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Salviamo il Carcere di Trento

Giovanna delgi Avancini, Paolo Mayr

Il tormentato destino dell’antica struttura carceraria di Trento ha avuto da alcuni giorni una pericolosa accelerazione: si è sparsa nel personale carcerario la preoccupante notizia della sua chiusura anticipata entro la fine del 2008, circa due anni prima della prevista ultimazione del nuovo carcere; e la fondatezza di questa notizia è stata confermata in Consiglio Provinciale dal presidente Dellai il 6 maggio, in risposta ad un’interrogazione del consigliere Morandini.

Se questa scelta fosse vera, si avrebbe meno tempo per rivedere la decisione di demolizione e per concludere la vicenda anche legale ad essa collegata.

Anticipazione certamente gradita al nostro governatore e che ci riserviamo di chiarire a livello nazionale presso il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.

Per ora offriamo tutta la nostra solidarietà e collaborazione al personale carcerario (103 persone), che ci ha dimostrato grande disponibilità nel corso delle nostre visite, perché questo illogico provvedimento comporterebbe gravi disagi a causa del trasferimento suddiviso in più sedi con notevoli e inspiegabili conseguenze per le famiglie.

Nel contempo riassumiamo la nostra opposizione alla demolizione dell’antico carcere austroungarico in questi quattro punti:

- L’indissolubile connessione storica, costruttiva, funzionale del "corpo carcere" col "corpo tribunale", che costituiscono il complesso unitario del Palazzo di Giustizia.

- La grande qualità architettonica e la coerenza stilistica sono la testimonianza del suo indubbio valore, e del suo conseguente interesse, storico, architettonico e artistico. Ciò è stato dichiarato dalle nostre associazioni da più di un anno e confermato anche da tutti i relatori alla tavola rotonda da noi organizzata lo scorso 22 febbraio, dopo un’attenta visita al complesso carcerario: e chi ha parlato a quella "tavola" era sicuramente esperto nella conservazione dei beni culturali. Vi erano architetti, docenti universitari, soprintendenti italiani e austriaci, presidenti di associazioni culturali di rilievo nazionale. Dalle valutazioni e dalle discussioni la dichiarazione di "non interesse storico-artistico" nella determinazione dell’ottobre 1993 risulta dunque destituita di qualsiasi fondamento. Quella determinazione è stata probabilmente provocata da disattenzione e da carenza d’indagine, per cui il presidente Dellai dimostrerebbe molta maggior saggezza se ne riconoscesse l’errore, e non volesse proseguire testardamente in una volontà demolitrice. Il Presidente della Provincia è il responsabile primo e ultimo della sua Amministrazione e non ne può coprire gli eventuali errori, specialmente se di madornale gravità; non solo, egli deve essere anche il garante della correttezza e dell’avvedutezza di tutti gli atti pubblici di interesse cittadino. Con la demolizione si procurerebbe un’irreparabile perdita e una ferita allo sviluppo ottocentesco mitteleuropeo della città.

- La preservazione ristrutturata di un edificio di alta qualità abitativa (assicurata da una costruzione muraria massiccia voltata, integra strutturalmente dal seminterrato alla copertura – salvo l’evidente carenza di manutenzione, che ha provocato la parziale inagibilità del terzo piano -, stabile nell’andamento delle temperature e del tenore di umidità) è assai preferibile, sotto il profilo energetico, agli edifici vetrati previsti dal progetto del nuovo polo giudiziario, che richiedono alti consumi energetici per il raffrescamento estivo ed alti costi per la manutenzione. La struttura, a differenza degli allarmati annunci sui giornali locali, è sicuramente ancora assai solida e tutt’altro che cadente!

- Il vantaggio di un riuso degli spazi attuali per molteplici attività, ottenuto con l’eliminazione di alcuni muri di separazione tra le celle e con la possibilità di rielaborare e ampliare le aperture verso gli spazi interni, è lampante. Tra l’altro va notato che il progetto del prof. Nicolin, vincitore del concorso, prevede, in prosecuzione del tribunale, due corpi di volume inferiore a quello del carcere attuale. Infine, è da mettere in evidenza che ad occidente del carcere sussiste un grande spazio disponibile nel quale potrebbero trovar posto - se solo si avesse la buona volontà e la correttezza di farlo - tutti gli ambienti e le funzionalità giudiziarie previste. Occorre dunque provvedere urgentemente alla predisposizione di un apposito progetto di variante che assicuri la salvaguardia dell’antico Palazzo di Giustizia nella sua ristrutturata integrità.

 

La prof. Giovanna degli Avancini è presidente regionale FAI,
l' ing. Paolo Mayr è presidente della sezione trentina di Italia Nostra