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QT n. 9, 6 maggio 2006 Servizi

Tumore al seno: una rivoluzione continua

Una malattia della quale si guarisce sempre più spesso, ma che presenta anche complessi problemi psicologici.

Con il titolo "Il tumore al seno: una rivoluzione continua" si è svolto a Trento il 28 aprile, presso il Teatro Sociale, il secondo seminario d’informazione promosso dalla Fondazione Trentina per la ricerca sui tumori; fondazione costituitasi a Trento nel 1982 e che in oltre vent’anni d’attività si è distinta per gli interventi a favore della conoscenza e dello studio del tumore, allo scopo di avvicinarsi a risultati sempre più efficaci nello sconfiggere questa malattia.

Il seminario si è caratterizzato in due momenti forti: il primo è stato la consegna dell’Aquila di San Venceslao al prof. Claudio Valdagni, pioniere nel campo della radioterapia oncologica; con gran riconoscenza è stata ricordata la sua figura di scienziato e d’uomo, la sua lunga e incessante attività di ricerca e clinica, la determinazione ed il coraggio nel perseguire gli obiettivi. Lo stesso prof. Valdagni, che per primo ha portato in Italia molti anni fa, all’Ospedale di Borgo Valsugana, la bomba al cobalto, ha ricordato che "ci tremavano le vene ai polsi nel pensare che per curare i tumori stavamo utilizzando lo stesso strumento atomico che era servito per la bomba caduta su Hiroshima".

La seconda parte è stata la presentazione delle ultime frontiere nella cura del cancro mammario. Sono stati discussi nuovi importanti elementi messi a fuoco nella recente conferenza di San Gallen in Svizzera, congresso che periodicamente aggiorna le linee guida di comportamento clinico per la terapia coadiuvante di questo tumore.

Sono intervenuti numerosi scienziati ed esperti che hanno illustrato l’evoluzione della chirurgia nel carcinoma mammario, il trattamento medico pre e post-operatorio, il ruolo della radioterapia e l’approccio psicoterapico.

La soddisfazione per i risultati raggiunti e le prospettive future permettono di definire l’attuale momento come un periodo molto favorevole per la terapia di questo subdolo tumore; gli interventi mirati e conservativi, le terapie farmacologiche e radianti combinate con l’intervento chirurgico, garantiscono non solo risultati estetici brillanti, ma anche guarigioni più significative e una migliore qualità della vita.

Il prof. Enzo Galligioni, responsabile del Dipartimento Oncologia Medica dell’Ospedale di Trento, ha spiegato che le cure per il tumore al seno sono quelle che hanno fatto registrare la più importante riduzione della mortalità (20 – 30% in meno), nonostante si sia registrato anche un aumento della sua incidenza. Fondamentale resta una diagnosi precoce con la mammografia.

Per una ricerca sempre più mirata si è ribadita la necessità di una partecipazione consapevole delle donne agli studi clinici controllati, che talvolta non sono compresi e che spesso provocano timori infondati.

La complessità e la scientificità degli argomenti trattati, accompagnata anche da diapositive, non ha impedito alla parte dell’uditorio meno esperta in campo medico, di ascoltare con attenzione e speranza.

Particolarmente interessanti gli interventi delle due psicologhe, la dott. Elena Scaffidi dell’Istituto Europeo Oncologico di Milano e la dott. Giorgia Marconi della Lega Italiana Lotta Tumori, che hanno dato risalto all’importanza del risvolto psicologico e di una riabilitazione in tal senso, che devono essere considerati come parte importante della terapia.

Ma come reagisce una persona di fronte al tumore? Cosa prova chi si ammala?

A queste domande complesse, che troppo spesso riguardano persone a noi vicine, ha risposto la dott. Giorgia Marconi, psicologa della Lega Tumori, che abbiamo brevemente intervistato.

La dott. Giorgia Marconi, psicologa della Lega Tumori.

