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QT n. 8, settembre 2009 Servizi

Veltroni: i meriti e le colpe

Intervista a Giorgio Tonini, corresponsabile del “veltronismo”.

Giorgio Tonini

Di Giorgio Tonini (vedi Chi è Giorgio Tonininel n° 19 del 2007), cristiano-sociale, romano trapiantato a Trento, parlammo molto bene quando, nell’autunno del 2007, fu chiamato a Roma a far parte della ristretta segreteria di Walter Veltroni, al tempo segretario del Pd allora al governo. Ci si potevano aspettare ricadute molto positive dalla presenza di un nostro esponente politico ai vertici della politica nazionale. Le cose invece non sono andate bene: breve e travagliata la vita del governo Prodi, e malamente finita la segreteria di Veltroni.

Dell’esperienza del “veltronismo” con Tonini vogliamo discutere: esperienza secondo noi esemplarmente negativa, emblematica di difficoltà e vizi della sinistra, e più in generale della politica, italiana.

Partiamo dal punto di svolta della scorsa legislatura: quando, alla fine del 2007, Berlusconi, a forza di assestare spallate al governo, la spalla se la era lussata, e ormai era solo, abbandonato dallo stesso Fini che aveva cominciato a tirar fuori nientemeno che il conflitto di interessi. Bene, in quel momento arriva il Soccorso rosso, Veltroni, che lancia a Berlusconi annaspante la ciambella di salvataggio della proposta di nuova legge elettorale in chiave bipartitica, da scrivere assieme: ottenendo due clamorosi risultati, ricompattare il centro-destra attorno al leader rilegittimato, e terremotare il centro-sinistra, con i partitini che si sentivano minacciati nella loro stessa esistenza, e di conseguenza fecero cadere il governo Prodi. Ed ecco l’Italia graziosamente riconsegnata a Berlusconi dai protagonismi personali e dall’insipienza del ceto politico di sinistra, che già nel ‘98, con D’Alema e le “riforme istituzionali” aveva fatto lo stesso harakiri.

“Io ho visto un altro film. - risponde Tonini - Un film che parte nel 2006, con la costruzione dell’Unione come alleanza di tutti gli antiberlusconiani, da Dini e Mastella fino alla consistente minoranza trotzkista di Rifondazione. Da qui un programma privo di un’idea complessiva e di gerarchie di priorità, una campagna elettorale faticosa e confusa che aveva fruttato una vittoria risicatissima, un governo sostenuto da una maggioranza debole quantitativamente e internamente, con dissociazioni continue di ministri, senza una politica estera e di difesa condivisa, con gigantesche contraddizioni di politica economica. Dopo una pesante sconfitta alle amministrative nella primavera del 2007, si arrivava alla sofferta decisione nel comitato che presiedeva alla fase costituente del Partito Democratico, su proposta di Prodi di procedere subito all’elezione di un segretario, perché si aveva la chiara percezione che la legislatura potesse finire traumaticamente, e quindi che ci sarebbe trovati senza governo, senza vecchi partiti, senza Pd. Alle primarie vinse plebiscitariamente Veltroni, con la missione di sganciare il partito dal governo Prodi, e puntare politicamente sul Pd, investendo più sul futuro che sul presente.

Questo non è stato possibile, ma non per colpa del dialogo con Berlusconi. L’obiettivo principale era conservare il massimo dell’elettorato moderato che stava pericolosamente scivolando verso il centrodestra. Veltroni decise di lavorare su due direzioni: togliere di mezzo l’antiberlusconismo, che non doveva essere più l’elemento fondante della coalizione, ed elaborare un programma fortemente innovativo, libero dai cascami ideologici della sinistra radicale. Poi siamo andati alle elezioni nel 2008 anzichè nel 2009...

A causa vostra...

La nostra proposta nasceva dall’impegno di cambiare la legge elettorale, il Porcellum: c’era il referendum indetto con tante delle nostre firme e di autorevoli esponenti del centrodestra (Fini), e appariva anch’esso un momento di destabilizzazione del governo Prodi; di qui la proposta a Berlusconi di confronto sulla legge elettorale.

Ma Veltroni pensava davvero che con Berlusconi si potesse fare qualcosa?

Solo la legge elettorale...

“Solo”? È la cosa più difficile da farsi.

Berlusconi si rese conto che se non si faceva la nuova legge si votava subito e lui vinceva. Questo è il mio film; poi c’è stato qualche passaggio fatto male e dichiarazioni inopportune; ma questo era il contesto. Poi abbiamo perso, come era prevedibile, ma abbiamo dato agli italiani il PD al 33%.

Passiamo alla cultura del veltronismo, la cultura del “ma anche”, come esemplificato da Crozza: “Noi siamo per la libertà; ma anche per la schiavitù”. Una indeterminatezza programmatica per cui non ci sono nemici; si vorrebbe accontentare tutti, non ci sono scelte nette.

Il “ma anche” sta nella ricerca di convergenze nel paese, per unire invece che dividere: non opporre il Nord e il Sud, le parti sociali, operai, artigiani, imprenditori. Poi Veltroni è l’unico che in campagna elettorale ha detto alla mafia “Non vogliamo i vostri voti”.

Sul sociale: in questi anni c’è stato un pauroso slittamento di reddito, dalle classi basse a quelle alte. Cosa avete saputo proporre?

Il nostro programma era: prima la crescita, poi ridurre la disuguaglianza e rimediare all’immobilità sociale. Di qui l’enfasi sulla qualità della spesa pubblica, spendere meglio spendere meno; un nuovo patto fiscale, pagare meno pagare tutti, distinguere chi evade perché non ce la fa da chi evade per comperarsi la terza barca. Il nostro programma è stato di grande svolta dal punto di vista culturale: è possibile cambiare i rapporti di forza nel paese e costruire opportunità per tutti; è stato uno dei punti più alti di sinistra del nostro paese.

Il programma non conta. Conta quello che veicoli, che comunichi...

In quel contesto, quella campagna elettorale è stata un successo, sulla quale cui costruire il futuro. Certo, non ci ha fatto vincere le elezioni; dopo si è aperta nel Pd una confusa discussione sul voto.

Ma qui non interviene la debolezza dell’opposizione di Veltroni, a iniziare dall’inciucio su Alitalia, con il Pd che invece di denunciare l’imbroglio, si mette in gioco per farlo riuscire?

Veltroni ha consentito che la Cgil rientrasse nel gioco; non era il caso di giocare al tanto peggio tanto meglio. Ora l’Alitalia c’è ancora.

E la paghiamo a un prezzo altissimo.

Sì, ma fatto il danno, cosa dovevamo fare?

Lucrarvi politicamente con una sacrosanta denuncia.

Noi siamo un’opposizione responsabile e l’opposizione la facciamo così.

Ma non è stato proprio questa opposizione morbida a far perdere identità al Pd?

Beh, teniamo presente che Veltroni è quello che ha riempito il Circo Massimo con una manifestazione contro il governo, peraltro criticata in partenza dai soliti soloni moderati. Poi sempre, chi perde le elezioni sta male, dappertutto. Noi siamo una società appiattita sul presente e facciamo fatica a vedere la prospettiva. Berlusconi governa da un anno e 4 mesi, e dopo questo periodo dappertutto il governo è solido, l’opposizione in crisi; per costruire la prospettiva è necessario rafforzare il partito dal punto di vista della sua proposta, delle sue alleanze.