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“Mostro del Cernidor”: ecco perché il Tar ha sbagliato

Andrea Pagano

Ho letto con interesse la lettera inviata dal dott. Mariuzzo, presidente del TAR di Trento (“Mostro del Cernidor”: ingiuste le accuse al TAR), al direttore di Questotrentino a commento della mia nota apparsa sulla stessa rivista nel numero del 26 gennaio 2008 (Scempio in collina: i furbi premiati). Do intanto il benvenuto tra noi al dott. Mariuzzo e gli auguro di trovarsi bene. Debbo però replicare ad alcune sue considerazioni contenute nella lettera su cui non sono d’accordo. Egli afferma infatti che:

1) gli attori nel processo davanti al TAR non avrebbero provato che via Falzolgher è una strada privata; 2) il Comune avrebbe adeguatamente istruita la pratica relativa alla concessione edilizia chiesta dai coniugi B; 3) non era necessario perciò fare partecipare ad essa i ricorrenti, come previsto dalla legge 241/90 e successive modifiche.

Sul primo punto si osserva: probabilmente il dott. Mariuzzo intendeva dire che non avendo i ricorrenti provato di essere proprietari di via Falzolgher, non potevano agire come se lo fossero, non avendo, in sostanza, la legittimazione attiva. Ma è un principio processuale assoluto che la prova del suo diritto deve essere data da chi vuol fare valere quel diritto. Nella specie i coniugi B intendevano costruire un ponte appoggiandone una estremità su via Falzolgher e dovevano perciò essere loro a dare la prova di avere il diritto relativo. E questo anche se i ricorrenti fossero stati non proprietari, ma solo possessori. Il Comune poteva rilasciare la concessione edilizia ai coniugi B solo se essi avessero provato di avere su via Falzolgher un diritto maggiore di quello dei ricorrenti e tale da consentire loro di usare via Falzolgher per costruire.

Ma a parte questo, via Falzolgher è una via privata. Fosse pubblica, sarebbe stata inserita nell’elenco delle strade appartenenti al Comune e via Falzolgher non è inserita in tale elenco, e i rappresentanti del Comune (citato come convenuto in questo processo) lo avrebbero dichiarato. Invece è un argomento da loro non fatto valere, evidentemente perché infondato.

Né su via Falzolgher esiste la servitù di uso pubblico, che si crea per usucapione in presenza di certi requisiti, che nella specie mancano. Ma anche se quella servitù fosse esistita, i coniugi B, o chi per loro, non avrebbero potuto aprire un varco per dirottare su via Falzolgher il traffico che sarebbe nato dalla costruzione di un edificio sul fondo di loro proprietà. In tal senso vedi Cass.4 dic. 1974 n. 3971, secondo la quale: "L’apertura di accessi a favore di fondi antistanti una strada soggetta al diritto di uso pubblico comporta un uso speciale della strada che non può confondersi col semplice diritto di transito, riguardando essa una situazione diversa e più intensa. Pertanto l’accertato diritto di pubblico transito su una strada privata non comporta il diritto per i cittadini di aprire su di essa accessi a favore di fondi di loro proprietà".

Via Falzolgher è pertanto una strada privata, anche se può essere percorsa da chiunque, ma questo solo fino a quando i proprietari di essa lo consentono. Quindi i coniugi B non hanno provato di avere il diritto di appoggiare una estremità del ponte in costruzione su via Falzolgher.

Di questa mancanza di prova il Comune di Trento non ha tenuto conto e ha rilasciato indebitamente la concessione edilizia.

Ma quali indagini il Comune di Trento avrebbe dovuto svolgere? Si può rispondere con il Consiglio di stato, sez. V, che nella decisione n. 3525 del 22 giugno 2000 ha affermato: "Non è seriamente contestabile che nel procedimento di rilascio della concessione edilizia, l’amministrazione ha il potere di verificare l’esistenza in capo al richiedente di un idoneo titolo di godimento sull’immobile, interessato dal progetto di trasformazione urbanistica. In termini generali la funzione autorizzatoria dell’amministrazione richiede un livello minimo di istruttoria, che comprende comunque l’acquisizione di tutti gli elementi sufficienti a dimostrare la sussistenza di un qualificato collegamento soggettivo tra chi propone l’istanza ed il bene giuridico oggetto dell’autorizzazione."

Il Comune di Trento non ha svolto neanche una minima istruttoria in proposito. Si è limitata a tenere per validi gli estratti catastali prodotti dai coniugi B, senza avere il sospetto che validi non erano perché da essi i coniugi B risultavano proprietari di un bene demaniale come il rio Valnigra, oltre che di parte di via Falzolgher.

In proposito il dott. Mariuzzo fa una dichiarazione sorprendente quando afferma che "i coniugi B avevano documentato il loro titolo di proprietà sul mappale 340, con la documentazione catastale cui l’art. 950 del c.c. riconosce dignità di prova". Perciò bisognava prendere atto che "la consistenza del visto mappale comprende nella rappresentazione catastale entrambe le sponde del suddetto rio".

Sembra di capire che secondo il dott. Mariuzzo poiché dagli estratti catastali risultava che la p.f. 340 dei coniugi B comprendeva anche il rio Valnigra, bisognava accettare questa conclusione. Che è un affermazione veramente forte, venendo da un giudice amministrativo, tutore in qualche modo dei diritti degli enti pubblici.

L’inclusione del rio Valnigra (non solo delle sponde) nella p.f. 340 dei coniugi B avrebbe dovuto invece allarmare in primo luogo il Comune spingendolo a svolgere una istruttoria che non sarebbe stata particolarmente complessa. Si deve tenere conto infatti che nel sistema tavolare la mappe catastali valgono come semplice indizio e non hanno quindi quasi nessun valore probatorio. In proposito si possono vedere le sentenze della Cassazione e dei giudici di merito in Ovidio Menegus "La legge tavolare", ed. Giuffrè, 1986, pp. 8, 83, 84, 87, 94).

Né del resto sembra correttamente citato dal dott. Mariuzzo l’art. 950 c.c. Secondo questo articolo, infatti, "quando il confine tra due fondi è incerto, ciascuno dei proprietari può chiedere che sia stabilito giudizialmente. In mancanza di altri elementi, il giudice si attiene al confine delineato dalle mappe catastali". Ma nella specie il fondo dei coniugi B (p. f. 340) non confina con via Falzolgher, ma col rio Valnigra e quindi non si può parlare di confine incerto tra il fondo dei coniugi B e quello dei ricorrenti (via Falzolgher) e l’art. 95° c.c. non trova applicazione.

D’altra parte l’istruttoria a cui avrebbe dovuto provvedere il Comune era del tutto semplice, poiché, come ha affermato il Consiglio di Stato nella sentenza n. 3525 sopra citata, "il sistema della intavolazione di diritti reali consente una rapida ed efficace verifica dell’assetto dei diritti reali insistenti sugli immobili oggetto del richiesto intervento edilizio. L’amministrazione senza particolari appesantimenti dell’iter procedimentale, è in grado di verificare l’esistenza di limitazioni alla pretesa edificatoria dell’interessato, tenendo conto dell’efficacia costitutiva delle iscrizioni tavolari e della relativa cancellazione " (ovviamente, le mappe catastali, come si è detto, non seguono il regime delle iscrizioni tavolari e non hanno la loro efficacia ).

Il Comune di Trento non ha provveduto a questi semplici accertamenti e la concessione edilizia rilasciata ai coniugi B è viziata.

Il TAR avrebbe dovuto dichiararlo e annullarla.

Ci sarebbero da aggiungere alcune considerazioni sulla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, ma per ora può bastare.