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Inceneritore: i perché di un no

Michele Brugnara

La notizia riportata dalla stampa locale è senza dubbio di quelle positive: in tema di raccolta differenziata dei rifiuti il Trentino è sempre più virtuoso. Gli ultimi dati forniti dagli uffici provinciali ad una recente giornata nazionale di studio svoltasi a Trento indicano la raccolta differenziata ad oltre il 57% (stima 2007). Alcune vallate sono di esempio: Fiemme e Primiero sono oltre il 75%. Sappiamo inoltre che alcuni Comuni trentini, come Aldeno e Roverè della Luna, hanno superato o sono vicini all’80%. Anche sul fronte della produzione di rifiuti alcuni Comuni hanno raggiunto ottimi risultati: è il caso di Aldeno, con una produzione di rifiuto residuo secco di circa 60 Kg/abitante/anno (confrontatelo con l’obiettivo di 165 kg/abitante/anno fissato dalla Provincia entro la fine 2009).

Purtroppo la notizia positiva lascia poi spazio a quella negativa: la giunta provinciale insiste nella costruzione dell’inceneritore secondo il Piano approvato nel 2006.

Ritengo che si tratti del progetto più irresponsabile portato avanti dalla Provincia negli ultimi dieci anni. Irresponsabile principalmente perché mette in secondo piano la questione sanitaria legata ai rischi da incenerimento: esistono numerosi lavori scientifici che dimostrano la pericolosità degli inceneritori, in quanto diffondono sul territorio quantità significative di sostanze tossiche, cancerogene e nocive alla salute.

Inoltre un numero crescente di medici sconsiglia la realizzazione dei camini a causa della pericolosità dei fumi: di recente, ad esempio, si è espressa in merito la Federazione Regionale Emilia Romagna degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (a proposito di medici, sarebbe auspicabile anche un intervento dell’Ordine dei Medici del Trentino: perché mai non si esprime? E perché il dottor Cristofolini, così virtuoso nella battaglia contro il fumo, tace sull’inceneritore cittadino?).

Il progetto di inceneritore con sito a Trento è doppiamente pericoloso per via del ristagno delle polveri nella Valle dell’Adige durante i mesi invernali: dalla città, posizionata in fondo ad una conca, le sostanze nocive salgono fino allo "strato di inversione" (fenomeno noto a tutti) e poi, anziché disperdersi, ritornano giù in valle, con evidente danno per il nostro apparato bocca-gola-polmoni e per la qualità delle attività agricole svolte lungo l’asta dell’Adige.

I cittadini si chiedono cosa fare per evitare la costruzione del camino. La Provincia lo sa molto bene e lo ha scritto nel primo capitolo del Piano provinciale di smaltimento dei rifiuti: s’intitola "Prevenzione e riduzione" e riporta le linee guida delle iniziative ecoresponsabili (gestione rifiuti in zone turistiche di montagna, pannolini lavabili, ecofeste, acquisto di detersivi alla spina, e così via).

Molte di queste iniziative sono avviate, ma necessitano di un impulso decisamente più forte. Serve un cambio di passo. Ci sono ancora ampi margini di miglioramento: è facile osservare ad esempio che la raccolta differenziata è perseguita con scarsa convinzione in realtà quali aziende private, grande distribuzione, strutture ospedaliere, parchi pubblici.

Pensiamo un attimo a quale intensità ed efficacia si potrebbe dare a queste ed altre iniziative di riduzione di rifiuti assegnando a tali progetti anche solo una parte di quei cento milioni di euro previsti per la costruzione del dannoso camino.

Pensiamo agli effetti benefici che potrebbe avere l’applicazione della Tariffa di Igiene Ambientale (al posto della tassa) in tutti i 223 comuni trentini subito dal 2008 (anziché dal 2009!). E pensiamo ai benefici che potrebbe dare l’estensione del "porta a porta" su tutto il territorio.

Amministratori - e mi rivolgo in particolare a Dellai, Gilmozzi e Pacher - pensateci davvero ancora una volta se questo progetto fa il bene o il male della comunità trentina. Se Bolzano e Vienna hanno l’inceneritore, che dire, peggio per loro; perché il Trentino deve guardare ai cattivi progetti ? Perché non rilanciate sulla raccolta differenziata anziché bloccarla al 65%? Questa azione sarebbe senza senso, assurda, la gente non vi capirà. Specie quella che ha senso del risparmio e odio dello spreco.

In conclusione è auspicabile una revisione a breve del Piano di riduzione e smaltimento rifiuti partendo da due grandi novità e certezze. La prima: un numero in continuo aumento di Comuni, associazioni e semplici cittadini è contrario al progetto del camino.

La seconda: i dati di oggi ci dicono che tutte le comunità locali sono sempre più responsabili nella differenziazione dei rifiuti e molte di esse si stanno impegnando al massimo, con ottimi risultati.

Perché dunque rimanere ostaggi della paura di dover "mangiare i rifiuti" anziché dare fiducia al senso di responsabilità e all’impegno virtuoso dimostrato nel 2007 dalla comunità trentina?