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QT n. 8, 21 aprile 2007 Monitor

Progetto Brecht

Una bella serie di eventi dedicati al drammaturgo tedesco.

C’è una compagnia teatrale in Trentino che si chiama Stradanòva e che dall’anno della sua fondazione, nel 2004, è attiva su tutto il territorio provinciale con spettacoli, collaborazioni con le scuole e altre istituzioni culturali e progetti tra i più vari e interessanti; l’ultimo in ordine di tempo è il "Progetto Brecht", cioè una serie di eventi culturali, teatrali e musicali che si sono tenuti a Trento, Rovereto, Ala, Borgo e Grigno dedicati alla figura del grande scrittore e drammaturgo tedesco.

Bertolt Brecht

Il mese di marzo ha quindi visto lo svolgersi dei vari appuntamenti del progetto, tutti di grande prestigio e levatura artistica: dal coro Cantoria Sine Nomine che ha cantato brani di Weill, Eisler e Brecht arrangiati da R. Di Marino e D. Tosolini, ad una conferenza della docente all’Università di Trento Federica Ricci Garotti sulla poesia di Brecht, alla lettura di liriche e testi da parte di Teresita Fabris, attrice, regista e docente presso l’Accademia dei Filodrammatici di Milano, fino ad un omaggio allo scrittore da parte degli studenti dell’Istituto Comprensivo di Taio.

I fondatori della compagnia ed ideatori del progetto, Elena Galvani e Jacopo Laurino, entrambi ex-studenti dell’Accademia dei Filodrammatici, sono stati i protagonisti degli altri tre appuntamenti, di cui il primo era la lettura scenica del dramma "L’anima buona del Sezuan", storia di ordinaria miseria, disperazione e sfruttamento ambientata in una provincia cinese occidentalizzata.

Gli altri due, che hanno riguardato più da vicino lo scrivente, in quanto chiamato a collaborarvi in qualità di pianista, hanno chiuso l’intero progetto in maniera davvero eccellente, se non altro per la presenza di una delle attrici teatrali più rinomate in Italia e nel mondo, Giulia Lazzarini.

Il primo spettacolo, tenutosi al teatro alla Cartiera di Rovereto e quindi replicato al Cuminetti di Trento, era una lettura-concerto della celebre "Opera da tre soldi", uno dei più grandi successi di Brecht, feroce parodia del teatro borghese e dell’operetta, in cui vengono sbandierati i buoni sentimenti, ben lungi però dall’essere praticati ed anzi contraddetti dalla spietatezza dell’agire e dalla stucchevolezza e falsità delle atmosfere.

Il testo, ridotto per l’occasione dalle originali tre ore a circa un’ora e mezzo, è stato intervallato dagli interventi musicali di un ensemble di ottimi strumentisti, diretto da Luigi Tommasini, mentre al sottoscritto era destinato l’accompagnamento delle canzoni interpretate dagli attori.

Pur avendo vissuto l’evento dall’altra parte del palco, credo di poter comunque affermare l’ottima riuscita delle serate: dalla chiarezza, estro e coinvolgimento degli attori (affiancati da Ilaria Salonna, ma abbandonati dal previsto Matteo Carassini), che anche di fronte a mille difficoltà tecnico-organizzative hanno saputo tenere alti la qualità e il livello artistico, alla indiscussa professionalità dei musicisti dell’ensemble, alla risposta del pubblico, che ha scelto questo spettacolo pur avendo un ampio ventaglio di altre prestigiose iniziative concomitanti.

Non va inoltre dimenticata l’importanza di aver riproposto nel capoluogo, sia pure in forma ridotta, l’"Opera da tre soldi", che mancava da troppo tempo nei vari e blasonati cartelloni teatrali trentini.

L’appuntamento finale con Giulia Lazzarini era dedicato alla figura di Strehler, ai suoi rapporti con Brecht (i due si sono conosciuti poco prima della morte del tedesco, che tra l’altro affidò a Strehler i diritti italiani per tutta la sua produzione) ed alla creatura più importante del regista italiano, il Piccolo Teatro di Milano.

Giulia Lazzarini

Se anche in questo caso ho dovuto vivere lo spettacolo dalla parte sbagliata, non ho potuto non ammirare la grande esperienza tecnica e artistica di un’attrice consumata come la Lazzarini, assieme alla generosità e capacità di Galvani e Laurino, redattori fra l’altro dell’intero copione, che hanno affiancato la nota attrice in questa sorta di viaggio teatrale alle origini del Piccolo Teatro.

Questa volta si è dovuto imputare una grave negligenza al pubblico trentino, colpevole di un teatro scandalosamente semi-vuoto ad uno spettacolo che è già stato proposto ed accettato da altre importanti realtà teatrali nazionali.

