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QT n. 13, 30 giugno 2007 Servizi

Valorosi giornali coi capelli grigi

Cronache Italiane, un convegno delle testate periodiche, locali e indipendenti. Un ruolo scomodo eppur importante, un presente difficile, un futuro...

Stringeva il cuore, a guardare la sala. Tutti anzianotti, il più giovane avrà avuto 55 anni; qualcuno con problemi di deambulazione. I tre-quattro ventenni, peraltro vispi e attivissimi, erano le mosche bianche, l’eccezione che faceva ancor più risaltare il grigiore dell’età predominante, quando la vita è ormai alle spalle, e parli di passato, non di futuro. Poi però quei maturi signori andavano al microfono, a raccontare la propria esperienza: e scoprivi intelligenze acute e argute, volontà tenaci; e inaspettate capacità di rimettersi in discussione e di riprendere a combattere.

Era "Cronache Italiane" il primo "Forum delle testate periodiche locali". A Città della Pieve, classico, bellissimo borgo dell’Appennino umbro-toscano, le case duecentesche in mattoni rossi a ricoprire, assiepate, il colle circondato dalle mura, si erano riuniti una trentina di direttori di altrettante testate (e un’altra quarantina avevano dato un’adesione solo telematica): per conoscersi, per parlare dei propri successi e difficoltà; e scoprire come tanti problemi, spesso affrontati in solitudine in una piccola realtà, sono invece comuni ad altre persone, in altri luoghi della nostra penisola.

"Ci saranno altri che vivono un’esperienza come la nostra? E come se la cavano?" Questi interrogativi li avevamo vissuti anche noi di Questotrentino fin dai primi anni della nostra esperienza; e avevamo ricercato e intessuto rapporti in tutta Italia, scoprendo sempre nuove testate; per arrivare infine ad organizzare, nell’ormai lontano 1991, a Trento, un convegno analogo a quello odierno di Città della Pieve, sulla stampa locale autogestita, "Le Voci dell’Italietta". Era stato un incontro entusiasmante: un incrociarsi di esperienze, di culture, un instaurarsi di rapporti personali; ne era nata un’omonima associazione, e tutta una serie di successivi convegni, e scambi di abbonamenti e articoli che ancora, dopo 16 anni, proseguono.

Uno scorcio di Città della Pieve.

Poi "Voci dell’Italietta" perse lo slancio iniziale e, diventata routine, finì con l’esaurirsi.

Ed ecco oggi "Primapagina" di Chiusi, già presente con il suo direttore Marco Lorenzoni a Trento nel ’91, e "Vocinrete" con Andrea Chioini raccogliere il testimone e, grazie all’appoggio del Comune di Città della Pieve e della Provincia di Perugia, ripartire con una nuova iniziativa.

Era l’età dei partecipanti l’elemento rivelatore. A indicare la tenacia di una generazione di combattenti, veterani di tante battaglie giornalistiche; e la mancanza di un ricambio. Le molteplici esperienze raccontavano di intensi rapporti con il territorio e di continui scontri con il ceto politico e affaristico, che da parte sua non esita a mettere in campo gli opportuni strumenti di ritorsione: pubblicità revocate, contributi negati, contenziosi giudiziari infiniti, nella speranza, spesso fondata, che la fragilità economica del piccolo giornale gli impedisca di sostenere una causa per anni, fino in Cassazione. Storie di prevaricazioni, dei soldi sulle ragioni.

La denuncia di Massimo Pumilia delle sopraffazioni di cui è stato oggetto e che hanno portato alla chiusura de "L'Oppresso".

Fino ai casi più crudi, raccontati dai giornalisti del nostro tormentato Meridione. Pur cieco, Massimo Pumilia direttore de "L’Oppresso", giornale della Campania, aveva svolto un’ampia inchiesta sull’assessore alla sanità della Giunta Bassolino, portando alla luce materiale scottante. "Dopo alcuni giorni fui fermato per strada da alcuni individui. Sono cieco, e non posso essere sicuro al cento per cento: ma sentii la lama di un coltello sul mio collo. Mi dissero che dovevo chiudere il giornale – brivido nella sala – E io lo chiusi".

