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Archivi migranti

Sulle tracce degli emigranti

Gli archivi e la polvere sono spesso apparentati nella visione che i profani hanno della ricerca storica; eppure negli ultimi decenni le fonti utilizzate dagli storici si sono ampliate, di pari passo con lo sviluppo dell’interesse per nuovi soggetti storici: le donne, i lavoratori, i migranti.

Proprio sulle fonti per la storia delle migrazioni italiane in Svizzera si è concentrato il convegno internazionale intitolato “Archivi migranti”, organizzato gli scorsi 5-6 di maggio dalla Fondazione Museo Storico a Trento.

L’interesse perla Svizzeranon è stato casuale: da oltre un anno il Museo Storico ha attivato una ricerca sull’emigrazione trentina in questo paese, con l’intento di affrontare un tema storico poco studiato. L’emigrazione italiana in Europa nel secondo dopoguerra ha infatti subito una sorta di schiacciamento: da una parte c’è la grande migrazione di fine Ottocento, che ha catalizzato l’attenzione degli storici; dall’altra c’è l’inizio dell’immigrazione in Italia dai paesi del Sud. Da qui la scarsità di studi per il periodo considerato: un vuoto da colmare se si pensa che propriola Svizzeraha rappresentato per molti anni la meta principale degli emigranti trentini.

Il programma della due giorni ha dedicato molta attenzione alle cosiddette fonti non tradizionali. Prima di tutto agli audiovisivi: Paola Corti (Università di Torino) e Nelly Valsangiacomo (Università di Losanna) hanno parlato dell’immagine dei migranti, l’una dal punto di vista del fotogiornalismo italiano, l’altra da quello della Radiotelevisione Svizzera, che a partire dagli anni ‘50 dedica - oltre allo spazio nei Tg - svariate trasmissioni e approfondimenti alla questione dell’immigrazione. La più conosciuta è la trasmissione “Un’ora per voi” iniziata nel 1964, prima coproduzione europea tra due televisioni,la TSI (Televisione della Svizzera Italiana) ela RAI, condotta da Corrado.

Ma poi furono numerosi i documentari, gli approfondimenti, i servizi televisivi e radiofonici, dal momento che il fenomeno migratorio fu perla Svizzeradi grande impatto economico e sociale: si pensi soltanto al fatto che nel 1970 la popolazione era composta dal 17% di stranieri, di cui la metà italiani.

Il regista Alvaro Bizzarri

Anche il cinema ha contribuito a gettare luce sul fenomeno dell’immigrazione in Svizzera: la serata del 5 maggio è stata dedicata all’incontro al Teatro S. Marco con Alvaro Bizzarri, intervistato da Lorenza Servetti (Istituto Parri dell’Emilia-Romagna) e Vincenzo Mancuso (Archivio Audiovisivo del Movimento operaio e democratico). Immigrato autodidatta che decise di testimoniare in pellicola la condizione dei suoi conterranei, Bizzarri è stato regista di film come “Il treno del Sud” o “Lo stagionale”, amato da Gian Maria Volonté ed Elio Petri. A Trento ha presentato il suo film più sperimentale: “Pagine di vita dell’emigrazione”,

Il ricorso a fonti “non convenzionali” si rivela necessario in particolare nello studio delle migrazioni: per sua natura questo fenomeno mal si concilia con la struttura dello stato-nazione le cui frontiere attraversa e le tracce che lascia sono labili, disperse, spesso inesistenti. Gli studiosi ricorrono dunque alle fonti orali, per capire il funzionamento delle catene migratorie o le strategie di interazione con il paese d’accoglienza: se ne è parlato durante il convegno, così come si è parlato di scrittura popolare, tema caro al Museo storico del Trentino, all’interno del quale è attivo l’Archivio della scrittura popolare. Paolo Barcella (Università di Bergamo), ha illustrato la sua ricerca di dottorato basata sullo studio dei temi scritti da giovani migranti italiani iscritti alle scuole delle Missioni Cattoliche di Lingua italiana in Svizzera. Brani di vita reale, che permettono di leggere “dall’interno” sentimenti, delusioni, speranze di questi immigrati. Così come le lettere inviate a Gigliola Cinquetti (conservate presso il Museo Storico) da emigranti sparsi in tutta Europa e anche in Svizzera, di cui ha parlato Daniela Delmenico, dell’Università di Losanna.

Altro elemento di interesse del convegno è stato il tentativo di mettere insieme alcuni dei maggiori studiosi italiani e svizzeri, nella convinzione che - come sosteneva il sociologo delle migrazioni Abdelmalek Sayad - “è l’intero itinerario dell’immigrato a essere un itinerario epistemologico”.

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