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Caccia: femmine e piccoli inclusi

Il signor Eccher può senz’altro tentare di ridicolizzare le storie dei "bambi srtrappalacrime" (sono parole sue e, detto per inciso, non mi sembra facciano trasparire un bel modo di rapportarsi agli animali) e può anche mettere in dubbio la veridicità del racconto del signor Pellegrini, che non dubito provvederà, se già non l’ha fatto, a dare adeguata risposta.

Egli non può invece ignorare (essendo tra l’altro nel direttivo dell’Associazione cacciatori) che la caccia agli ungulati in Trentino prevede l’uccisione delle femmine e dei piccoli non come evento raro e da eseguirsi solo in particolari casi, ma come "prassi", stabilita per legge. Il suo "grande disagio" e lo "sconcerto" per l’evento descritto da Pellegrini mi appaiono pertanto molto più sospetti di quanto non appaia a lui il racconto stesso (per i lettori che non ne fossero al corrente, l’episodio riguarda il ferimento e la probabile morte, nel giorno di apertura della caccia, di una femmina di capriolo, accompagnata da due cuccioli, poi fuggiti nel bosco seguendo la madre colpita).

Da sempre i cacciatori cercano di ammantare la loro attività di un’aura eroica che non trova riscontro alcuno nella pratica venatoria attuale: l’utilizzo di potenti fucili muniti di cannocchiale per il tiro da grande distanza e l’uso di capanni in cui stare nascosti, dopo avere in molti casi, nei mesi precedenti la stagione di caccia, abituato la selvaggina ad avvicinarsi con lo spargimento di sale, non dà alcuna possibilità all’animale di sfuggire all’agguato.

In questo tipo di caccia non sembra esservi sostanziale differenza nel rapporto cacciatore-preda di quello tra cecchino-vittima, se non per il fatto che la caccia, anche con queste modalità, è consentita dalla legge; anche nei confronti di femmine e cuccioli, appunto.

Da sempre poi i cacciatori trasmettono messaggi volti a ridurre l’impatto all’esterno ed a minimizzare o a nascondere la brutalità delle loro azioni. Un esempio: nei documenti, ai termini "abbattimento" o "uccisione" si preferiscono quelli di "prelievo" o "assegnazione", molto più indolori in apparenza (per gli animali la sostanza non cambia). Le visite nelle scuole, organizzate dall’associazione dei cacciatori, prevedono delle belle lezioni sulla vita degli animali dei nostri boschi, in modo che nei ragazzi si fissi l’immagine del cacciatore buono, addirittura amico degli animali, ma le foto degli animali uccisi o peggio solo feriti, i numeri degli animali "prelevati" ad ogni stagione, le informazioni sulla "necessità" di abbattere femmine e cuccioli, tutto ciò viene ovviamente ignorato.

Non meraviglia adunque che quando altre verità vengono trasmesse, i cacciatori si agitino e reagiscano mettendo in dubbio.

Ma vi sono dei fatti, dei numeri, che non è possibile smentire e che ritengo utile fornire ai lettori perchè possano farsi una loro opinione. Eccone alcuni.

- I caprioli che saranno ufficialmente abbattuti nella nostra provincia, nella stagione venatoria in corso, saranno 4.208 maschi e 5.135 tra femmine e piccoli. Ossia il 55% del totale delle uccisioni riguarderà le femmine ed i piccoli; altro che casi isolati!

- Il numero totale di animali selvatici che verranno "prelevati" quest’anno dai nostri boschi e montagne a cura dei cacciatori (e della cui presenza il resto della popolazione non potrà più godere) è di circa 200.000 (duecentomila) capi, a fronte di un numero di cacciatori di circa 7.500 (settemilacinquecento). Per la stragrande maggioranza delle specie cacciate, il discorso della caccia di selezione, assai utilizzato dai cacciatori per meglio giustificare agli occhi di chi non caccia la loro attività e per altro contestabile (e contestatissimo da moltissimi ambientalisti), non è neppure applicabile.

- I cacciatori rappresentano circa l’1,8% della popolazione trentina; malgrado ciò, essi godono di una schiacciante maggioranza all’interno del Comitato Faunistico, l’organo che dovrebbe tutelare la fauna trentina (i risultati di anni di votazione sono disponibili per chi volesse approfondire questo tema).

- I piani di prelievo venatorio sono basati sui risultati dei censimenti. Nella pratica, si stimano con dei conteggi a campione le quantità presenti sul territorio e di conseguenza si decide quanti animali uccidere. I censimenti del capriolo sono gestiti direttamente dai cacciatori.

- Nei parchi trentini si va a caccia, esattamente il contrario di quanto si fa nei parchi nazionali, ed in forte contrasto con la concezione stessa di parco. Si va a caccia senza neppure la copertura formale della già citata caccia di selezione. Insomma, si caccia nei parchi, senza se e senza ma.

- L’associazione dei cacciatori riceve dalla Provincia Autonoma di Trento fondi per stipendiare le guardie faunistiche, dipendenti dell’associazione stessa (invero con poco rispetto per l’opportunità di distinguere il contolllato dal controllore). Le richieste delle associazioni ambientaliste di avere fondi analoghi, per stipendiare un pari numero di guardie da esse dipendenti e, quanto meno, garantire una presenza sul campo anche di altre entità, sono state regolarmente ignorate dagli organi provinciali.

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