Non a caso l’ultimo giorno del convegno è stato dedicato alla memoria di Peppino Impastato (giornalista di una radio locale ucciso dalla mafia nel ’78), di Enzo Baldoni (ucciso in Iraq nel 2004) e di tutti i giornalisti caduti sul lavoro, con un incontro sul tema "Un mestiere pericoloso, quando fare il giornalista significa convivere con la paura".

Il tema del convegno però non era l’eroismo. Almeno, non quello di chi rischia la vita. Ma quello di chi dedica la vita a diffondere idee, tra molti ostacoli e alterne gratificazioni. Talora con strutture professionali, come quelle di alcuni settimanali, altre volte invece affidate a un volontariato tenace; fino al caso estremo del signore di Sulmona, definitosi "direttore-operaio", che il suo giornale da più di vent’anni lo fa tutto lui, nel senso che raccoglie gli articoli dei collaboratori, e poi impagina, stampa, distribuisce: "Ora, con la stampa digitale, mi è più agevole; comunque prima avevo l’offset in garage".

In diretta dal convegno, una vignetta beneaugurante.

A questo punto si aprono varie questioni: quali rapporti queste testate riescono a tessere con l’opinione pubblica del luogo? Il successo economico (di alcune) e le difficoltà (di molte) quanto sono correlati alla capacità di incidere sulla vita locale?

Il tema lo apriva, in maniera sommaria e sgarbata, un docente di Scienza delle Comunicazioni: "Spesso i vostri giornali rappresentano le vostre personali vomitature" - era il giudizio, del tutto ingeneroso; e poi però si mostrava disinformato sulla realtà di questa stampa, venendo così liquidato come fastidioso sputasentenze.

Eppure il problema c’è. La necessità di imparare, anche per chi fa un giornale da anni; di conoscere le esperienze consimili; di migliorare. "Piccolo e indipendente" è difficile, ma alcuni riescono meglio di altri. Di qui il senso, la necessità di un’associazione tra le testate, che metta in comune cultura, articoli ed esperienze. Il primo passo sarà la costituzione di un portale internet verticale, da cui si potrà accedere alle varie testate, permettendo scambi e confronti immediati, oltre che il rapporto con un pubblico più ampio e variegato. Poi ci saranno i prossimi convegni, rapporti (più fattivi, si spera) con l’università, ecc.

Ma non basta. Come dice vamo all’inizio, era la stessa immagine della sala a fotografare il declino di un’esperienza, con tutte quelle teste bianche, sia pur ancora attivissime; ma nessuno dopo di loro.

E i giovani? "I giovani ci sono, ma..." Sono bravi, intelligenti, entusiasti; ma poi la vita se li porta via. Brutalmente: non è più il tempo del volontariato; o almeno, di un volontariato impegnativo come quello in un giornale. Per cui tutte queste tante, belle esperienze rischiano di essere legate ad una generazione: quella dei sessantottini. Quella successiva, degli attuali quarantenni, sembra essersi persa dietro ai futili miti del successo degli anni ’80: Craxi e Reagan erano stati efficaci cattivi maestri. Ci sono i ventenni di oggi, una parte dei quali è disponibile all’impegno; ma esigono un minimo di ritornoeconomico. Nell’organizzazione del convegno, come nelle redazioni, i giovani ci sono: stagisti, impiegati part time, offrono un supporto prezioso. Ma solo una prospettiva economica li potrà indurre a prendere in mano il testimone.

La redazione dei documenti conclusivi.

