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QT n. 5, maggio 2024 Cover story

L’inceneritore e il sindaco

Trento è l’unica (forse) disposta a ospitare l’inutile, anzi, dannoso mostro. A colloquio con Ianeselli

Sull’inceneritore il presidente Fugatti preme. Rovereto si è tirata fuori, a Trento il sindaco Franco Ianeselli si è detto possibilista, anzi ha rivendicato di non seguire la logica Nimby, Not In My Backyard, non nel mio cortile, vale a dire: se l’impianto serve, non faccio una guerra per farlo localizzare altrove.

Noi riteniamo che l’inceneritore non solo non serva, ma sia dannoso.

Partiamo dagli effetti negativi sulla salute dei cittadini (che si aggiungono ai danni al clima provocati dalle emissioni di CO2). Queste ricadute, in termini di malattie e di decessi, sono difficili da rilevare, per la problematicità di scindere gli effetti dell’inceneritore da quelli di altre fonti (autostrada, industrie, ecc); e per la scarsa indipendenza di troppi rilevatori, condizionati dalla potente lobby degli inceneritoristi (ricordate la lobby del tabacco e le agenzie che rilasciavano “studi” assolutori?)

Già nel 2006 uno studio dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) inquadrava il problema: dal momento che non si riesce a “stimare con una certa precisione in quale percentuale tale processo (l’incenerimento dei rifiuti ndr) contribuisca all’inquinamento dell’aria... è abbastanza evidente che... le misure di qualità dell’aria effettuate ad oggi non possiedono molta valenza scientifica e non forniscono le basi su cui costruire una politica di prevenzione sanitaria, quando invece recenti studi (OMS-APAT, 2006146) ne palesano l’urgenza, dimostrando chiaramente come il particolato (particelle atmosferiche solide e liquide sospese in aria ambiente di piccolo diametro, capaci di penetrare nell’albero respiratorio umano) possa avere una notevole incidenza in termini di mortalità”. In altre parole: tutti gli “studi” che minimizzano gli effetti degli inceneritori sono basati sul nulla. E il pericolo invece c’è, è molto, molto serio.

Eravamo nel 2005. Oggi il buco conoscitivo sembra riempito. E sono notizie per niente tranquillizzanti.

Parliamo di uno Studio epidemiologico del CNR (Centro Nazionale delle Ricerche), pubblicato nel 2016. Gli autori non sono dilettanti allo sbaraglio, non sono lo studiolo di ingegneria ambientale che fornisce consulenze a questo e quello, sono sei studiosi che sommano circa 700 pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali. E si sono posti il compito di valutare i rischi di mortalità e di ospedalizzazione dipendenti dai livelli di inquinamento atmosferico di un inceneritore attivo dal 2000: è un impianto situato a San Zeno (Arezzo), che brucia circa 40.000 t/anno di rifiuti (meno della metà di quello che si vorrebbe installare a Trento).

Dal 2004 l’impianto ha ottenuto tutte le certificazioni ISO e ad oggi utilizza le migliori tecnologie disponibili. Le emissioni di inquinanti al camino sono monitorate in continuo e dai dati di monitoraggio, rilevati dal 2000 ad oggi, non sono mai stati registrati superamenti dei limiti emissivi, né ci sono stati incidenti. Insomma, una situazione apparentemente ideale.

Nell’area ci sono altre sorgenti di inquinamento, in particolare la zona industriale di San Zeno, l’Autostrada A1 ed altre strade. Lo studio, grazie a modelli statistici, definisce mappe di dispersione del particolato PM10 per ciascuna fonte di inquinamento, e poi definisce tre classi di popolazione: con bassa, media o alta esposizione ai PM10 dell’inceneritore.

Si è quindi passati ad analizzare i ricoveri in ospedale e la mortalità. Ed ecco i risultati: la popolazione più esposta al particolato ha il 18% di malattie cardiovascolari in più rispetto a quella meno esposta; il 13% in più di malattie urinarie; nei maschi il 10% in più di mortalità generale e il 15% di mortalità per le malattie cardiovascolari; per le femmine, 30% in più di malattie respiratorie.

Gli studiosi del CNR concludono con queste lapidarie parole: “Lo studio ha riscontrato un aumento del rischio di mortalità e ricovero ospedaliero associato alle emissioni dell’inceneritore”.

Capito?

Gli indirizzi europei

D’altronde non a caso la Unione Europea ha emesso la direttiva 2018/851 che recita: “La gestione dei rifiuti nell’Unione dovrebbe essere migliorata e trasformata in una gestione sostenibile dei materiali per salvaguardare, tutelare e migliorare la qualità dell’ambiente, proteggere la salute umana...”. D’altronde già nel 2017 la UE invitava gli Stati membri con elevata capacità di incenerimento (come l’Italia) a “introdurre una moratoria sui nuovi impianti e smantellare quelli più vecchi e meno efficienti”. Insomma, anche la UE dice: per proteggere la salute, basta inceneritori. E, aggiungiamo noi: basta con gli studi e le consulenze di organizzazioni contigue al decisore politico, che puntualmente proclamano che tutto va ben, madama la marchesa.

