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QT n. 4, aprile 2013 Servizi

La Spiaggia degli Olivi non è più un mito

Turismo e svago a Riva: un grande passato che non si riesce a rinnovare

Giugno ’34. Ecco quando inizia l’avventura della prima Spiaggia degli Olivi, il rinomato stabilimento rivano balneare, alias locale da ballo. Con la partecipazione al progetto dell’architetto Maroni, lo stesso che progettò il Vittoriale di D’Annunzio, la costruzione non poteva che risultare più che attraente, elegante e financo seducente con le sue linee sinuose, a coniugare spiaggia e ristorazione di giorno, e trasformarsi di sera in romantica sala da ballo sul lago. Dopo un periodo di “transizione” durante la guerra, quando orchestre tedesche prima, e americane poi, imposero i loro ritmi proponendo walzer o balli d’oltreoceano, il decollo avvenne agli inizi degli anni Cinquanta, ovvero agli arbori del turismo rivano, quando la spiaggia iniziava a riempirsi di turisti tedeschi, improvvisati latin lovers trentini e una moltitudine di fanciulle.

Concerto di Nini Rosso alla Spiaggia degli Olivi.

L’ambiente, con un’efficace gestione dell’offerta complementare spiaggia/ dancing, fece da scuola alla nascente realtà turistica rivana, sfruttando al meglio l’unica spiaggia al tempo esistente. Poi la svolta del 1975 con il nome “Tiffany”. Il gestore Franco Chemolli scelse il nome dal famoso film con Audrey Hepburn, che venne anche stilizzata divenendo il logo del locale esprimendone un po’ la filosofia e le ambizioni: locale elegante, raffinato, sbarazzino e perché no, chic. “Il locale partì subito alla grande, era un ritrovo straordinario – ci dice Chemolli - Il periodo più importante fu quello dal 1985 al ’95: una miriade di eventi, non si riuscivano ad accontentare tutti i potenziali avventori, il pienone che c’era nel locale c’era anche fuori, la gente era disposta ad aspettare anche un’ora pur di riuscire a bere un drink e prendere parte alla serata. Con i Camaleonti o i Formula 3 c’era gente dentro e fuori. I ragazzi erano appiccicati ai vetri esterni, così potevano vedere i complessi. E quando il mio personale mi chiedeva: ‘Ma che facciamo, li mandiamo via?’ io rispondevo ‘No, lasciali lì, che fanno pubblicità’. La gente veniva da Rovereto, Verona, Trento, Bolzano, Brescia, dal lago più in generale. Anche per i bagni i rivani venivano a nuoto dalla Rocca aggirando l’entrata dal lago ed evitando così di pagare il biglietto, e anche lì si faceva finta di non vedere, perché anche loro in qualche modo facevano parte della scena, creavano atmosfera. Ora non esiste più questa logica nel turismo rivano: o paghi o stai fuori”. Dopo dieci anni di chiusura, il locale ha riaperto, completamente rivoluzionato sia nella struttura che nella gestione. Ma non sembra che la cosa abbia riscosso molto gradimento fra i rivani: prezzi elevati, qualità mediocre, servizio scadente, come se i fasti di locale chic si potessero rinverdire semplicemente aumentando i prezzi. E l’esperienza si è arenata. Si è passati a una nuova gestione; ma con quali prospettive?

Oggi: la città e il suo turismo

Concerto di Nini Rosso alla Spiaggia degli Olivi.

Il tema non riguarda solo la pur storica Spiaggia degli Olivi, investe il rapporto tra la città e il suo turismo: la falsariga della “movida” rivana sta andando in un’altra direzione, forse rivolta esclusivamente al visitatore piuttosto che al cittadino? Una lamentela che accomuna tutti i rivani, giovani e anziani, è quella sulla mancanza di strutture per lo svago, di centri di aggregazione, di manifestazioni. È sicuramente vero che la cittadina dell’alto Garda sfrutta al meglio il territorio per attività sportive, e in quest’ambito le iniziative si sprecano. Per non parlare dei numerosi expo, o della rinomata “Notte di fiaba”. Le manifestazioni non mancano, dunque. Il problema è che non sono rivolte alla popolazione di Riva, al massimo agli albergatori della zona. Si sta creando una sorta di roccaforte per turisti, che può sì offrire svariati servizi, ma solo alla gente di passaggio. Il che sarebbe anche sintomo di una certa mancanza di logicità da parte degli investitori rivani. Non sarebbe più fruttuoso crearsi, come zoccolo duro, una clientela provecopia niente dalla “busa”, che rappresenterebbe quindi entrate più costanti, piuttosto che puntare tutto su quelle quattro o cinque occasioni che nel corso dell’anno portano gente da tutto il mondo? O per lo meno trovare un equilibrio, una complementarietà, tra le due parti? Sono ormai lontani i tempi in cui Riva poteva vantare ben due cinema, un piccolo teatro, numerose sale per esposizioni d’arte, un bowling e locali di buon gusto dove poter trascorrere una serata ballando, chiacchierando e rilassandosi con gli amici. “Fino ad una decina di anni fa i ragazzi di Malcesine, Limone e altri paesi del Garda si organizzavano per venire a passare una serata a Riva. Ora non più, del resto che verrebbero a fare? Adesso la maggior parte degli avventori sono turisti, che vengono, passano una giornata al lago e poi se ne vanno”. - sostiene un ex dipendente dell’ Apt. E Maurizio Bressan, membro del Consorzio Riva in Centro e gestore di un rinomato bar rivano, aggiunge: “Il problema è che le aziende o i gestori di attività rivani hanno paura ad esporsi, ad investire e quindi a mettersi in gioco anche finanziariamente. Una volta la Provincia passava molti più fondi per le iniziative che si proponevano e quindi anche mettere insieme una manifestazione costava meno. Questa situazione però, non è dovuta solo a questioni strutturali. Molto probabilmente noi gestori, non volendo investire in serate o altre attività che probabilmente riscontrerebbero successo tra i rivani, abbiamo contribuito a creare un’utenza diversa, meno propensa ad uscire la sera e a fare festa fino a mattina. È quindi comprensibile che anche chi vorrebbe aprire un’attività sia un po’ restio nel farlo, vista l’assenza di certezze nella riuscita. Insomma, è un rischio, e la crisi di certo non aiuta.” E allora si opta per il classico bar che, bene o male, sopravvive sempre. Fino a pochi anni fa infatti le licenze per questo tipo di attività erano all’incirca un centinaio. Ora sono più di 200. Un non esaltante caso di “riduzione di qualità dell’offerta”, direbbero i manuali. ?

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