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QT n. 1, gennaio 2012 L’editoriale

Equità o macelleria?

Sono molteplici le proposte che si accavallano sul fronte della “fase 2” del governo Monti, e più precisamente sulla riforma del mercato del lavoro. Ne parliamo più approfonditamente in un articolo di Luca Facchini, qui invece ci interessiamo del clima culturale che vi sta dietro.

L’assunto di fondo di molte posizioni, tra cui quella della ministra Elsa Fornero, è che per dare risposte alla disoccupazione giovanile e alla precarietà dei primi anni di lavoro, occorrano rivedere “gli eccessi di tutela degli ipergarantiti” in particolare il famoso art. 18, che per le aziende sopra i 15 dipendenti vieta i licenziamenti se non per giusta causa o crisi aziendale.

È difficile contenere un moto di rabbia di fronte a queste formulazioni (che la stessa ministra ha peraltro sostanzialmente ritrattato). Che si possa ritenere “ipergarantito” chi ha un posto da 1200 euro, sicuro solo finché l’azienda va avanti bene, evidenzia bene il disprezzo con cui una parte della cultura economica considera i ceti medio-bassi. E frutto della stessa cultura è il ricorrente tentativo di contrapporre padri e figli: i primi dipinti come arroccati in egoistici privilegi (quelli di cui sopra) che escludono i secondi da una vita dignitosa. La frase ricorrente è: per dare un futuro ai figli, i padri devono rinunciare a qualcosa. Dove il qualcosa sono i diritti, soprattutto quello di non essere sbattuti sulla strada a 50 anni (e quindi ad almeno 15 dalla pensione) in quanto l’impresa trova più conveniente al tuo posto assumere un giovane, che comunque partirebbe con un salario più basso.

Macelleria sociale è stato il termine con cui si sono indicati provvedimenti del genere, termine mai così appropriato come in questo caso. E non si tiri fuori la favola della flexsecurity: un cinquantenne senza lavoro dovrebbe essere mantenuto dal welfare? Fino alla pensione che peraltro si fissa sempre più distante? Ma, di grazia, con quali soldi?

A nostro avviso l’impostazione del problema non solo è iniqua, ma profondamente sbagliata. È l’idea che, dato per il lavoro dipendente un definito ammontare di ricchezza, diritti, sicurezze, si tratti di ridefinire come distribuirli: meno diritti più ricchezza, meno ai vecchi più ai giovani, ecc. Anche ammesso, e per niente concesso, che questi scambi poi finiscano alla pari e non invece con una sottofase 1 di sacrifici subito e una sottofase 2 di benefici futuribili, comunque si tratta di ferite gravi, profonde, nel corpo sociale. Di cui oggi non c’è bisogno.

La soluzione è un’altra, e va a toccare altre parti della società. Come noto, è da trent’anni che in tutto l’occidente, ma soprattutto in Italia, sono aumentate le differenze sociali: in termini di distribuzione della ricchezza soprattutto, concentratasi nelle mani della parte di popolazione più agiata; ma anche, negli ultimi anni, con una riduzione del welfare; e ora si prospetta una contrazione dei diritti, il tutto a scapito dei lavoratori dipendenti. Ora è tempo di imboccare l’indirizzo opposto, partendo da una nuova fiscalità (e lotta all’evasione), una redistribuzione della ricchezza e delle opportunità sociali a favore dei ceti medio-bassi. Non è la rivoluzione socialista, ma un ritorno alle condizioni distributive dei primi anni ‘80.

Un obiettivo necessario. Anzitutto perché l’aumentare delle ingiustizie rischia di minare la pace sociale. Ma poi perché, come più volte autorevolmente spiegato, è stato l’impoverimento della popolazione a determinare la crisi attuale, prima ancora delle follie bancarie. Se i ceti medio-bassi si vedono contratti i redditi, giocoforza contraggono i consumi e deprimono l’economia; se i ricchi guadagnano di più, si mettono a giocare in finanza, con i noti risultati. Ritorna attuale la lezione di John Ford: sono i miei operai che devono comperare le mie macchine. E difatti la nostra Confindustria si era dichiarata favorevole alla patrimoniale, prima di rispondere con il pilota automatico alla richiesta di abolizione dell’articolo 18.

Certo, un disegno economico-sociale che redistribuisca la ricchezza ragionevolmente non può essere chiesto al governo Monti, che comunque si deve reggere (anche) sui voti del centro-destra.

Il problema è il centrosinistra, nel cui campo è tornata la palla. Deve però decidere se giocarla portando avanti la propria visione della superiorità delle società equilibrate e solidali, oppure abbracciando varianti del liberismo sinora (disastrosamente) imperante.

Nel primo caso dovrà dichiarare quello che può fare con l’attuale maggioranza parlamentare e quello che, nel 2013, vorrà fare una volta vinte le elezioni su un programma di equità aggiornato ai nostri tempi. Nel secondo caso invece, basta che sostenga qualcuna delle varie proposte liberiste che sbocciano in continuazione. È una strada in discesa, in cui però finirà per perdere se stesso e, forse, anche il paese.

