è la nostra Costituzione.” Grazie, partigiana Chicchi, per questa strada di democrazia che possiamo percorrere, ornata di lievi e profumate mimose.

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