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Notte di mezza estate

La lettura dei fatti avviene dopo un attento esame degli indizi premonitori che portarono al compiersi di un’emergenza annunciata. Ma ai segnali non faccio mai molto caso, per non prendermi troppo sul serio. Rappresento ancora un’incognita per me stessa; se molte tra le mie conoscenze mi ritengono una donna coraggiosa, la metà del parentado pensa che io sia una rompiballe. Letture contrastanti che richiederebbero maggiori indagini, ma non ho più voglia di analizzare il perché e il per come.

Agosto: da alcune settimane era così caldo che insieme alle piante deperivo anch’io. Nonostante il condizionatore sparato tutto il pomeriggio, dovevo stare rinchiusa e uscivo solo di sera sulla terrazza. Tutto il mio parentado era in vacanza e forse, inconsciamente, volevo fare delle prove generali di soccorso, dei tempi necessari, soprattutto se ero in grado di gestirmi il tutto senza panico. La solitudine estiva passa attraverso porte disabitate, s’insinua tra gli spazi vuoti.

Era una prova di quel telesoccorso che l’assistente sociale mette a disposizione quando la disabilità progredisce, l’autonomia è limitata ma - evviva! - consente ancora di vivere da soli. Sai comunque che, per qualsiasi evenienza, puoi schiacciare un tasto e la macchina dei soccorsi si metterà in moto. Mi addormento quindi tranquillamente, boccheggiando per l’afa ma pregustando il momento in cui la bambina che sono cederà remissiva all’abbraccio del sonno. Non ho mostri che vagano nella mente e quindi ho un sonno innocente, sogni bellissimi che mi riempiono l’immaginario. Il mio estro creativo possiede tutta la tavolozza dell’arcobaleno, i sensi si appagano trovando esattamente quello che stavano cercando, i confini non esistono più.

Mi sveglio improvvisamente assalita dalla nausea, con un senso di oppressione sul petto, difficoltà di respiro. Cerco di alzarmi ma ricado sul cuscino. Automaticamente allungo il braccio e schiaccio l’allarme che attiva subito un segnale sonoro. L’attesa sembra lunghissima ma il contatto è stabilito e adesso sanno che sto male. Azionando il telecomando del letto mi metto in posizione seduta, dopo qualche momento di panico scatta sempre la logica. Anzi, ho sempre la capacità di stupirmi per quanta calma atavica possiedo, quando serve.

Risponde una voce femminile che chiamandomi per nome mi chiede come mi sento. Spiego i sintomi e lei propone di chiamare mio figlio. No, no, è in vacanza, l’amica con le chiavi è sulle Dolomiti, mia figlia abita a Roma, la mamma è in vacanza pure lei... e allora chi vuole che chiamiamo? Nel frattempo ho capito che nessuno può correre. E poi perché? Chiedo di parlare con un medico per essere tranquillizzata. Ho iniziato un nuovo farmaco e potrebbe essere lui a crearmi questi effetti collaterali. Poco dopo mi chiama un medico al quale spiego meglio che posso il problema, facendo una sintesi dei disturbi precedenti. Ma l’audio è molto disturbato, siamo in viva voce e devo ripetermi continuamente, fare lo spelling del farmaco e della via dove abito. Cercando nomi di città che spieghino che tipo sono, non siano banali, non facciano rima, non siano cacofonici, non contengano esse fischianti, senza favorire il nord o il sud. Insomma, uno dei tanti giochetti che invento per distrarmi e concentrarmi su altro, nell’attesa della guardia medica.

Intanto entra aria fresca e comincio a sentirmi meglio, il medico è alla porta. Mi aspettavo un giovane semiaddormentato che mi avrebbe provato la pressione, tastato il posto, fatto qualche ricetta per andarsene in fretta. Invece l’età è all’incirca la mia e si crea subito empatia, confidenza, scambio di umanità. Non so come ringraziare per come un gran brutto quarto d’ora si sia trasformato in un inatteso piacevole incontro. Ho pensato subito all’eroe che salva la principessa rinchiusa nella torre del castello ma anche al dottore di ambarabaciccicoccò tre civette sul comò! Se la vita dà poco, la favola è un bene di rifugio per non morir di tristezza.

E poi ho meditato su quanto sostenuto, qualche riga sopra, riguardo alla mia mente, che non genera mostri, ma è bravissima a scambiare lucciole per lanterne, a sfornare principi azzurri a loro insaputa, a creare amori impossibili. La pace dei sensi, che mi ha trasformato in paciosa signora di mezza età, ha qualche sussulto ormonale e, prima di chiudere baracca e burattini, sarebbe forse tentata di fare un altro giro di giostra? Mah... nel frattempo assisto e fotografo uno degli eventi più rari della mia vita: l’alba. Quell’alba che mi trova sempre profondamente addormentata a comporre sogni. Bell’alba foriera di un sole novello...

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