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Articoli attinenti

Nello stesso numero:
Art. 18: totem sì o no?
In altri numeri:
La crisi in Trentino
Sollievo, non soddisfazione
Timidi e subalterni

Commenti (2)

Rob

Caro Ettore

questa ri-distribuzione di ricchezza e ritorno agli anni '80 non la potranno mai fare! e neppure proporre ! infatti presupporrebbe un aumento della spesa pubblica (impensabile pensare che la lotta all'evasione possa fare molto anche perchè l'evasione vera la fanno le grandi azinede 'italiane' controllate da finanziarie in lussenburgo ...da della valle in giu'...)
L'abolizione dell'art.18 è stato imposto dalla bce con la famosa lettera della bce a tremonti dello scorso agosto che ha di fatto commissariato il governo italiano .Di fatto sarebbe un tentativo di rendere piu' compotitivo il sistema paese (e quindi in teori di favorire la crescita) parificando i diritti dei lavoratori italini a quelli tedeschi .Quello che non dicono che lo stato tedesco spende in welfare piu' di quello italiano...
Comunque con l'attuale schema della bce gli stati in sostanza non possono aumentare la spesa pubblica (anzi questa dovra' scendere drasticamente a causa del nuovo trattato 'fiscal compact)l'attuale governo italiano sta' in sostanza seguendo le indicazioni della bce ,ovvero sta' facendo una politica sull'offerta' , ovvero rigore fiscale e deflazione+disoccupazione per rendere piu' compotetivi i costi del lavoro .Infatti l'italia ha perso competitiva' rispetto alla germania e non ha piu' possibilita' di svalutare come ha sempre dal dopoguerra .Di fatto i nostri prezzi hanno scontato un differenziale di inflazione con la germania,in parole povere i nostri prezzi sono troppo alti rispetto al valore della nostra moneta . Sono cose accettate e oramai
lo scrivono anche sul sole24ore .Lo dice anche prodi :solo che non ci dice non saremo mai competitivi come la germania , quindi verosimilmente finiremo come l'argentina fra 5 o 6 anni...
qui Prodi :
http://www.youtube.com/watch?v=uwOTq2ogy8Q

qui il sole24ore:

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-01-18/miope-difesa-berlino-064613.shtml?uuid=Aab9ROfE

FALLUCCA CONCETTA

Flessibilità o immobilità?

Entro la fine di marzo, il ministro Fornero, ha dichiarato di voler riformare il mercato del lavoro,con o senza la collaborazione delle parti sociali.
La proposta attuale è un piano di riforme che prevede la formulazione di più proposte.
La determinazione di un numero limitato, pari a 5 o 6 tipi di contratto-base ( preferendo il modello dell'apprendistato) ed il blocco dell'assunzione per 3 anni.
Sono daccordo, perchè, io stessa, sono passata da un contratto CO.CO.CO a CO.CO.PRO e poi a lavoratore a progetto ( sono un ass.educatore), che mi ha garantito il minimo dei diritti spettanti ed il minimo dei salari, tanto che rasento la precarietà di anno in anno.
Sarebbe ora, che si dia una buona regolamentazione ai contratti di lavoro, senza nessun ombra, che possa determinare dei sub-contratti e dei para-contratti.
La seconda proposta, è di poter applicare alla nostra tipologia di lavoro, il modello danese, che permette l'alternanza dei lavori con la garanzia di un sussidio minimo ( io preferirei dire sufficiente a vivere dignitosamente, tenendo conto anche della situazione familiare)e nel frattempo, la frequentazione di un corso di formazione
per l'occupazione di un lavoro alternativo e senza vincoli d'età, quindi un 50enne potrà trovare lavoro con le stesse possibilità di un 20enne.Possibile?
Se non si accetta il corso o il lavoro,viene automaticamente sospeso il sussidio, quindi non più FAS e CIG intende che elargire rendite a perdere, ma a sostenere rendite attive.
Io credo che, nella situazione di forte precarietà e di urgenza attuale, si possa applicare con le dovute considerazioni della nosta realtà italiana.
L'art.18 che si vuole, in parte modificare, riguarda l'aggiunta di ulteriori elementi di licenziamento per giusta causa, come l'assenteismo ingiustificato (che è una realtà grande e che crea dei problemi sia all'azienda, che ai lavoratori precari)e dare la possibilità al giudice, nelle cause di licenziamento,di optare per delle soluzioni già determinate e specificate per legge.
In Italia ed in Europa, si possono fare più scelte, come il reiserimento nel posto di lavoro o il risarcimento economico, ma non c'è ancora,una direttiva europea che unifica le diverse soluzioni in merito ed in tempi BREVI!
Per questi casi ed in genere, la magistratura italiana è troppo lenta.
Da qui, la necessità del tribunale delle imprese che favorisce lo snellimento delle procedure in tempi moderati (così, da far scorrere la fila!).
Queste problematiche, non creano danni solo all'interno del nostro mercato, ma anche in quelle europee e mondiali, perchè rendono difficile gli investimenti da parte dei paesi esteri.
A causa, delle lungaggini, arzigogolate ed inutili prassi burocratiche ( che le riforme Monti stanno cercando di eliminare) e nell'attesa perenne di una sentenza che non arriva mai, l'investitore è scoraggiato e guarda altrove.
C'è anche, la necessità di un ufficio apposito che detiene una mappa degli investimenti possibili dei beni dello Stato, che pubblicizza, stimola ed incoraggia il futuro acquirente (nazionale o internazionale, piccolo o grande che sia!).
Sono favorevole alla proposta di questo piano, ricco di proposte innovative che però necessità di grandi riforme e se le parti sociali collaborano con il governo si avranno dei risultati soddisfacenti.
I partiti, sia di destra che di sinistra vanno riformati e rinnovati, se vogliono avere credibilità e sostegno da parte dei propri elettori!






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