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Infiltrazioni mafiose: le parole tardive dei sindacati

Già da un paio d'anni si poteva leggere che gruppi criminali mantengono un basso profilo per non attirare l'attenzione ed investire capitali

Enzo Sevegnani, Walter Ferrari

Esprimiamo grande apprezzamento per le parole espresse dai segretari confederali di Cgil-Cisl-Uil, riportate dalla stampa locale nei giorni scorsi, in merito alla volontà di “collaborare con le istituzioni provinciali e con il nuovo questore per contrastare” quei fenomeni di infiltrazione mafiosa sui quali ha richiamato l’attenzione il questore Giuseppe Garramone nel suo intervento di fine mandato.

Non possiamo però fare a meno di evidenziare che già nella relazione conclusiva della Commissione Parlamentare Antimafia della scorsa legislatura, approvata il 7 febbraio 2018, si poteva leggere che nella nostra regione “si sono registrate presenze di affiliati alle mafie” e che “i gruppi criminali... mantengono un basso profilo per non attirare attenzione ed investire capitali”.

Non solo: vi è esplicitato che “persone in relazione con le cosche sono autori di reati economico-finanziari, come la bancarotta fraudolenta nei settori dell’edilizia e dello sfruttamento delle cave di porfido, di truffe e di sfruttamento illegale di manodopera”.

Quando il Coordinamento Lavoro Porfido ha iniziato ad operare, all’inizio del 2014, l’aspetto più evidente che caratterizzava il settore era proprio quest’ultimo, vale a dire il dilagante mancato rispetto delle norme contrattuali in materia salariale, assicurativa e contributiva.

I sindacati avrebbero dovuto rappresentare il primo presidio di legalità su questo fronte, facendo emergere le ditte che approfittavano della situazione di crisi per mascherare ben altro, ma rimasero silenti!

Poiché per tali violazioni erano previste sanzioni per i concessionari che potevano portare alla revoca delle concessioni, Filca-Cisl e Fillea-Cgil si affettarono a mettere al riparo le ditte facendo sottoscrivere ai lavoratori, senza reali verifiche e garanzie, accordi di conciliazione in sede sindacale che prevedevano lunghe rateizzazioni degli arretrati salariali.

Non fosse stato per il C.L.P., che presentò nel 2015 una serie di esposti alla Procura dell Repubblica, costringendo le Amministrazioni comunali ad operare le prime timide sia pur tardive verifiche, prendendo anche i primi provvedimenti previsti dalla legge e dai disciplinari di concessione, i lavoratori sarebbero stati ancora una volta gabbati.

Questo la dice lunga sulla distanza esistente tra le parole e le azioni di questi signori, ma purtroppo oggi va di moda parlar bene e razzolar male.

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