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QT n. 13, 28 giugno 2003 Servizi

Industriali in paranoia: nessuno li ama

Secondo una ricerca della Assindustria la presenza del settore in Trentino sarebbe sottostimata.

L’Associazione degli Industriali del Trentino si è sottoposta ad analisi. Sotto la guida dell’Ermeneia di Nadio Delai ha sondato le proprie - di se stessa, degli industriali - opinioni su di sé ed ha tirato fuori dai recessi del suo inconscio imprenditoriale ciò che pensa che gli altri - i suoi interlocutori o stackeholder, interni ed esterni - pensino di lei. Ne è uscita una sindrome di paranoia conclamata: ahimè, quanto poco si sentono amati questi imprenditori!

La sede dell'Associazione Industriali a Trento.

Era questa, per la verità, solo la seconda parte di una ricercache voleva in primo luogo accertare quale fosse la percezione della presenza industriale da parte della popolazione trentina. Ma anche qui, come spiegheremo, il risultato non è stato consolante. Un tormentone, insomma, che ha fatto da premessa alla presentazione del Progetto di Bilancio Sociale Territoriale, in occasione dell’Assemblea generale di Assindustria trentina, tenutasi in pompa magna lo scorso 20 giugno a Riva. Per l’occasione, Dellai - l’altro, quello meno noto, con la doppia elle, che governa la Provincia - ha cercato di alleviare quel doloroso senso di frustrazione, annunciando nientepopodimeno che un "new deal" dell’autonomia incentrato sull’industria-ricerca-innovazione e… il rilancio del tavolo sulla Valdastico. Di questo passo, alla vigilia delle elezioni si parlerà di palingenesi universale e…. di impianti sciistici in Val Jumela.

Il campione di 1000 trentini in età adulta sorteggiati dall’elenco telefonico e intervistati da Ermeneia nel periodo gennaio/febbraio 2003, ha espresso, fra luci ed ombre, una complessivamente modesta considerazione per l’industria nella nostra provincia. In termini di contributo a occupazione, reddito e sviluppo, è stata relegata infatti al terzo posto dopo il turismo (con distacco abissale) e l’agricoltura. E però in seconda posizione, dietro solo al turismo, nella speciale classifica che proponeva un bilancio fra risorse ricevute (contributi pubblici) e sviluppo generato.

L’escussione del campione ha messo in risalto una significativa sottovalutazione del peso del settore secondario: numero e dimensioni delle aziende, forzalavoro occupata, ricchezza prodotta, valore delle esportazioni, ecc. Insieme con una preferenza per la piccola dimensione, quasi a scegliere il male minore. Insomma, un intreccio fra informazione deficitaria e mancanza di feeling per un’attività economica che soltanto dal 4,5% degli intervistati viene ritenuta corrispondente alle vocazioni del territorio trentino: dopo il turismo col 55% di preferenze; l’agricoltura, col 18,7%; l’artigianato col 9,5%.

Débacle confermata anche dai consigli da dare ai giovani per la loro carriera. L’industria qui slitta al quinto posto, scelta da appena l’8,1% del campione, dopo Università, Turismo, Ricerca, Artigianato, e tuttavia, a sorpresa, prima della Pubblica Amministrazione, sia pure di un soffio. D’altra parte, la storia dell’industria in Trentino è punteggiata di eventi - dai danni alla salute ai disastri ambientali, dalle incompetenze gestionali agli insediamenti prendi e fuggi, e via deprecando -, che non possono non avere lasciato il segno. E a ciò è forse collegabile un dato dell’inchiesta che rimane un po’ nascosto nelle pieghe. Il fatto cioè che le posizioni più favorevoli al settore siano state espresse dalle fasce del campione con più basso livello di istruzione. Per esempio, a valutare "molto importante" il ruolo dell’industria in provincia è stato il 37,6% dei soggetti con titolo di studio limitato all’obbligo scolastico o alla qualifica professionale, contro il 24,1% dei laureati. E stessa positiva valutazione, con riferimento però agli anni a venire, è stata espressa dal 50,4% dei primi contro il 28,6% dei secondi.

La seconda parte della Ricerca, come abbiamo anticipato all’inizio, ha scandagliato gli umori dei protagonisti, vale a dire i dirigenti di aziende industriali, in merito alla loro percezione delle opinioni degli interlocutori esterni verso le aziende stesse. Una cosa un po’ contorta, della serie "io so che tu sai che io so". E la scelta del campione è caduta - e non abbiamo capito bene con quale criterio, forse quello della presunta maggiore sensibilità sociale - sul gruppo di 35 aziende dell’Assindustria trentina che hanno dato vita al Progetto di Bilancio Sociale Territoriale.

Tabella 1: BILANCIO SOCIALE TERRITORIALE
PARAMETRI2001
Numero Aziende partecipanti35
Numero Occupati totali9.470
di cui:
Laureati696
Diplomati3.128
Giorni di Formazione27.860
Ricavi Operativi €/0002.230.452
di cui:
Export914.485
Valore Aggiunto Globale Netto €/000660.773
distribuito a:
Personale437.658
Finanziatori75.290
Pubblica Amministrazione64.058
Sistema impresa54.370
Soci26.428
Collettività2.969
Utile Netto €/00080.798
Acquisti in Trentinodi beni e servizi €/000160.184
Costi Ambientali €/00073.527
di cui:
Costi di utilizzo risorse naturali62.221
Costi di gestione ambientale11.306
Investimenti Ambientali €/0003.567
Inv. in Sicurezza, Igiene industriale,
Amb. di lavoro €/00010.689
Superficie Occupata totale ha.253
di cui:
Superficie coperta100

Da quanto è emerso, queste imprese si sentono poco amate e non adeguatamente apprezzate, malgrado esse abbiano di sé un’elevata autostima. Ad esempio, sollecitati ad esprimere un giudizio su "quanto l’azienda fa per il suo territorio e quanto il territorio fa per l’azienda", il 73,5% degli interpellati, vale a dire gli stessi dirigenti, rispondono che "l’azienda dà più di quanto riceve", ivi includendo, crediamo, i contributi provinciali.