La conclusione è: perché mai a Trento, che ha già oggi una qualità dell’aria molto scadente, dovremmo infrangere la moratoria suggerita dall’Europa, costruire un inceneritore e conseguentemente peggiorare l’ambiente e avere più ammalati e più morti?

Questa è la domanda che, dopo avergli sottoposto i documenti dell’Ispra e del Cnr, abbiamo rivolto al sindaco Ianeselli.

Penso che occorrerà realizzare l’impianto con le migliori tecnologie e poi avere l’autorizzazione integrata ambientale. Se si è nei limiti di legge, credo che vadano bene. Ora, è vero che ogni combustione crea problemi, ma Appa (l’Agenzia Provinciale Protezione Ambiente, che ogni tanto noi chiamiamo APPI, Agenzia Provinciale Protezione Inquinatori, n.d.r.) scrive che l’inquinamento da traffico è 100 volte maggiore di quello da termovalorizzatore; sono rimasto colpito quando mi è stato detto che il termovalorizzatore corrisponde a 5 giorni di traffico dell’Autobrennero”.

Noi ci permettiamo di non essere d’accordo. Non abbiamo molta fiducia nell’indipendenza di Appa, agenzia troppo incardinata e controllata dalla Provincia, e ci chiediamo come sia giunta a tali conclusioni, quando invece l'Ispra sosteneva che non si riusciva a scindere le cause dell'inquinamento, e quando il CNR, dopo anni di studi, è riuscito a scoprire che la mortalità da inceneritore (un inceneritore che è la metà di quello previsto per Trento) è decisamente significativa.

Non pretendo di aver capito tutto come sindaco, dico che se si sta molto sotto ai limiti di legge si può procedere.

Non solo. Con l’energia prodotta dall’impianto e convogliata con il teleriscaldamento negli edifici vicini, si annullerebbe l’inquinamento prodotto dalle caldaie, e quindi il bilancio sarebbe addirittura positivo”.

Cosa pensa di poter riscaldare a Ischia Podetti, i magazzini dell’Interporto o del Sait?

“Quella di Ischia Podetti non è la scelta ottimale”.

Un impianto di trattamento meccanico biologico (TMB)

Forse. Ma oggi, un impianto a ridosso delle case, in modo da potere ipotizzare una rete di teleriscaldamento a cui collegarlo, non si farà mai. E difatti, nel progetto di Appa, del teleriscaldamento si chiacchiera, ma non si dice dove dovrà andare la rete, quanto sarà lunga. E non si presenta alcun calcolo sul suo costo.

La postura di APPI

(Agenzia Provinciale Pro Inceneritore)

L’inceneritore non solo inquina, non serve.

Partiamo dalla Raccolta Differenziata. Oggi è all’80,4% secondo i dati ISPRA 2023.

Il punto è che (a differenza di quanto sostiene il V Piano Provinciale sui Rifiuti), è un dato migliorabile. Si è visto come alcuni Comuni con differenziata molto bassa (Alto Garda e Rovereto) hanno rapidamente migliorato. Perché non pensare che tutto il Trentino possa allinearsi ai Comuni virtuosi (Rotaliana e Fiemme), che hanno una differenziata oltre l’85%? Con il dispiegarsi poi delle politiche ambientali UE (ad esempio sulla riduzione degli imballaggi e sulle caratteristiche dei rifiuti tessili sanitari) si può arrivare al 90%, oggi raggiunto da Treviso. Perché Treviso sì e Trento no? A che serve l’Autonomia?

Ora, perché APPA fa il suo programma pro inceneritore, proiettato quindi su almeno venti anni, partendo da una quantità di rifiuti superiore a quella oggi registrata, e su una differenziata ferma all’80%? C’è poi lo scarto della differenziata (cioè quando ci si sbaglia a differenziare, ad esempio si mette la plastica nella carta; il sistema non può riciclare un rifiuto sbagliato e lo getta nell’indifferenziato) attualmente al 10%: come mai Appa fa il suo progetto assumendo come valore dello scarto l’attuale 10%, che invece una più capillare campagna informativa (ottima in proposito l’app Junker, che scannerizzando i codici a barre, ci informa in tempo reale sulla corretta differenziazione; app che proprio il sindaco ci ha fatto conoscere, a riprova delle carenze informative) potrebbe facilmente ridurre lo scarto nella differenziata ad un 8,5%?

Insomma, i dati forniti da Appa sono la conferma di quanto dicono gli ambientalisti: l’inceneritore strozza la Raccolta Differenziata, e chi sostiene il primo sminuisce la seconda, anche se (APPA appunto) dovrebbe istituzionalmente fare il contrario, come raccomanda la UE.

