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QT n. 22, 9 dicembre 2000 Servizi

Sul mio manuale non ci sono le fobie

Polemica sui libri di testo: l’impossibile ricerca della verità assoluta.

Non ci sono le "foibe" sul manuale che ho in adozione, "I Tempi della storia", di Alberto De Bernardi e Scipione Guarracino, Bruno Mondadori Editore. Bisognerà che i due autori provvedano: le foibe sono l’evento, tragico e chiassoso, sul quale d’ora in poi sarà misurata l’oggettività di un libro di storia. Le polemiche, innestate dalla proposta di Francesco Storace, di sottoporre i manuali al controllo di una commissione politica, serviranno a questo: per non esporsi all’accusa di essere falsi o faziosi, gli autori rappezzeranno in fretta e furia i buchi approdati in questi giorni agli orrori dei mass-media.

Io ho scelto il "Guarracino", lo confesso, senza cercarvi le foibe, solo perché mi pareva uno strumento adatto a formare nei giovani quelle competenze di cui hanno bisogno. Non mastodontico, e non troppo smilzo. Narra i fatti, approfondisce nelle schede i problemi, fornisce documenti su cui elaborare interpretazioni anche diverse. Ci sono esercizi, e un atlante allegato. Insegna a periodizzare, a cogliere nella storia i nessi causali, anche i momenti di casualità. La politica domina, ma l’economia, la tecnica, la cultura non sono strozzate. Centrato sull’Italia, ma aperto sull’Europa e sul mondo. E’ sufficientemente leggibile: l’indice di Flesch, che misura la lunghezza del periodo e quella delle parole, dà risultati accettabili. Conosco personalmente gli autori: in qualche corso d’aggiornamento mi hanno fatto una buona impressione. Hanno pubblicato non solo manuali scolastici, ma anche studi di storia contemporanea: sono cioè degli storici affermati nella comunità scientifica. Soprattutto sono impegnati da anni nel rinnovamento della didattica, attualmente sulla rivista "I viaggi di Erodoto".

Il loro punto di vista, culturale e politico, nelle svolte cruciali della storia umana, non è di equidistanza. La ragione è dalla parte di Bruno e di Galilei, non del Tribunale dell’Inquisizione. L’Illuminismo, la Rivoluzione francese, il Risorgimento sono eventi e processi progressivi, seppur problematici. Il Novecento è l’età dei totalitarismi: il concetto comprende la Germania di Hitler, l’Italia di Mussolini, l’Unione Sovietica di Stalin. Allo "stalinismo", con i suoi milioni di morti, è dedicato un capitolo intero, alla Germania nazista solo un lungo paragrafo. Il problema del "consenso" al fascismo è affrontato con serietà: ci sono i discorsi di Mussolini, e l’interpretazione di Renzo De Felice, seppure non condivisa, è discussa con equilibrio.

Non è oggettivo dunque il manuale che i miei studenti maneggiano. Ne leggiamo del resto solo una parte, perché i ragazzi devono diventare periti chimici, non periti storici. Io mi auguro che, finiti gli studi, lo tengano a portata di mano, e lo consultino di tanto in tanto. E che così venga loro la voglia di leggere, se vi si imbattono sul quotidiano, anche gli articoli di storia, oltre quelli di attualità.

Il manuale è uno strumento, e non il solo, su cui lavoriamo. Non esiste il libro completo, men che meno quello in cui è depositata la verità. Sono selezionati dallo storico i fatti da raccontare, è lui che analizza e spiega i problemi, è lui che valuta e interpreta.

L’articolo che state leggendo è infarcito di valutazioni: "è discussa con equilibrio", "un lungo paragrafo", "è affrontato con serietà". Persino il "non mastodontico, e non troppo smilzo" è una valutazione personalissima: dalla quantità di volte che i ragazzi dimenticano a casa il volume, direi che secondo loro è pesantissimo.

I giovani sono esercitati, da ogni decente insegnante di storia, a distinguere nel libro i diversi linguaggi della storiografia: il narrativo, l’argomentativo, il valutativo. Crescono così, a fatica, intendiamoci, al di là delle foibe e delle paludi pontine bonificate.

Estremizzo la cosa. Forse non è scandaloso se un giovane a scuola non studia né Hitler né Stalin né Mussolini, perché altri sono stati quell’anno i "nodi" analizzati. Se studiando la "grande guerra", l’emigrazione, il colonialismo, gli viene la passione di studiare la storia, e impara dove e come può soddisfarla, lo può fare anche da solo, da grande.

I docenti di storia dell’Iti scrivono (vedi scheda nella pagina a fianco) che nessuna autorità politica è abilitata a imporre un libro di "storia vera": fra studium e regnum ci sarà sempre tensione. Io penso oggi che le foibe, in cui i partigiani comunisti jugoslavi massacrarono migliaia di italiani, è un fatto storico da riportare sui manuali. "Massacrare" è però già un verbo che valuta, non si limita certo ad esporre. Sulla spiegazione sarà poi impossibile trovare un accordo all’unanimità: sul peso da attribuire alle cause gli autori dei libri, gli insegnanti, gli studenti, che magari vedono le videocassette in commercio, ed equidistanti fra fascismo e antifascismo, la penseranno in modo diverso.

Lo immaginate un paragrafo sulle foibe, scritto per bene, che soddisfa ogni membro della commissione politica, e da tenere a mente per sempre? E’ lunga la vita, possono cambiare i punti di vista. E’ preoccupante che a destra abbiano pensato di insegnare la storia così, a colpi di commissione. Significa che la democrazia, cioè il confronto fra storici che portano sempre nuovi argomenti, non è ancora un valore pienamente acquisito.

E’ vero che a sinistra si fa ancora fatica ad accettare per la Resistenza la definizione (anche) di "guerra civile", Giampaolo Pansa su questo ha ragione, ma nessuno, che io sappia, pensa di inserire, o espellere, a forza, tale concetto dai libri di storia. Ha fatto la destra, paradossalmente, con questa polemica, un favore alla sinistra? Giorgio Bocca ha ringraziato ironicamente Storace: molti italiani, assonnati, hanno finalmente capito con chi hanno a che fare.

No, a me questa "trovata" è spiaciuta: quando una forza politica dà il peggio di sé, è l’intera nazione a soffrirne. Quando a dare il peggio di sé è l’avversario di destra, la sinistra non se ne avvantaggia. E’ quando ognuno tiene alto il discorso, che crescono tutti. Succede raramente, di questi tempi.

A ricordare che il fascismo, e il nazismo, sono stati regimi attorno a cui si è formato il consenso, che cioè il terrore non spiega tutto, io l’ho imparato inizialmente da storici non di sinistra. E così che furono "ragioni", le loro, a spingere certi ragazzi ad aderire alle Brigate nere della Repubblica sociale, invece che ai partigiani della Resistenza.

Le domande, i temi spinosi, non finiranno mai di impensierirci, e verranno da tutte le parti Il documento, preoccupato, nella mia scuola, l’hanno firmato quasi tutti gli insegnanti di storia. Non tutti, e anche questa è una questione sulla quale riflettere. I rapporti fra chi ha firmato e chi si è rifiutato resteranno corretti però, al di là del dissenso, di Storace e di Guarracino. E’ anche per questo che, tutto sommato, la scuola continua a reggere, e che le proposte di denunciare su Internet gli insegnanti faziosi non mi (ci) spaventano.