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Sondaggi

Sorpresa: italiani soddisfatti dell’autonomia e tedeschi contenti di stare in Italia

In vista delle elezioni provinciali fioccano i sondaggi sul voto. La Svp trema di fronte alle previsioni negative e reagisce irrazionalmente aumentando le misure delle pubblicità che svettano sui palazzoni in costruzione. Gli aspiranti consiglieri e assessori si ergono per decine di metri sui cantieri, confermando involontariamente la convinzione popolare sull’arroganza e la prepotenza del partito etnico. Abituato a fare il pieno di voti con un voto "contro", oggi fatica a trovare nemici credibili in versione elettorale. Troppi al suo interno vedono con favore il governo di destra. E che dietro i faccioni che spuntano ad ogni angolo – gli altri partiti non si sono tirati indietro di fronte a questa moda di esporre sé stessi anziché un programma – nella Svp regni una certa confusione, lo dimostra la croce uncinata apparsa nel sito dell’organizzazione giovanile del partito.

Dalle "borse elettorali", un gioco che si rivela assai più attendibile dei sondaggi, le destre tedesche traggono ragione di euforia, anche sull’onda della spaventosa crescita delle destre austriache, e del crollo dei partiti tradizionali in Austria e in Germania. I partiti italiani sono allo sbando. Legati ai corrispettivi nazionali, non sembrano in grado di interpretare alcunché della realtà locale, oscillando dalla sottomissione alla Svp all’estremismo nazionalista e razzista. Alcuni osservatori ritengono che i voti italiani, in fuga dalla miriade di partitini tutti ugualmente insignificanti, potrebbero mitigare la sonora sconfitta pronosticata per il partito di maggioranza. Gioca a favore il timore che si cada dalla padella (esclusione) alle brace (rinascita del conflitto etnico e discriminazione).

Forse aiutano a capire l’aria che tira due sondaggi, che non riguardano le elezioni.

Dal primo, realizzato su incarico del giornale gratuito Qui (35.000 copie), emerge che gli italiani del Sudirolo sono molto soddisfatti dell’autonomia. Niente disagio, e i governanti, a partire da Durnwalder, sono apprezzati.

Il secondo sondaggio sorprendente è stato condotto in Tirolo. In vista delle celebrazioni dell’anno hoferiano, il duecentesimo della rivolta tirolese contro Napoleone, si è indagato sulle opinioni dei tirolesi nei riguardi dell’intenzione di portare in corteo alla sfilata storica di Innsbruck, il 20 febbraio, l’enorme corona di spine di ferro, simbolo della sofferenza del Tirolo diviso. Già i vertici politici di entrambe le province hanno sottolineato l’inopportunità di far sfilare la corona di spine.

Per chi non lo ricordasse, la corona fu portata in corteo nel 1959, anno in cui un fortissimo conflitto interno lacerò la comunità sudtirolese, divisa fra l’ipotesi di autonomia e la tentazione di passare alla lotta armata di liberazione. Come si sa, la politica scelse la prima via e però un gruppo non irrilevante si dedicò invece alla seconda. Ma fu nel 1984 che la corona di spine fece la sua apparizione più scandalosa. L’autonomia era ormai un fatto, la pacificazione avvenuta. Chi si era impegnato per l’autonomia non fu affatto felice di vedere quel simbolo retorico portato a spalle dai fautori dell’autodeterminazione. Seguirono per l’enorme scultura anni difficili: nessun museo la volle e finì sul terreno privato di uno dei sostenitori della linea dura.

Ebbene il sondaggio ha appurato che la popolazione del Tirolo austriaco non desidera affatto vederla sfilare nel corteo del prossimo 20 febbraio. E non solo: a domanda i tirolesi hanno risposto che è bene che il Sudtirolo rimanga in Italia.

[/a]Queste opinioni hanno avuto poco rilievo sulla stampa in Sudtirolo. In piena campagna elettorale è difficile spiegare perché, mentre si tagliano i servizi sociali e sanitari e il settore dell’assistenza agli anziani è allo stremo, tanto che gli anziani devono cercare asilo, lontani dai loro cari, nell’ospitale Trentino o in Austria, un fiume di denaro è stato stanziato, senza voti contrari, dalla giunta provinciale, per celebrare Andreas Hofer, reazionario antisemita, insicuro leader della rivolta antinapoleonica del 1809, e trasformato suo malgrado cinquant’anni dopo la morte in mito nazionalista.