Appa riporta gli obiettivi del Quinto Piano dei Rifiuti della Pat. Obiettivi senz’altro migliorabili” risponde Ianeselli.

L’alternativa

Il bello è che l’alternativa esiste. E nella nostra realtà è stata presentata da ben 17 associazioni ambientaliste.

In pratica il punto è riciclare, invece di bruciare. I rifiuti ingombranti (8.000 tonnellate all’anno), tra i quali ad esempio elettrodomestici e mobili vecchi, vanno conferiti in apposito centro dove vengono smontati, e le singole componenti vengono avviate al riciclo. Invece l’indifferenziato (quel che rimane dopo la raccolta differenziata, cioè quello che non è carta, plastica, vetro o organico) va avviato al Trattamento Meccanico Biologico. Il TMB basico (quello più evoluto riesce a spingere ulteriormente la differenziazione) produce in parte, circa il 37%, biostabilizzato, che si può tranquillamente conferire in discarica, e in parte, 56%, Combustibile Solido Secondario, CSS, utilizzabile in cementifici, impianti siderurgici, centrali termoelettriche.

Ora a Rovereto esiste un TMB, di capacità adeguata, ma largamente sottoutilizzato. Motivo? Il CSS ha poco mercato, ci dicono.

In parte è vero, in Italia non si utilizza il CSS come si dovrebbe, e la gran parte dei produttori lo esportano all’estero. Eppure è più economico dei combustibili fossili, abbatte le emissioni di anidride carbonica. Ora, spiega il Sole 24 Ore del gennaio 2023, il governo ha deciso di incentivarne l’uso in quanto “favorisce la tutela ambientale” spiega Confindustria. E non a caso il gruppo Porcarelli ha investito 18 milioni per raddoppiare le capacità produttive del proprio impianto. Insomma, con il TMB di Rovereto si potrebbe chiudere il cerchio.

Per verificare, partiamo dai dati di Appa. E vediamone le conclusioni.

Con l’inceneritore, alla fine ci sarebbero 22.500 tonnellate di ceneri pesanti (rifiuti speciali), da inviare a Ischia Podetti, più 3.500 di ceneri leggere (rifiuti pericolosi) da conferire in miniere all’estero.

Con il TMB ci sarebbero 16.400 tonnellate di biostabilizzato da stivare in sicurezza a Ischia Podetti, 25.000 t di CSS da vendere sul mercato italiano e estero, e 22.600 t (gli scarti della Differenziata) da conferire all’inceneritore. Per 22.000 tonnellate si fa un inceneritore? No di certo, ci si accorda con Bolzano, che ne avrà bisogno.

Questo secondo lo scenario disegnato da Appa. Secondo quello degli ambientalisti – RD all’85% con scarti all’8,5%, TMB avanzato, che ricicla almeno il 50% del materiale conferito – queste quantità diminuiscono ulteriormente, il ciclo viene agevolmente chiuso e si evidenzia la totale inutilità dell’inceneritore trentino.

Di questo discutiamo con Ianeselli.

Puntare sul CSS – ci dice - significa portare i rifiuti fuori provincia e produrre comunque emissioni. Non è la soluzione”.

Ma il CSS sostituisce, in un cementificio ad esempio, una combustione già esistente e più inquinante, il bilancio è quindi positivo.

Questo confronto sarà utile farlo fare ai tecnici. Io registro che ci sono mobilitazioni anche contro gli impianti che utilizzano il CSS. Sottolineo poi che, esportando il materiale, devi soggiacere ai diktat dei gestori dell’impianto che lo utilizza”.

Uno dei problemi per cui si preme per l’inceneritore, è che la discarica di Ischia Podetti è piena, il suo incremento (250.000 t) si fa presto a colmarlo. Ma l’inceneritore conferirebbe in discarica, stando ai dati di Appa, 22.500 t di ceneri pesanti, mentre il TMB solo 16.500, e di materiale biostabilizzato.

L’inceneritore conferisce ceneri che, compattate, occuperebbero 7.500 metri cubi e quindi riempirebbero di meno la discarica”.

Conclusione

Con il sindaco ci siamo lasciati convenendo che tutta una serie di aspetti vanno approfonditi in un apposito dibattito tra tecnici, che ci auguriamo avvenga quanto prima.

Noi ci permettiamo di fare un appunto. A Ianeselli, politicamente conviene sostenere una zoppicante iniziativa di Fugatti, facilmente attaccabile, subito respinta da Rovereto, che farebbe ricadere su Trento, già troppo inquinata, un nuovo inquinamento?

Un’iniziativa che va contro gli indirizzi ecologici dell’Europa? Il che non disturba un presidente per cui l’ambiente è del tutto un optional, ma dovrebbe invece impensierire un sindaco, che della sostenibilità ha cercato di fare uno dei tratti distintivi della sua consiliatura.

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