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Venezia 2005

Dal Festival del cinema: il vincitore, i film difficili da vedere, quelli buoni e quelli che vi sconsigliamo.

Il Leone d’oro. Vince "Brokeback mountain", film che trova la sua originalità e il suo pregio nel mettere assieme una scrittura cinematografica molto convenzionale, del tutto interna alle modalità narrative dell’industria hollywoodiana, con una tematica, l’amore omosessuale tra due mandriani, che dentro quel sistema non era mai stata rappresentata con tanta chiarezza.

In molti – nel cinema indipendente, nella controcultura – avevano già sbirciato dietro la facciata delle amicizie virili nel vecchio West, ma vedere due cowboy slacciarsi i cinturoni o rotolarsi nei prati in un film di Hollywood genera comunque un certo effetto di rivelazione. La pellicola altrimenti non avrebbe molti meriti, è un Leone che non rimarrà nella storia del cinema, premiato un po’ per un compromesso della giuria un po’ per mancanza di grandi film in concorso.

I nvisibili.Tra le cose più belle della mostra, due oggetti misteriosi. E’ difficile che essi trovino una distribuzione e probabilmente resteranno invisibili al grande pubblico. Il primo è un documentario austriaco, "Workingman’s Death", diviso in cinque episodi che vanno in cerca, nel mondo, delle situazioni estreme in cui si esercitano i più assurdi e disumani dei lavori manuali: le miniere della Siberia, le solfatare indonesiane, i mattatoi a cielo aperto in Nigeria, i cantieri navali del Pakistan, le siderurgie cinesi. Ognuno di questi contesti invade la mente dello spettatore con un sentimento netto e tagliente di claustrofobia, di ansia, di angoscia, di shock, di apprensione. L’appendice girata nella Ruhr ci mostra che per noi europei questo tipo di lavoro è solo archeologia dell’industria e un gioco per la memoria. Per come sono raccolte e montate, le immagini di Michael Glawogger, che si appoggiano alla musica battente, elettronica di John Zorn, rendono tangibile il rispetto assoluto e l’ammirazione del regista per queste vite, che come ci comunica il titolo sono a continuo rischio di morte.

L’altro grande film invisibile è "The Wild Blue Yonder" di Werner Herzog, un lavoro che unisce immagini eterogenee: filmati della Nasa, paesaggi e soprattutto splendide riprese subacquee. Il tutto è tenuto insieme da un pretesto narrativo minuscolo ma geniale, che forza i nostri occhi a guardare quelle immagini di montaggio dalla prospettiva che ha scelto per noi il regista: un extraterrestre racconta la fine del pianeta Terra nel quale lui e altri della sua specie si erano rifugiati. La Terra, in questo futuro, è solo (e finalmente) un incontaminato zoo-safari per turisti dello spazio. Soprattutto l’ultima parte, girata sotto i ghiacci, nel gelido blu polare, riesce a mescolare, "alla Herzog", in modo assolutamente ipnotico il ritmo delle immagini (lentissimo, ma pur sempre ritmo…)con quello delle musiche.

Una carrellata sui buoni film. Il coreano Park Chan-Wook ha concluso bene, con "Sympathy for Lady Vengeance", la sua trilogia sulla vendetta. Il film è girato stupendamente, anche se rimane inferiore al precedente "Old Boy" in quanto a contenuti. Con "La sposa cadavere" Tim Burton riprende in mano i suoi temi (la gioiosa vita nell’aldilà, l’amore tra diversi, la fantasia come rifugio…) e li mescola dando sfogo al suo debordante immaginario visivo. Un altro film per chi ha voglia di ridere è "Romance & Cigarettes" di John Turturro, il più sboccato della mostra, pieno di battute talmente esplicite da andare al di là di ogni volgarità. Laurent Cantet (autore di "Risorse umane" e "A tempo pieno") con questo ultimo "Vers le sud" pecca un po’ di schematismo, ma realizza un buon film sul tema del turismo sessuale, in un contesto haitiano dove sono le donne a voler pagare per le prestazioni di giovani dal fisico perfetto. Probabilmente, visto che il protagonista è Elijah Wood (il Frodo de "Il Signore degli anelli"), sarà distribuito "Everything is Illuminated": un giovane nero americano di origine ebraica fa un viaggio in Ucraina alla ricerca delle proprie radici, che si intrecciano con le vicende più tristi del Novecento. Nonostante il tema drammatico, il film è all’ottanta per cento una commedia. E’ già nelle sale "Cinderella Man", classico film sul pugilato con tanto di match finale che però concentra in gran parte la sua attenzione sul contesto, immergendo in modo intelligente lo spettatore nell’America della Grande Depressione. Tra i film buono-medi c’è anche un italiano, "La bestia nel cuore" di Cristina Comencini. La pellicola, tutta femminile, affronta la tematica dell’incesto e della pedofilia facendola emergere in modo dirompente all’interno di una trama solida, affidata a un ottimo gruppo di attori.

Gli sconsigliati. Purtroppo il film italiano della Comencini non è in buona compagnia. E’ da evitare assolutamente "Musikanten", di Franco Battiato, un arrogante pasticcio che usa la narrazione cinematografica come inutile pretesto per snocciolare citazioni pseudo-colte e mettere in fila improbabili riflessioni sull’arte e sul mondo. Il paradosso è che il pubblico in sala, guardato dall’alto in basso dal regista, si vendica difendendo la sua dignità a furia di fischi e risate. L’altro film sconsigliato è "I giorni dell’abbandono" di Roberto Faenza: sfighe familiari e spiritualismo, tradimenti e fantasmi, cani morti e bambini con un mal di pancia che passa, contagiosissimo, anche allo spettatore.