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Un Museo piccolino in un edificio troppo grande

Effettuate le nomine al Mart. Nessun cambiamento radicale: sembra farsi strada la rassegnata convinzione che...

Ealla fine la Giunta provinciale decise: nel consiglio di amministrazione del Mart siederanno il manager Celso Pasini e il preside Silvio Cattani.

Due nomine tutt’altro che entusiasmanti. Pasini, manager a cavallo tra pubblico e privato, di area socialista, non vanta un curriculum di successi: viene dalla Grundig, azienda fortemente ridimensionata, ed è passato per la presidenza dell’Informatica Trentina, noto carrozzone; nonostante questo, è ritenuto dalla giunta Dellai un manager da piazzare assolutamente, tant’è che oltre alla presidenza del Mart era in predicato anche per l’aeroporto e l’Itea. Cattani, preside dell’Istituto d’Arte "Depero" di Rovereto, è già stato nel cda del Mart, una presenza poco notata, se non per l’evidente conflitto d’interessi: egli stesso pittore, da quando è in carica, il Museo gli ha dedicato due mostre (se non sbagliamo, un record per un artista trentino vivente), promuovendogli evidentemente la produzione; turista politico via via accasatosi con svariate formazioni, è recentemente approdato alla Margherita, e Dellai ne ha subito imposto la "valorizzazione".

Ma sarebbe sbagliato fermarsi alla lettura partitocratica dell’avvenimento; perchè la nomina di Pasini acquista maggior spessore se vista assieme alle operazioni di contorno. Infatti a capo dei revisori dei conti è stato posto Ivano Dalmonego, potente e autorevole dirigente della Pat, anzi una delle sue colonne portanti, impegnatissimo nel tentativo di tenere sotto controllo la spesa corrente; e come coordinatore del progetto del Polo Museale è stato posto Nicola Salvati, altro dirigente di peso della Provincia, efficiente e decisionista, anch’egli convinto fautore del contenimento della spesa. A questo punto, la somma delle tre nomine, il manager Pasini e i dirigenti Dalmonego e Salvati, va in una direzione chiarissima: la messa del Mart sotto tutela, per recuperarlo all’efficienza e controllarne la spesa. Questa è stata la preoccupazione assillante dell’assessore alla cultura Molinari: che alcune situazioni fuori controllo, in primis il Polo Museale di Rovereto, si mangino tutta la fetta di bilancio provinciale destinata alla cultura. Ed evidentemente, sia l’inusitata rinuncia di Molinari a fare lui il presidente del Mart ("il Museo io devo controllarlo, non gestirlo") sia l’operazione nomine, è diretta ad evitare tale deriva attraverso un’opera di contenimento e razionalizzazione. Ed è con piacere che - a parte i dettagli partitocratici, evidentemente ineliminabili in una coalizione succube del neo-doroteismo - si vede emergere questo sforzo alla razionalizzazione da parte di una porzione della burocrazia e della politica.

Questo però non basta. Rilanciare un’azienda non consiste solo nel mettere i conti in ordine; occorre qualificare il prodotto. E il prodotto del Mart - cioè gli studi, le mostre, il progetto culturale insomma - in questi anni si è pericolosamente inaridito, come abbiamo visto nel servizio sul numero scorso.

E qui le decisioni della giunta mostrano limiti vistosi: dei due ordini di problemi di cui soffre il Mart - quello organizzativo-contabile e quello culturale-scientifico - la giunta ha affrontato di petto solo il primo; del fatto che non si organizzino più grandi mostre, che il comitato scientifico sia ridotto a un ectoplasma (con la fuga dei grandi nomi, ora sono rimasti quattro membri su sei, e uno non partecipa mai), che spadroneggi una direttrice dalle grandissime capacità relazionali ma dalla non eccelsa statura culturale, di tutto questo non ci si è proprio occupati; e la nomina a presidente di "un venditore di elettrodomestici" (come ha sprezzantemente commentato il filosofo Franco Rella) non sembra prendere il problema in alcuna considerazione.

La cosa è così macroscopica da non essere casuale. Pare in sostanza avanzare una visione, che potremmo chiamare di "riduzione del danno": il nuovo grande Museo è in costruzione e va finito, ma per una gestione all’altezza delle sue dimensioni occorrerebbero soldi (e competenze) che non ci sono; sarà solo un monumento e pazienza, cerchiamo di evitare che diventi una voragine mangia-soldi. A questo punto il progetto di farne un’attrattiva di rilievo internazionale, vista la prassi di questi anni, viene vista come pericolosa velleità. E si è disposti ad accettare che il Mart sia un piccolo museo, pur localizzato in un grandioso edificio.

Per scongiurare quest’esito si erano mossi i veri sponsor del Museo, il sindaco di Rovereto Ballardini e il suo assessore alla cultura Rasera, esponenti di quell’intellighentia roveretana oggi al potere, che aveva lanciato il progetto del grande Polo Museale. E il duo Ballardini-Rasera aveva lanciato come candidato alla presidenza Franco Rella, oggi l’unico intellettuale trentino di rilievo europeo, docente di Estetica all’Università di Venezia, già coordinatore del comitato scientifico del Mart nei suoi primi anni di relativo splendore. Una candidatura forte quindi, che appariva in grado di risolvere uno dei problemi del Museo, il suo ristagno scientifico-culturale.

Ma la proposta roveretana non affrontava - anzi non considerava proprio - l’altro corno del problema, l’efficienza e la spesa. E così sulla candidatura Rella poteva facilmente abbattersi il niet di Dellai, che imponeva la nomina di Pasini e la visione riduttiva/razionalizzatrice del Museo.

Cosa possibile anche per la fragilità dell’intellighentia roveretana. Che in questi anni, pur al governo, pur occupando quattro posti su otto nel cda del Mart, ben poco si era occupata dell’inefficienza dell’istituzione, del clientelismo dilagante, dell’asfissia del comitato scientifico. E incassato il no di Dellai su Rella, cosa faceva? Per amore del quieto vivere rinominava come propri esponenti i quattro consiglieri uscenti, tutte brave persone, per carità, ma già mostratesi incapaci di condizionare l’andamento dell’istituto.

Di grandi discorsi ne sentiremo ancora (pensiamo già ora con un brivido al momento dell’inaugurazione); ma nella realtà il grande progetto appare abbandonato dai suoi stessi propugnatori. Se non accadono imprevedibili fatti nuovi, il Mart sarà un piccolo museo; situato in una sede troppo grande.