Di questo si parlava, a Città della Pieve: nei discorsi pubblici, oppure a tavola, nelle trattorie della bella cittadina. Per questo, si conveniva, l’esperienza delle testate locali deve cambiare passo. Rafforzarsi, andare oltre il volontariato. E la creazione dell’associazione veniva vista anche in quest’ottica. Per fornire servizi comuni: finanziari in rapporto con le Banche Etiche; di supporto legale per non farsi schiacciare dal potente che ha torto ma può tirarti avanti una causa per dieci anni; di supporto burocratico per poter usufruire delle intricate leggi sull’editoria. E per svolgere un’azione di pressione a livello nazionale (al convengo erano presenti due parlamentari ed altri avevano inviato messaggi di saluto) per adeguare anche alle necessità delle testate locali tutta una serie di norme, regolamenti, pratiche (si pensi al vergognoso comportamento delle Poste Italiane) che finiscono con il privilegiare i grandi gruppi, secondo la logica che a chi più ha, più verrà dato.

Come si vede, la carne al fuoco, in tre giorni, è stata tanta, forse anche troppa.

Ma alla fine si aveva la sensazione di aver dato vita a qualcosa di positivo. Per invertire una tendenza; in maniera che, tra dieci anni, ci sia un altro convegno in cui le teste grigie siano finalmente una minoranza.

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Commenti (3)

Massimo Pumilia

Nel film Bambi la castora disse al figlio: Quando non hai nulla da dire è meglio stare zitto. Per precisare stavo nel mio quartiere ed ero accompagnato da mio figlio, che aveva 10 anni. Poi ti consiglierei di leggere l'articolo dell'oppresso sull'ospedale San Gennaro.

Massimo Pumilia

Ho letto dopo anni, per caso, l'articolo di Ettore Paris. Sono Massimo Pumilia della redazione del fu "l'oppresso". I mie capelli molto bianchi non descrivevano la verità, perchè "all'epoca" avevo 47 anni e oggi 52. La redazione del giornale era composta da 8 giovani di 20 anni e più. Quando fui minacciato ebbi paura anche e principalmente per loro, che erano più determinati di me e molto più coraggioso. Mi sentii profondamente responsabile del loro futuro; feci in modo che il giornale non uscisse più. Ho la fortuna ancora oggi di formare in silenzio, senza rumore, giovani menti educate all'ascolto, all'osservazione e all'elaborazione critica, libera da luoghi comuni, di ciò che vivono. La prospettiva di classe lo studio sistematico della tradizione internazionalista rivoluzionaria è ancora il nostro compito fondamentale. Per me l'esperienza vissuta nei 2 convegni a Città della Pieve è stata importante. Il mio desiderio, forse un sogno, sarebbe quello di riuscire a costituire un giornale settimanale o mensile frutto di tutte queste esperienze, disperse e atomizzate in questa nostra piccola (sempre più piccola) Italietta. Sarebbe cosa buona e giusta, poichè potrebbe essere vissuto dai giovani come esempio positivo: uomini e donne con i capelli bianchi che insieme producono un piccolo frammento di futuro.

roy valance

Dubbio su quanto affermato da Massimo Pumilia. Cito:"Dopo alcuni giorni fui fermato per strada da alcuni individui. Sono cieco, e non posso essere sicuro al cento per cento: ma sentii la lama di un coltello sul mio collo."
Se è cieco, come poteva essere da solo? L'accompagnatore non ha visto questo fantomatico coltello? È cieco anche lui?
Questa è una bugia creata ad hoc per la battuta finale "E io lo chiusi!"
I giovani? Delegano le loro (e le nostre) lotte a Wikileaks, a gruppi musicali come 99 posse, ai grillini ai girotondini ai sandipietrini. Qualcuno di loro ne prende coscienza e esegue un raid come è successo in Norvegia...andrebbe affrontata la questione non come sto facendo io in maniera "impressionistica"...ma il punto è che forse anche io cavalco l'onda dell'emotività, il momento in cui il surfista è sulla cima...poi cade in acqua e resta solo la bellezza del momento, ne resta il ricordo, l'emozione, la gioa...ma il mare non è cambiato...nonostante migliaia di surfisti
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