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Foreste demaniali a rischio

Associazioni ambientaliste

Intendiamo portare a conoscenza dell’opinione pubblica un fatto estremamente grave che si sta consumando in silenzio e senza clamore, nei confronti delle foreste demaniali della provincia di Trento.

Le foreste demaniali circa 12.000 ettari, sono attualmente le uniche vere aree protette, assieme ai biotopi, dove la caccia è vietata, a differenza dei parchi naturali provinciali dove l’attività venatoria è permessa. Un patrimonio naturalistico invidiabile e per questo molto appetibile, soprattutto per la presenza di fauna selvatica pregiata che ha potuto godere di una protezione assoluta per decine di anni; una tutela che a questo punto verrà meno, se, come sembra, le foreste saranno cedute ai comuni, con l’ estrema conseguenza di una probabile apertura della caccia anche in questi ultimi santuari.

Per capire come siamo arrivati a questo punto e conoscere la situazione che si è venuta a creare è utile fare un passo indietro, perché l’intenzione di cedere gratuitamente le foreste demaniali ai comuni è partita qualche anno fa.

Con la prima giunta Dellai, la gestione delle foreste demaniali era di competenza del servizio parchi della Provincia e relativo assessorato all’ambiente. Nel 2001, le foreste demaniali sono state trasferite dall’assessorato all’Ambiente, all’assessorato all’Agricoltura e foreste, non più quindi di competenza del servizio parchi, ma del servizio foreste.

La decisione, osteggiata dall’allora assessore all’ambiente Iva Berasi e da tutte le associazioni ambientaliste, è stata giustificata con il pretesto di voler accorpare tutte le foreste, sotto un unico servizio, per migliorarne la gestione. La nostra preoccupazione che la manovra celasse la volontà dell’esecutivo di aprire la caccia anche in questi ultimi lembi protetti di territorio, ci portò ad un incontro con l’ allora assessore competente Dario Pallaoro, il quale ci confermò che non era sua intenzione né tantomeno della giunta di concedere l’uso delle foreste demaniali all’attività venatoria.

Dopo le ultime elezioni, la nuova giunta Dellai non vede più Dario Pallaoro assessore alle Foreste, mentre l’assessorato all’Ambiente è stato diviso in più parti e soprattutto non più di competenza di un assessore verde; in questo modo, si è aperto la strada ad evidenti disegni politici pregressi, procedendo come noi temevamo dall’inizio.

La volontà di cedere le foreste demaniali ai comuni è di una gravità assoluta per la tutela di queste importantissime aree protette, che sono di proprietà della Provincia.

Mentre in passato si acquisivano territori da porre sotto tutela per la loro valenza naturalistica, adesso si regalano, senza porsi alcuna domanda sul futuro, con una gestione non unitaria e priva di qualsiasi garanzia di protezione. Oltre tutto, nelle foreste demaniali del Bondone, Paneveggio, Caoria, ecc., lavorano 55-60 persone qualificate; ora, se il progetto di sdemanializzazione fosse portato a termine, esso metterebbe in condizioni di disagio almeno 60 famiglie, (non potendo più lavorare nel demanio dovranno passare ad altri incarichi, magari lontano dalle loro abitazioni) per non parlare degli operai stagionali che non sarebbero più utilizzati.

Prendiamo ad esempio l’area del monte Bondone (sono le prime foreste che dovrebbero essere cedute, seguiranno poi tutte le altre), dove si prevede di istituire un parco naturale: ebbene, ci sono circa 800 ettari di foresta demaniale, che comprende anche la riserva integrale delle tre cime. Dal 1905 la zona è preclusa alla caccia, tanto che qui si è conservato un discreto patrimonio faunistico con la presenza di specie pregiate; cedere il demanio al comune di Cavedine e Lasino (seguiranno altri) su pressione dell’ambiente venatorio, con la scusa degli usi civici, significa affossare qualsiasi idea di parco e soprattutto distruggere una zona che si è conservata integra per oltre un centinaio di anni.

Più volte abbiamo chiesto se le nostre preoccupazioni fossero fondate e corrispondessero all’effettiva volontà del Presidente, ma come unica risposta ci è stato detto che noi facciamo un processo alle intenzioni evitando di trattare il problema, e intanto si procede.

Purtroppo, nonostante le dichiarazioni di disponibilità di Dellai, fatte pubblicamente ancora nell’estate del 2005 sui temi ambientali, i fatti vanno nella direzione diametralmente opposta; basti pensare che da 10 anni a questa parte nulla è stato fatto per la tutela del territorio e della fauna selvatica e non certo per colpa degli ambientalisti, che hanno dimostrato, malgrado tutto, una volontà di dialogo che sicuramente non ha fruttato. Non solo non si è riusciti ad acquisire altre aree protette o nuove normative a tutela della fauna selvatica, ma addirittura abbiamo perso quelle che avevamo, a dimostrazione del fatto che la nostra disponibilità non paga, infatti con il dialogo nulla abbiamo ottenuto.

Il malcontento generalizzato del mondo ambientalista e non solo ci fa capire che i troppi e continui no dell’esecutivo nei nostri confronti e i troppi alle richieste di chi usa e sfrutta il territorio per i propri interessi, non sono più tollerabili. Chiediamo pertanto alle forze politiche che in campagna elettorale hanno fatto dell’ambiente la loro bandiera, di intervenire con estrema fermezza.

Il minimo che ci aspettiamo è di riuscire a mantenere almeno le aree protette esistenti .


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