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Tossicodipendenza: distinguiamo

Tommaso Iori

La relazione annuale del Sert sullo stato delle tossicodipendenze va letta con attenzione, perché è un ottimo lavoro che rischia però, se analizzato in modo affrettato, o peggio con pregiudizio, di far arrivare a sentenze non altrettanto valide.

Credo che ci sia un vizio di fondo, che non va imputato certamente al Sert, in ogni tipo di analisi dei dati del consumo, ed è l’utilizzo del termine tossicodipendenza. Termine corretto e valido, ma che crea forti ambiguità e pericolosi fraintendimenti quando, sotto questo termine, troviamo inseriti, non scorporati, i dati sul consumo di cannabinoidi. Trattare con lo stesso metro consumi differenziati di sostanze estremamente diverse a livello epidemiologico (30.000 consumatori occasionali di cannabis, 500 di eroina), di tossicità (il THC, principio attivo dei cannabinoidi, è uno dei principi attivi meno tossici in natura), di effetti fisiologici e soprattutto negli stili e nelle abitudini di consumo, è un modo purtroppo molto comune per mandare messaggi fuorvianti.

Il dato puramente quantitativo non fotografa con precisione la realtà, se prima non si definisce un parametro che distingua seriamente le tipologie di sostanze, le modalità di consumo e i reali livelli di dipendenza: è serio affermare che il 30% della popolazione è “dipendente” in quanto ha fumato almeno una volta nella vita cannabinoidi?

Più in generale, è valido ritenere che chi utilizza cannabinoidi vada incluso nella categoria delle tossicodipendenze? Con un paragone fin troppo scontato, sarebbe come includere nelle tabelle degli alcolisti i consumatori, anche non occasionali, di alcolici. In quest’ambito, invece, si differenzia giustamente tra semplici consumatori e consumatori problematici: non crediamo che questa corretta distinzione vada fatta anche in merito a sostanze come i cannabinoidi, il cui grado di dipendenza non è provato con sufficiente certezza scientifica? In caso contrario rischiamo di mandare un messaggio non solo fuorviante, ma soprattutto falso e senza riferimenti concreti alla realtà: il consumatore di cannabinoidi è un drogato, e un drogato ha “problemi di rendimento scolastici, accumula assenze, si ubriaca, spende soldi alle slot machine, è coinvolto in risse, fa sesso non protetto”, come si legge oggi sulla stampa.

Non è ovviamente la fotografia più veritiera della realtà, tutt’altro. Con questo sillogismo il 30% della popolazione è rappresentata dal bizzarro identikit appena citato. Sappiamo che non è così, e quindi val la pena fare uno sforzo ulteriore per differenziare l’analisi, quantitativa e qualitativa, in modo da riuscire a differenziare gli interventi: ciò che non ha voluto fare la legge Fini, che facendo grossolanamente di tutta l’erba un fascio è riuscita a produrre solamente un aumento degli arresti del 10,1% per possesso di hashish e del 63,9% per possesso di marijuana, nonché un aumento di oltre il 30% delle segnalazioni per possesso di dosi inferiori ai limiti tabellari.

Come vediamo, i consumi non sono diminuiti, né le percentuali di conclamate tossicodipendenze: si sono semplicemente aperte le porte del carcere per migliaia di consumatori, problematici e non, o l’avviamento a percorsi “terapeutici e riabilitativi” per consumatori di cannabinoidi che non manifestano in alcun modo necessità di recupero.

Qualcuno potrebbe obiettare che la pericolosità di cannabis e derivati sta nel loro essere “anticamera” al consumo di cocaina ed eroina: ma sappiamo che non è così, la teoria della “droga di passaggio” è smentita dai dati di paesi come l’Olanda che, pur legalizzando parzialmente il consumo di cannabinoidi, non ha visto un boom di consumo né di questi né tanto meno di droghe pesanti, a differenza di paesi iper-proibizionisti come gli Stati Uniti (e, ahinoi, l’Italia), che vede esplodere il consumo di cocaina in ogni fascia di età.

Al contrario, è proprio una politica proibizionista che, con uno strano paradosso, finisce per legare inscindibilmente sostanze che non avrebbero di per sé nessun punto di contatto: questa intersezione è l’illegalità, il circuito criminale, il margine dove sono confinate sostanze e abitudini assolutamente diversificate e dove finiscono invece, fortunatamente in casi estremi, per sovrapporsi.

Tommaso Iori, consigliere comunale di Trento di Rifondazione Comunista