Ma la percezione del giudizio esterno è invece dolorosamente di segno opposto: per gli intervistati, solo il 12,5% degli interlocutori esterni pensa che "l’azienda dà più di quanto riceve", il 53,1% pensa che ci sia equilibrio fra dare e avere, mentre una quota pari al 34,4% di presunti ingrati, penserebbe che "l’azienda riceve più di quanto dà".

Come mai la percezione di una reputazione così poco favorevole, l’intima convinzione di un così modesto appeal? Forse una paturnia degli industriali? Un remoto senso di colpa? O chissà, un eclatante caso di proiezione?

In particolare, sempre secondo i manager delle 35 imprese, i giudizi meno lusinghieri, si anniderebbero - a decrescere - fra i giornali(sti), nella Chiesa (e pazienza, si tratta pur sempre di categorie non produttive), ma specialmente nelle Associazioni degli artigiani, dei commercianti, nella Cooperazione e - toccando il fondo - nelle Associazioni dei contadini. Queste ultime avrebbero un atteggiamento "molto o abbastanza positivo" verso le imprese, soltanto in misura del l’11,5%. Sintomo inquietante di una sorda guerra fra agricoltori e industriali? Per niente: la maggioranza dei lavoratori della terra (il 51,4%), sempre secondo la percezione degli industriali, avrebbe un atteggiamento di serafica indifferenza. Oh perbacco!

Per superare questo mesto panorama, l’Assindustria del Trentino ha portato dei fatti, che potessero far salire l’indice di gradimento del settore. E’ stato quindi illustrato il cosiddetto "Bilancio Sociale Territoriale". Un bilancio, che oltre ai soliti valori economici e patrimoniali che troviamo in ogni rendiconto aziendale, ma opportunamente riclassificati, fornisce anche alcuni dati riguardanti il rapporto con la collettività e l’ambiente. Il bilancio sociale è stato introdotto non molti anni fa specificamente per le cooperative e le aziende del terzo settore, ma evidentemente l’idea è stata giudicata valida e ora, prima in Italia, l’Assindustria del Trentino l’ha fatta propria. O per meglio dire, è stata adottata da 35 aziende di diversi settori con 9.500 dipendenti, sul totale delle 850 aziende aderenti con 32.000 addetti. Insomma una minoranza qualificata.

Avviato nel 2000, il Progetto non ha fatto nuovi proseliti nel 2001, si vedrà nei prossimi anni. I dati nudi e crudi (vedi tabella 1) confermano ed evidenziano l’importanza sociale delle aziende come produttrici di ricchezza e distributrici di reddito: al personale innanzitutto, ma anche alla Pubblica Amministrazione sotto forma di imposte e tasse, naturalmente ai soci, ma anche (nella misura di 2,969 milioni di euro nel 2001, pari allo 0,4% del valore aggiunto globale netto) per liberalità e sostegni/contributi alla collettività: cause umanitarie, ricerca scientifica (anche dell’Università di Trento), organizzazione di corsi, convegni, manifestazioni culturali e sportive.

Ed altrettanto degna di menzione, per le ricadute sinergiche sul territorio, è la voce che indica l’importo dell’acquisto di beni e servizi effettuati in Trentino (160,184 milioni di euro nel 2001, con un calo peraltro dell’8,7% rispetto all’anno precedente).

Tabella 2 - INVESTIMENTI AMBIENTALI (in migliaia di euro)
20002001
Protezione dell'aria e del clima1.8171.400
Protezione delle acque di superficie173621
Protezione del suolo e delle acque sotterranee8385
Trattamento rifiuti537109
Impianti di depurazione340534
Altro20818
Totale2.9703.567

C’è, infine, il ragguaglio sulla cosiddetta Performance Ambientale, con investimenti nel 2001 di 3,567 milioni di euro, pari allo 0,5% del valore aggiunto, ma cresciuto del 20,1% rispetto al 2000 (vedi tabella 2).

Insomma, quella del bilancio sociale è sicuramente un’iniziativa interessante e destinata, se si allargherà ad un numero maggiore di aziende, a intensificare o ad instaurare relazioni proficue con la collettività e a promuovere il radicamento delle aziende sul territorio. Condizione, quest’ultima, fondamentale per lo sviluppo delle imprese, come riconosce la stessa Assindustria. E d’altronde è ormai un punto acquisito per le aziende il riferimento ad un’etica dell’agire economico. Di cui però, siccome non bastano le parole, un’ineludibile e significativa cartina di tornasole dovrà essere, fra altri riscontri, la qualità dei rapporti con le risorse umane (rispetto dei contratti, formazione/valorizzazione, sicurezza sul lavoro ecc.).

Ma temiamo che nella percezione della gente - tanto per rimanere in tema - il pur meritorio exploit sul bilancio sociale sarà soppiantato dall’eco del piagnisteo degli industriali, incompresi e sottovalutati. Ma si sa, le lamentele, specialmente in campagna elettorale, servono. Ci aspettiamo a questo punto le contro-lacrime dei concorrenti al contributo provinciale: agricoltori, artigiani, commercianti, cooperative. Se non per strappare di più, almeno per non vedere ridimensionata la propria partecipazione alla Munifica Elargizione. Nell’ambito e nella logica di un modello di competizione assistita che è forse unico al mondo.