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QT n. 1, gennaio 2013 Trentagiorni

Lista Ingroia

Antonio Ingroia

É approdata, anche in Trentino, la Lista Ingroia. Che nell’attuale momento di disfacimento delle formazioni politiche, si situa in una posizione strana: forte impostazione leaderistica, agglutinamento di piccoli partiti sparsi, conclamata apertura alla società civile. Vediamo di capirci meglio.

Innanzitutto Antonio Ingroia. Diciamo subito che siamo consapevoli, quando si parla di mafia ed antimafia, della difficoltà del giudizio. Perché, inevitabilmente, qualcosa rimarrà nascosto al commentatore, a meno che questo non si cimenti in un’inchiesta lunga e forse anche pericolosa. Premesso ciò, dopo un piccolo approfondimento ci sembra di poter dire che Antonio Ingroia sembra essere (stato) un magistrato antimafia onesto e coraggioso almeno quanto Piero Grasso (candidato tra squilli di tromba nel Pd) sembra rappresentare un lato ambiguo dell’antimafia istituzionale. Il combinato disposto delle due candidature, quella strombazzata di Grasso e quella solitaria di Ingroia, fa nascere dei grossi dubbi sulla reale intenzione della politica che conta di combattere la criminalità organizzata.

Ma su Ingroia candidato, molte altre sono le constatazioni da fare. Primo, l’antimafia, per quanto cruciale, non è l’unico tema che l’Italia dovrà affrontare. Secondo, troppo spesso chi combatte onestamente la mafia viene presentato come qualcuno capace di aggiustare tutto (vedi Saviano), ma così non è. E Ingroia, entrato sulla scena con un personalismo oltretutto elettoralmente poco appetibile, non sembra molto bravo a fare politica. Più che biasimare lui, però, bisognerebbe guardare a chi lo ha spinto sotto i riflettori. Organizzazioni politiche incapaci, in cinque anni di riflessioni extraparlamentare, di costruire una proposta economica e sociale alternativa, chiara e visibile (Rifondazione e Verdi), o in cerca di una nuova verginità che le mantenga al potere il più possibile inosservati (Italia dei Valori). Che vengono da esperienze istituzionali non esaltanti (dei Verdi al governo, a Roma come nelle regioni o nella nostra provincia, è arduo trovare spunti positivi; di Rifondazione ricordiamo tutti la vacuità di Bertinotti o le impuntature dei Turigliatto; per Di Pietro è bastata una puntata di Report). Organizzazioni, oltretutto, tra di loro non poco incompatibili. A tutte queste magagne cercano di riparare a due mesi dalle elezioni.

Dopo aver “risolto” la questione del leader, ricorrono alla nuova panacea: la società civile. Anche in Trentino proliferano le voci su candidature illustri nella lista. Dall’ex prorettore Pascuzzi (dimessosi dalla carica in opposizione alla svendita dell’Ateneo al potere provinciale) all’ambientalista (e nostro collaboratore) Luigi Casanova. Voci per ora non confermate, mentre, a livello nazionale, alcuni intellettuali che da mesi fanno parte del movimento alla base di “Rivoluzione civile”, da Ugo Mattei a Paul Ginsborg, si defilano, denunciando il prevalere dei vecchi partitini.

A nostro avviso, ci sono due nodi tra loro intrecciati. Primo, quello programmatico: sull’impostazione di politica economica e sociale, si ha davvero qualcosa da dire a sinistra di Stefano Fassina o Nichi Vendola? Secondo: se la novità consiste in un abbandono delle stantie convenienze di partito, che fatalmente - vedi proprio la questione legalità - si riflettono sull’azione di governo, è però strampalato sostituire alle convenienze della grande organizzazione quelle della piccola, o dell’insieme di diverse piccole.

La credibilità dell’iniziativa quindi dipenderà dai nomi in lista. Vedremo.