Per concludere, credo non si possa che condividere la stima e l’apprezzamento per l’immane lavoro organizzativo e artistico svolto dai due attori trentini, non solo per quanto riguarda questo progetto, ma per tutti quelli a cui hanno dato ragion d’essere e speriamo a quelli a cui ne daranno; è soprattutto encomiabile la ricerca della pluralità delle risorse culturali, dei mezzi, dei linguaggi e delle figure chiamate in causa (attori, docenti, strumentisti, compositori, cori, scuole…), tutti concorrenti, oltre che alla buona riuscita di un progetto, alla crescita culturale di una provincia che troppe poche volte vede dialogare le diverse realtà presenti, tutte più o meno ripiegate su se stesse e poco interessate a collaborazioni multidisciplinari, che ne allargherebbero gli orizzonti e ne dispiegherebbero maggiormente le potenzialità.

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Commenti (2)

vittorio banda

RAPE
How to retrieve the soul pure and chaste in myself,
after the life I was deeply offended?
Inside me, first, there was a radiant project,
broken by whom she considered an object.
I had beautiful dreams that always caressed,
I wanted to meet you soon what I loved.
My dear half-hidden and still unknown
to which I gladly I would indissolubly united.
I had with him a wonderful family
a son to me and for him a beautiful daughter.
I was dreaming, and I wanted so hard I wanted
and that unknown face in my heart already loved.
Then, the reality is presented raw and unexpected
with your own message and a brief telephone conversation,
I always used to say that I had truly loved.
You asked me to go out with the whole party,
I proposed that I was very shy and reluctant.
But your insistence at the time comforted me,
I told myself that I asked him who loved me.
Then after the words and the drinks you said you were tired
and I found myself alone with you and the whole herd.
Have you thrown over my body like hungry wolves,
making a mess and then you have all disappeared.
A black pall, oppressive, heavy, and so unheard
fell over my eyes and my whole life painful.
I woke up alone in a hospital room
While wondering to myself what I had done wrong.
The police asked me the circumstances of the incident,
if it was by someone known or unknown.
The loss and total dark and bitter tears of the instant
while a policeman put a bag in my underwear.
A scream erupted instant offense in my mind
while I cried and suffered in the heart continuously.
At that tragic moment all my life is over,
nor could any human judgment ridarmela.
I looked again, the blood in my hands
and I knew just what would mark my tomorrow!
Victor Banda
Caltanissetta 11.05.2012

vittorio banda

IL GABBIANO
Mamma, ti ricordi quando da piccola ti dicevo che avrei voluto essere un gabbiano, si uno di quei gabbiani che noi vedevamo volare sopra il mare durante le nostre passeggiate sulla spiaggia.
Ero affascinata dal loro volteggiare e con il dito ti indicavo quelli che man mano si libravano dagli scogli verso il mare aperto.
Tu sorridevi e mi accarezzavi i capelli, io seguitavo, rassicurata dalla tua carezza, a guardarli e ad immaginarmi al loro posto chiudendo gli occhi e pensando ai mille riflessi prodotti dal sole sull’acqua del mare che essi ammiravano.
Pensavo è questo il senso della vita, anche io da grande dovrò librarmi dallo scoglio della mia esistenza verso il mare aperto della vita.
Quando sono diventata grande, lo sai, l’ho fatto e sono andata a vivere da sola la mia vita, lasciando la casa che mi aveva vista nascere spinta dal richiamo del mare della vita.
Poi, lo sai, mi ero illusa di avere trovato l’amore ed in quel momento la mia casa mi è sembrata la nostra casa.
Questa è la gioia che avevo provata, ma poi quello che avevo pensato fosse l’amore, si è sciolto come neve al sole lasciandomi sola in quella casa che non era più la mia casa.
Il pensiero subito ha rievocato nella mia mente il gabbiano ed ho pensato che anche esso nel suo volo si allontana dal suo nido e che certe volte si spinge per l’anelito di libertà oltre le sue forze raggiungendo un punto di non ritorno dal quale cerca invano di ritornare al suo nido, ma la lontananza ed il vento spesso contrario lo abbattono stremato sulla superficie del mare, dove dibattendosi, per qualche istante, trova la sua dolorosa morte.
Anche io, mamma, mi sono spinta nel mare della vita per l’anelito di libertà verso un punto di non ritorno.
Invoco la tua mano che possa tendersi verso di me per guidare il mio volo verso casa, quella vera dove vi era una famiglia piena d’amore, ma tu non ci sei più e quella casa ormai è vuota.
Le mie ali sono state tarpate dal vento della vita e non sono più capace di volare, mi dibatto stanca e malata ed i bagliori che appaiono sull’acqua prodotti dal sole della vita mi lasciano insensibile e mi rattristano profondamente.
Mamma, voglio dedicarti l’ultimo mio alito di vita pensando alle tue dolci carezze sui miei capelli biondi, quella sarà l’ultima immagine che porterò nel cuore, quando avrò dato l’estremo battito delle mie ali ed esalato l’ultimo respiro.
Vittorio Banda
13 Febbraio 2011
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