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QT n. 6, giugno 2012 Cover story

Il potere è uomo

Economia, professioni, politica: anche a Trento, le donne vengono escluse dai vertici, discriminate, tutt’al più cooptate

Chiedete ai vostri conoscenti se ritengono che vi sia un problema di discriminazione basato sul genere; e chiedete loro se metterebbero tale questione tra i più grandi e scandalosi problemi dei tempi in cui viviamo. Noi lo abbiamo fatto parlandone con quattro esperte dell’argomento in chiave locale: Lia Beltrami, assessore provinciale alla Solidarietà Internazionale e alla Convivenza; Elisa Bellè, dottoranda in Sociologia e Ricerca Sociale e autrice di uno studio sul rapporto tra uomini e donne in quattro partiti del Trentino; Giuseppina Orlandini, ordinaria di Fisica Nucleare e Subnucleare all’Università di Trento; Barbara Poggio, ricercatrice in Sociologia dei processi economici e del lavoro. Il nostro scopo era discutere e fotografare la situazione del genere femminile nelle posizioni trentine di vertice in un momento in cui la maggior parte delle persone ritiene che quello della discriminazione femminile sia un problema ormai largamente superato in una società dove uomini e donne hanno le stesse opportunità per arrivare ad occupare posizioni di leadership. In effetti, non è così.

La situazione: i dati

Tabella 1: Donne e uomini: istruzione, mercato del lavoro, carriera nella Provincia di Trento
DonneUomini
Laureate/i (percentuale sul totale per genere)33,5%22,9%
Impiegate/i nel mercato del lavoro (perc. sul totale per genere)60,4%77,4%
Fanno carriera (percentuale sul totale per genere)27,4%37,1%
Dirigenti (percentuale sul totale)2,40%1,30%
Imprenditori e lavoratori autonomi (percentuale sul totale)24,60%8,70%
Reddito annuo (media)13.64323.378
Ore dedicate alla casa (media)3718
Ore dedicate ai figli (media)124

Fonte: Dati Istituto per la Ricerca Valutativa sulle Politiche Pubbliche, Schizzerotto, 2010; Rapporto annuale OPES relativo alla situazione economica e sociale del paese, 2011; Assessorato alla Solidarietà internazionale e alla convivenza, Provincia di Trento, 2010.

La società trentina, che poi non si discosta molto da quella italiana in questo specifico ambito, presenta diseguaglianze di genere abissali: le donne sono impiegate nel mercato del lavoro meno degli uomini (60,5% contro 77,4%) e, pur essendo mediamente meglio istruite, hanno minori possibilità di fare carriera (27,4% contro 37,1%). Le poche che ci riescono hanno comunque un salario di gran lunga inferiore a quello dei colleghi uomini. Nelle professioni considerate politicamente influenti e prestigiose (architetti, avvocati, commercialisti, ingegneri, notai) le donne non superano mai il 40% e raramente vanno oltre il 25%. Il rapporto cala ulteriormente nell’imprenditoria dove, pur essendo difficile fare stime esatte, la stragrande maggioranza dei liberi professionisti sono di sesso maschile (una ricerca del 2010 dell’Istituto per la Ricerca Valutativa sulle Politiche Pubbliche sull’imprenditoria dava un campione in cui il rapporto tra donne e uomini era 1 a 4). Nell’università le donne sono quasi quanto gli uomini, ma se guardiamo ai professori ordinari il rapporto è praticamente 1 a 3; i presidi delle Facoltà sono tutti maschi, ed anche il rettore. Anche in politica le donne in posizioni influenti sono una minoranza (il rapporto è generalmente 1 a 4 in Trentino, poco meglio rispetto ai dati nazionali); e sono spesso percepite come donne capaci solo in quanto, nell’immaginario collettivo, “hanno i coglioni”.

