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Scuole musicali: se lo Stato se ne lava le mani

Per fortuna esistono delle scuole musicali private. Ma se lo Stato non si muove, c’è un rischio...

Confesso che provo fastidio quando sento indiscriminatamente inneggiare al pubblico e censurare il privato. Ci sono casi in cui il settore pubblico offre servizi minimi o pessimi e dobbiamo ringraziare la provvidenza se c’è il privato a supplirli. E aggiungo che il servizio offerto dagli istituti pubblici può e deve essere valutabile in termini di qualità del prodotto e di efficienza: il fine di un ospedale pubblico è la tutela della salute e le sue risorse vanno indirizzate con un management responsabile per giungere allo scopo col massimo rendimento, senza sprechi, aggiornando strutture e strategie.

Purtroppo la tutela della salute musicale da parte della scuola pubblica pare sia competenza del lazzaretto. Avevamo già parlato, prima delle vacanze, di come la riforma Moratti non facesse nulla di buono per colmare il vuoto di cultura musicale nelle scuole italiane. Le uniche scuole pubbliche in cui la musica costituisce realmente una materia di insegnamento sono i Conservatori. Ma ce ne sono assai pochi: una cinquantina o poco più su tutto il territorio nazionale e la loro natura è asfitticamente specialistica: un coacervo di botteghe artigiane concepito all’inizio del secolo scorso per forgiare musicisti secondo criteri formativi che oggi segnano il passo.

E allora chi supporta in Italia la forte e sempre crescente domanda di istruzione musicale? Risposta: le scuole private. Sono tante e aumentano ogni anno. E’ un fenomeno che in Trentino ha una notevole espansione, si è ben radicato nel territorio e offre prestazioni spesso elevate. In questo caso le scuole private coprono una grave lacuna dell’istruzione pubblica e le più serie lo fanno con scrupolo, immettendo contenuti culturali oltreché specialistici nell’indirizzo didattico. Il loro non essere legati a programmi antiquati e centralizzati consente dinamismo e aderenza alle istanze del territorio. Per questo sono giustamente aiutate da contributi degli enti territoriali (che per fortuna in Trentino-Alto Adige mostrano più sensibilità che altrove verso l’importanza dell’educazione musicale).

Beh, si potrebbe dire, visto che le scuole musicali sembrano funzionare, perché non si fa di necessità virtù accettando lo stato di fatto? E’ effettivamente quello che da anni sta accadendo a livello politico sia governativo che legislativo. Lo Stato si lava le mani e abdica tout court al privato: l’insegnamento musicale è nullo alle elementari e alle superiori, mentre alle medie ci si limita a raccontare qualche barzelletta. Il Conservatorio viene semplicemente tenuto in vita, così com’è, tanto prima o poi i suoi limiti evolutivi lo porteranno all’estinzione, come il brontosauro. Ci sono controindicazioni in tutto questo? Certamente. La rinuncia a competere nell’istruzione musicale da parte dello Stato significa:

1. accesso privilegiato. Solo ai più abbienti o ai figli di quelle famiglie disposte ad investire dei soldi per la loro formazione musicale sarà possibile ricevere un’istruzione o una semplice infarinatura musicale. Gli altri potranno pure laurearsi in lettere, ingegneria elettronica, filosofia... però incappando nel nome di Bach al quiz di Jerry Scotti non avranno dubbi: noto fiore con poteri afrodisiaci;

2. perdita del valore culturale. Ipotizziamo uno scenario di sole scuole musicali private. In quanto aziende perseguono giustamente un profitto e il profitto è direttamente proporzionale al numero di clienti. Per raggiungere e mantenere i clienti devono, magari non sempre volentieri, soddisfarne le aspettative. E gran parte delle aspettative fa ormai parte dell’immaginario costruito dalla televisione che seduce con modelli superficiali ed effimeri. E’ inevitabile che questi modelli eserciteranno un condizionamento crescente nelle scelte didattiche delle scuole musicali. Proprio per questo c’è il pericolo che col tempo si deteriori irreparabilmente la stessa impalcatura dell’educazione musicale e l’insegnamento si trasformi in un inseguimento generalizzato di bolle di sapone se mancherà il contrappeso di un’istituzione educativa pubblica, autorevole, dinamica e ricettiva, ma pur sempre ancorata a una concezione culturale, oltreché pratica, della musica.

Insomma senza un timoniere, o almeno un riferimento pubblico efficiente e competitivo, le scuole private serie potrebbero in un prossimo futuro averci poco da guadagnare: condannate per sopravvivere a scimmiottare sempre più la musica della Tv omologata, quella dei telegatti, della plastica, delle tettone in bikini Stars and Stripes e dei soldi a tutti i costi.