"Per tutti è un terribile, improvviso colpo - ci risponde - ma le persone reagiscono in modi diversi, e a volte queste reazioni possono essere difficili da capire e trattare. In tanti casi sono tuttora sottovalutate e ignorate.

Il primo pensiero di chi riceve una diagnosi di cancro, anche in caso di buona prognosi, continua ad essere ‘forse non mi rimane molto tempo da vivere’. Si apre una vera e propria crisi esistenziale, che è generalmente polarizzata su tematiche relative alla dimensione del tempo, all’identità personale, al tema della vita e della morte, al significato della vita.

Ognuno di noi, nei momenti della sofferenza, della difficoltà, anche della tragedia, porta con sé la sua personalità, il suo ambiente, il suo bagaglio di esperienze. Sarebbe importante per ciascuno conoscere e valutare quali sono i temi e le problematiche legate all’evento cancro: la conoscenza e la comprensione potrebbero favorire migliori strategie nel fronteggiare la malattia. Prendendone coscienza si riesce a gettare le basi perché la persona possa intraprendere la strada che porta al benessere e quindi, modificando atteggiamenti e comportamenti, far pendere la bilancia dalla parte della salute".

Quale reazione hanno le donne, il "sesso debole" ad una diagnosi di tumore?

"Le donne sono esseri forti, hanno delle risorse inaspettate, un’abitudine ad affrontare i momenti critici della vita, sono capaci di comprendere e consolare, ed anche nella difficile esperienza della loro malattia si preoccupano per le persone che amano, per genitori, figli e mariti.

E’ vero che mantenere il proprio ruolo può aiutarle a reagire ed essere protagoniste anche della malattia, ma la cultura che ha imposto alle donne compiti di accudimento, in certi momenti della vita le può portare alla solitudine e all’isolamento. E in questo possono essere aiutate, ad essere consapevoli che l’esperienza del tumore, che incide così profondamente e dolorosamente nella loro vita, può rappresentare un’occasione per lanciarsi a fare qualcosa che si è sempre rimandato, stabilire nuove priorità, trovare obiettivi di vita che appaghino, fare progetti per qualcosa che le fa sentire vive".

Che peso possono avere ansia e depressione in questo momento difficile?

"E’ più che normale che ansia e depressione si manifestino nell’incontro col cancro; sono reazioni attraverso le quali ci si può anche difendere, ma se non sono affrontate nel modo giusto la malattia può invadere la vita di una donna e l’essere ammalata può diventare la sua unica identità, impedendole di vivere nel presente momenti forti, profondi e significativi. Spesso i dolorosi graffi della malattia fanno sanguinare ferite precedenti mai guarite, ma a volte proprio questa esperienza, mettendole a nudo, dà alla donna la possibilità di ripararle.

La psicologia, così importante in tutti i momenti traumatici del tumore, dalla diagnosi alle terapie spesso difficili e limitanti, alla convivenza pesante da gestire, alla guarigione o al procedere della malattia, può trovare un alleato prezioso nella dimensione spirituale della persona, spesso messa da parte, ma che può rivelarsi invece un’arma vincente.

Le dimensioni della persona sono molte: fisica, psichica, mentale, sociale e spirituale. Tutte hanno bisogno di essere prese in considerazione, di essere aiutate, comprese e sostenute, senza eccezioni.

Una diagnosi di cancro può aprire una serie di possibilità che spaziano tra il perseverare nel rimpianto del passato o decidere di abbracciare la nuova vita che si presenta. Per molti è un’esperienza opprimente ed insostenibile, ma può essere anche l’inizio di un cambiamento e per molte donne è stato così".

Il seminario ha permesso di alimentare la speranza, togliendo sempre più forza agli stereotipi devastanti legati a questa malattia e ci auguriamo che lo slogan scritto dalla Fondazione sul dépliant informativo, "Per un futuro senza paura", possa diventare una realtà.

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