L’handicap nell’articolo

Il lessico, soprattutto in questo ambito, non è solo lo specchio della società, ma costituisce una rigidissima gabbia cognitiva. Non è infatti privo di conseguenze che le donne in posizione di potere siano indicate dai media con l’uso dell’articolo (la Camusso, la Fornero, la Vescovi, la Ferrari...), cosa che per i corrispondenti maschili è generalmente considerata una svalorizzazione (semmai si usa per “il Trota o al limite per “il Vendola”, detto alla padana).

Lia Beltrami

L’assessore Lia Beltrami ci racconta che quando entra in una stanza assieme ad un collega uomo e deve parlare con interlocutori sconosciuti, questi saranno propensi a salutare l’uomo come “dottore”, lei come “segretaria”. La presenza delle donne, in primo luogo nei partiti e di conseguenza nelle cariche istituzionali più alte, è disincentivata da quell’insieme di simboli, linguaggi ed atteggiamenti violenti ed offensivi che viene esplicitamente o implicitamente utilizzato nei loro confronti dai colleghi e dai media. In gran parte d’Europa si è combattuta una lunga battaglia per creare una maggiore consapevolezza attorno a queste discriminazioni, mentre in Italia (e anche a Trento) questo lavoro è ancora in gran parte da fare e comunque i risultati conseguiti sono ancora scarsi.

Barbara Poggio

La situazione sta effettivamente cambiando; ma si tratta di un cambiamento lento e con forti sacche di resistenza. Alcuni mondi, come quello dei notai o quello della cooperazione, sono tradizionalmente maschili; ma in altri ordini professionali particolarmente influenti nella società (architetti, avvocati) la tradizionale resistenza maschile si è rotta già da qualche tempo e le donne potrebbero presto superare i colleghi di sesso maschile. È un cambiamento comunque molto lento se rapportato all’intensa attività della Provincia di Trento, che promuove raccolte di dati ed una serie di iniziative per superare questi ostacoli culturali.

Tabella 2: Donne e uomini nella rappresentanza politica nella Provincia di Trento
DonneUominiTotale% Donne
Sindaco2818821613,00%
Consiglieri/e8352402323725,80%

Fonte: Assessorato alla Solidarietà internazionale e alla convivenza, Provincia di Trento, 2011.

Gli ostacoli: due livelli d’interpretazione

Giuseppina Orlandini

Sono soprattutto due i problemi strutturali che contraddistinguono in maniera specifica la provincia di Trento: le reti sociali e l’alta incidenza del part-time. Non è un mistero che alla maggior parte delle posizioni di potere si acceda per cooptazione, e finché le donne sono escluse da questi network rimane difficile cambiare le cose. Piccole realtà enormemente influenti in Trentino come la cooperazione sono tradizionalmente chiuse alle donne, anche se stanno lentamente trasformandosi. Un secondo problema strutturale è la segregazione verticale legata al part-time, che viene utilizzato come strumento di lavoro alternativo alla carriera. Il part-time, per come viene utilizzato oggi, è una gabbia dorata per le donne: regala la relativa sicurezza di uno stipendio abbinato al tempo libero per prendersi cura dei figli e della casa, ma preclude a chi lo pratica la carriera e anche una significativa crescita professionale. Reti sociali consolidate e part-time costruiscono quello che viene chiamato “mummy track”, il percorso della mamma, un binario rigido e che, ovviamente, porta in una direzione diversa rispetto a quella della carriera. Gran parte delle misure legislative, in effetti, si concentra proprio sulla attivazione di maggiori posti negli asili nido e presso tagesmutter allo scopo di contrastare l’abbandono di un percorso professionale per doversi occupare di un bambino, o magari di un anziano. La prof.ssa Orlandini cita gli esempi di numerose studentesse, tutte con tutte le carte in regola e tanta grinta, estremamente competenti e preparate, che tuttavia non riescono a fare carriera perché ad un certo punto della loro vita si trovano di fronte al classico bivio: carriera o famiglia e figli. Più si va verso i gradi alti, più si fa carriera e più il mestiere che si fa diventa totalizzante, quindi viene meno il tempo per progettare l’idea di una famiglia, figuriamoci di fare figli. Ed è nel rapporto di coppia che si gioca tutto, soprattutto in un contesto nel quale è difficile trovare uomini che non ostacolino la carriera della moglie ed è quasi impossibile trovare quelli che addirittura l’assecondano mettendo da parte la propria ed incitando la compagna, magari in nome di uno stipendio più alto o di maggiore probabilità di successo.

