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La modernizzazione e la sinistra

Franco Valduga

Non mi convincono alcune affermazioni di Michele Guarda nell’articolo sul numero dell’11 ottobre (Il niet a Casanova: perché la sinistra ha (giustamente) perso). Parto dall’ultima, che chiude praticamente il suo ragionamento: "La rotta che la sinistra deve intraprendere è quella di tornare a proporsi come forza della modernizzazione, fiduciosa che con questa bussola si riuscirà a contribuire maggiormente alla definizione della linea politica del governo provinciale".

Per "sinistra" mi sembra che Guarda intenda i DS, in pratica. Più sopra infatti dice che "in questa legislatura la sinistra si è comportata come una forza di governo e dell’innovazione, ha cioè proposto e si è battuta per un obiettivo di modernizzazione del Trentino: è stato sulla riforma elettorale". Una "conquista" per la quale si sono battuti solo i DS trentini, non "la sinistra" trentina.

A parte questo, che significa per lui modernizzazione, innovazione? Riferito a qualsiasi prodotto o processo produttivo, il significato è univoco e chiaro. Guarda dovrebbe spiegare invece cosa significhino quei termini riferiti alla politica, in particolare alla politica di qualsiasi forza che voglia essere di sinistra. La sinistra non ha mai parlato di modernizzare o di innovare, ma di trasformare la società, di passare da quella (esistente allora e oggi) fondata sull’interesse del singolo, perseguito sfruttando non solo altri uomini ma anche le ricchezze naturali che sono un bene di tutti, ad un’altra fondata sull’interesse di tutti sociale, dove il prodotto del lavoro di tutti serve a soddisfare i bisogni di tutti. Ecco la vera innovazione. Le differenze fra le varie sinistre stavano eventualmente nelle forme con cui questa trasformazione doveva avvenire: se in un colpo solo attraverso una lotta armata o se attraverso riforme graduali che però avrebbero dovuto portare allo stesso risultato.

Di innovazione, modernizzazione, di "nuovo" si cominciò a parlare solo verso la fine del secolo appena concluso per giustificare una serie di scelte che non innovavano niente, riportavano piuttosto all’antico. Per esempio, quella secondo cui il socialismo era una bella utopia ottocentesca fallita alla prova dei fatti, che quindi il capitalismo sarebbe la più avanzata e insuperabile forma di società, che si tratta solo di correggerne alcuni aspetti decisamente insostenibili. Di tali correzioni non si è mai vista nemmeno l’ombra. E’ stato dato invece il benestare all’abolizione della scala mobile, a forme – sia pure mascherate – di finanziamento della scuola privata, alla privatizzazione dell’industria di stato (circa la metà dell’apparato produttivo!), all’introduzione di forme privatistiche nella sanità, a una riforma del sistema pensionistico che butta a mare il principio di solidarietà per introdurre quello del tutto individualistico fondato sui contributi versati da ognuno, avviando contemporaneamente un taglio delle pensioni che spetteranno ai più giovani, compensandolo con versamenti semiobbligatori a cosiddetti "fondi pensione" che non sono niente di diverso da comuni fondi di investimento.

Tutte queste cose sono state presentate regolarmente come innovazioni, modernizzazioni. E tuttavia Guarda sostiene che "la sinistra è debole perché l’opinione pubblica non la riconosce (più) né come una forza di governo, né come una forza della modernizzazione". Non erano modernizzazioni quelle ricordate sopra? Sono d’accordo anch’io. Sono piuttosto l’abbandono di conquiste che erano costate lotte e avevano introdotto nella società degli elementi, per quanto piccoli, di socialismo. Sono un ritorno all’antico, al prevalere dell’individualismo e degli interessi del grande capitale privato, altro che innovazione.

Ma allora Guarda dovrebbe spiegare cosa intende per modernizzazione e innovazione in politica, in ciò che riguarda la struttura della società cioè. Altrimenti non ci si capisce più, le parole rischiano di creare solo confusione, di confondere magari la politica con la tecnologia.