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QT n. 6, 25 marzo 2005 Servizi

La Casa del Sole e i suoi ospiti

Una bella esperienza per venire incontro al disagio psichico.

Era un progetto ambizioso perché la paura del disagio mentale aveva radici nel profondo. Nella Casa del Sole il paziente psichiatrico non è mai solo "malattia" ma sempre anche persona. Chi non avesse mai visitato un manicomio, creandosene un’immagine attraverso qualche film, magari l’indimenticabile "Qualcuno volò sul nido del cuculo", resterebbe sorpreso dall’atmosfera "serena" che si respira in questo luogo.

La struttura denominata "Casa del Sole".

La prima persona che incontro è Franco (impossibile dimenticare gli anni in cui lo si vedeva spesso nei pressi dell’edicola di Port’Aquila, barba lunga e sguardo inquietante); adesso i suoi occhi, anche se non sempre incrociano i tuoi, ispirano tenerezza e viene voglia di cercare un significato al suo parlare confuso.

Poi arriva Alba, che con il suo nome sente il compito e la fatica di illuminare il mondo. Mi stringe la mano, ma la ritrae subito, la trova troppo fredda, mentre le sue sono calde. Non posso che darle ragione … ma non è la vecchia storia che ai matti bisogna dare sempre ragione!

Laura si trova qui da oltre due anni, dice di essere annoiata, le chiedo come passa il tempo, ma a lei sembra di non fare mai niente…, però l’ordine e la cura della sua persona, della propria stanza, fanno capire che il progetto studiato per lei ha raggiunto molti obiettivi. Poi si ricorda che le piace molto recitare, che qui fa spesso l’attrice.

Filippo si è rivelato un bravissimo postino: la corrispondenza, fra la Casa del Sole e il Centro di Salute Mentale è affidata a lui, molto orgoglioso di questo suo ruolo di piccione viaggiatore.

La Casa del Sole, gestita dal Servizio di Salute Mentale di Trento, dall’Associazione AMA (Auto Mutuo Aiuto) e dall’Associazione di volontariato La Panchina, è una struttura aperta dove si trovano 13 ospiti ed una decina di operatori durante la giornata, mentre la notte è presente un volontario della Panchina.

Non ci sono chiavi alle porte, sbarre alle finestre, odore di medicinali; i pazienti non girano in pigiama e gli operatori non hanno camici.

I punti fermi sono altri: un costante clima di "amicalità", dove gli ospiti sono ritenuti esperti di una sofferenza che solo chi ha provato può capire; un "sapere vissuto", il loro, che si unisce al "sapere imparato" degli operatori e che fa crescere questa comunità.

Grande attenzione viene data inoltre ai rapporti con i famigliari, che vengono coinvolti anche in attività pratiche; si ottiene in questo modo l’effetto di far recuperare autostima e serenità a gruppi famigliari che hanno vissuto per anni il terribile disagio della malattia mentale.

Altro punto fermo è il rapporto con il territorio, perché la Casa del Sole offre al quartiere occasioni d’incontro, di svago, serate culturali, corsi di ballo, c’è un parco giochi per i bambini della zona, un bar, rigorosamente analcolico. Si tengono contatti ed iniziative con la Circoscrizione, la Parrocchia, il Gruppo Anziani.

Il coordinatore Mattia Civico parla di questa struttura con il giusto entusiasmo di chi ha visto decollare un aereo ritenuto troppo pesante perché si alzasse in volo.

I risultati sono evidenti: i giorni di ricovero in ospedale degli ospiti si sono in pratica azzerati, segnale che qui vivono bene.

Una comunità autosufficiente per quanto riguarda le pulizie, la preparazione dei pasti, la cura del vasto giardino, ma con altri progetti: quello per utilizzare meglio la splendida mansarda, trasformandola in un luogo dove si pratica il Turismo Sociale (accoglienza per chiunque operi nel settore sociale e provenga da altre città), e la coltivazione d’erbe medicinali con la possibilità di vendere tisane proprio nel bar della Casa.

La sofferenza, la malattia se si vuole chiamare così, traspare ancora, si coglie in certe anomalie gestuali, nella ripetitività di una frase ed in altro ancora, però sicuramente è una situazione vivibile che ha una sua dignità, perché si punta su quello che una persona ha di sano, di autenticamente umano.

Adesso si parla di "empowerment", che tradotto in italiano significa "aumentare il proprio potere interno", "mettere in grado di", "corresponsabilizzare", in sostanza consentire agli utenti di intervenire nella programmazione dei servizi a loro indirizzati; l’Organizzazione Mondiale della Sanità indica proprio in questo processo la via maestra per prevenire e curare la malattia mentale, perché l’ammalato, pur psichiatrico, non è mai solo malattia ma sempre anche persona.