Tabella 3: Donne e uomini negli ordini professionali nella Provincia di Trento
UominiDonneTotale% Donne
Agronomi e forestali2173625314,20%
Architetti694323101731,80%
Assistenti sociali5556061591,10%
Avvocati34323457740,60%
Biologi2913015981,80%
Commercialisti 3039639924,10%
Geometri105711211699,60%
Ingegneri227212323955,10%
Notai3083821,10%
Psicologi11035246276,20%

Fonte: Assessorato alla solidarietà internazionale e alla convivenza, Provincia Autonomia di Trento, progetto di ricerca-azione realizzato dalla società Fidia, 2007

Chi aggiusta la tapparella?

Il problema, d’altronde, è che spesso sono le donne stesse che fanno fatica a cedere le redini della casa e della famiglia agli uomini, da sempre considerati inadatti a tutto ciò che riguarda la cura e l’affettività. Il modo più efficace di cambiare la situazione non è, in effetti, la sfera legislativa, quanto quella culturale. Generalmente tutto ciò che è tecnico, tutto ciò che richiede raziocinio e poca emotività viene da sempre associato ai maschi. Senza dover tornare sulle lacrime di un ministro femmina, subito accusata di essere troppo sensibile e fragile di nervi per fare il suo lavoro, pensiamo alle piccole cose. Un esempio banale: la tapparella rotta è il papà che l’aggiusta, anche se si tratta di un lavoretto che qualsiasi mamma saprebbe fare. È in condizioni del genere che le donne e le loro scelte vengono coltivate.

Su questo livello, la mentalità trentina deve ancora fare passi da gigante. Un anno fa, Antonio Schizzerotto sul suo primo editoriale per il Corriere del Trentino parlava della “sindrome familistica della società trentina”: un approccio culturale ancora chiuso e decisamente tradizionalistico, in cui il ruolo delle donne è percepito come quello della madre che si prende cura della casa e dei bambini. Non a caso, i dati mostrano che in provincia di Trento il tempo mediamente impiegato dalle donne per questi compiti è quasi quattro volte quello dei corrispondenti maschili.

L’approccio più efficace per cambiare questa situazione e rovesciare i dati impietosi che abbiamo visto è proprio quello portato dai modelli culturali di riferimento. Solo la presenza di donne capaci in posizioni di potere aiuta a contrastare l’auto-limitazione del genere in prospettiva di carriera. In questo contesto i mezzi d’informazione non aiutano, soprattutto dopo un devastante decennio berlusconiano. Alcune recenti ricerche mostravano che il principale modello di riferimento delle studentesse delle scuole superiori erano diventate le veline: ancora oggi sono loro le protagoniste indiscusse sui giornali e alla televisione, e per grottesco paradosso sono percepite da molte coetanee come le donne più potenti, ricche e padrone della propria vita e del loro destino. È evidente, quindi, che avere un maggior numero di donne competenti in posizioni di potere sarebbe il modo più efficace di cambiare le cose. Ma finché vedremo in televisione o leggeremo sui giornali solo di primi ministri, ingegneri, scienziati e magistrati uomini, sarà molto difficile che più donne decidano di assumersi la responsabilità di accettare la sfida di queste carriere. E in Trentino, purtroppo, gli esempi femminili di riferimento sono ancora molto pochi.