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QT n. 11, novembre 2019 Servizi

La discarica che non vogliamo

La ex cava ed ex discarica di Pilcante di Ala al centro di una operazione speculativa dannosa per l’ambiente e per i cittadini: una discarica di rifiuti pericolosi

Associazione Tutela del Territorio di Ala

Le cave di Pilcante/Chizzola sono considerate uno dei più ricchi e qualitativamente migliori comprensori per la sabbia da costruzione. Si tratta di una zona estesa su 45 ettari e che, attraverso due piani cave redatti dal Servizio Minerario dovrebbe essere gestita, ma di fatto non lo è, dalle amministrazioni comunali.

Le aree dismesse sono state nel tempo utilizzate in operazioni non sempre chiare: discariche di copertoni, di terre autostradali inquinate, di ogni sorta di nefandezza industriale, sino a che di una piccola parte del sito (un decimo della superficie totale) è stato ufficialmente sancito l’impiego come discarica comprensoriale di rifiuti solidi urbani. L’allora Comprensorio la riempì in pochi anni, poi coprì il tutto, senza provvedere all’impermeabilizzazione e al successivo monitoraggio, come invece previsto.

In conclusione: tutta la zona dall’abitato di Pilcante fino alla frazione di Santa Lucia a ridosso della montagna, è una sola enorme discarica mai monitorata e sulla quale pende da quindici anni l’ingiunzione di bonifica intimata dal Comune ai cavatori.

Arriviamo ai nostri giorni: la particella fondiaria numero 600, di proprietà della ditta Manara, esauriti gli oltre 2.200.000 mc di scavo, è ora oggetto di valutazione per la sua trasformazione in discarica. Ma non una discarica qualunque, bensì di materiali ampiamente pericolosi sui quali vigono pesantissime restrizioni. Si tratta di manganese, cromo, amianto, arsenico, mercurio, piombo, terre di fusione ed altre delizie, per complessive 2.500.000 tonnellate, che comportano la sopraelevazione di un tomo di 10-15 metri sul profilo della valle. I tempi di riempimento ipotizzati sono di 10-12 anni, che verranno prolungati per effettuare la raccolta e il trattamento del percolato. Il tutto a poco più di 2 metri dalla falda dell’Adige, che il progetto si propone di “proteggere” interponendovi un leggero strato di limo.

L’Amministrazione comunale respinge, con una mozione consigliare, l’ipotesi dell’insediamento di una discarica di tal genere, e ripetutamente ribadisce in pubblico tale posizione. Ma ciò nonostante, nasce un comitato “No cave”, che non si fida, memore di una consuetudine alla tolleranza delle amministrazioni nei confronti delle discariche e gli sversamenti di rifiuti illegali e pericolosi, impunemente depositati in quei luoghi da ormai 30 anni.

La pratica

Cerchiamo di vedere meglio. Il tutto inizia con la presentazione alla Valutazione di Impatto Ambientale del progetto da parte della ditta Cave di Pilcante sas, legale rappresentante Fabrizio Manara, ditta che da visura camerale è composta da 5 soci, tutti della famiglia Manara, con un capitale sociale di € 10.329.

Nell’”Analisi di rischio” allegata al progetto, viene fornito – anche se solo a titolo “esemplificativo” – un elenco di ditte produttrici di rifiuti, con ogni probabilità i fornitori della futura discarica. Si tratta di una ventina di ditte: sette bresciane, altre quattro lombarde, due veronesi, tre emiliane, una romana, una sola trentina. Quindi ad Ala non si tratteranno i rifiuti trentini, ma in massima parte importati dalle province vicine, in particolare dal bresciano, terra finora molto accogliente verso questi rifiuti.

Quali i settori di attività di tali ditte? Oltre alle acciaierie e ad aziende che lavorano nel settore edile-stradale, si tratta di imprese specializzate nel riciclo e recupero da bonifiche, rifiuti industriali pericolosi e non, smaltimenti da bonifiche, da bonifiche chimiche, da siti contaminati. Occorrono commenti?

A questo punto entra in ballo un misterioso personaggio bresciano, certo Gabriele Baruzzi.

Ricorderete che il proponente è la società Cave di Pilcante sas, nel cui elenco soci non figura alcun Baruzzi. Che invece appare nella Conferenza dei servizi presso il Sava (Servizio autorizzazioni e valutazioni ambientali della Provincia) il 19 giugno 2019, nei cui verbali egli viene definito come proponente, anche se proponente è solamente la ditta Cave di Pilcante. Non è neanche un progettista, anche perché i progettisti presenti, una volta illustrato il progetto, sono stati invitati ad uscire, mentre il Baruzzi rimane. E compare anche, sempre senza alcuna qualifica, all’ incontro tra il sig. Manara e la terza commissione consigliare, nel sopralluogo effettuato il 25 settembre 2019 nella cava, cui non vengono invece ammessi né il comitato NO discarica, né il Sindaco di Ala, né un consigliere comunale (Trainotti) che ne aveva fatto esplicita richiesta. Allora andiamo a scoprire qualcosa di più sul signor Baruzzi, cercando nelle visure camerali (vedi box nella pagina a fianco).

  1. Discarica abusiva - località Pereri. Contiene centinaia di mc di pneumatici e amianto.
  2. Discarica RSU – località Casarino. Non sono mai stati effettuati i controlli obbligatori sulla falda.
  3. Discarica RSU – località Neravalle. Risulta effettuato un solo controllo sulla falda nel 2007.
  4. Discarica abusiva – località Neravalle. Contiene migliaia di mc di inerti con contaminazione da idrocarburi.
  5. Cave esaurite – località Neravalle. Il ripristino per uso agricolo, con prescrizione di inizio nel 2013 non è ancora cominciato.
  6. Area della nuova discarica (per ora solo proposta) e di cui si parla nel nostro articolo.

Si può vincere

Ora tutto lascia supporre che Gabriele Baruzzi abbia posto gli occhi sulle cave di Pilcante. Ma, abbiamo visto, è possibile bloccarlo, lui e gli analoghi signori delle discariche. Ma serve la volontà politica, soprattutto dell’amministrazione comunale, per intraprendere un percorso che, attraverso l’analisi legale e tecnica del progetto e della situazione ambientale, avvii un processo di opposizione che porti anche, ove necessario, a ricorsi presso Tar e Consiglio di Stato.

Gli interessi di una intera comunità dovrebbero essere anteposti a qualsiasi speculazione privata, per di più a predominanza bresciana. Perché è chiaro: di nostrano rimarrà solo la buca, il signor Manara, ed i possibili/probabili danni collaterali; tutto il resto, rifiuti, progettisti, consulenti, facilitatori, camion, sarà di provenienza extra-regionale.

Per ultimo è interessante, ma molto preoccupante, notare i miseri, infimi capitali sociali di tutte le ditte elencate, Cave di Pilcante sas compresa, coinvolte o meno in una operazione che ha un costo preventivato dal proponente di poco meno di 27 milioni di euro.

Preoccupa infine che fino ad ora nessuno - progettisti, proponente, Sava, Terza Commissione provinciale, Comunità di Valle, Comune di Ala - abbia accennato alle consistenti garanzie finanziarie che il proponente deve mettere sul tavolo a tutela della correttezza di tutta l’operazione discarica, per tutta la sua durata, fino al ripristino – mitica azione mai usata né attuata in quelle cave – al fine di garantire territorio e cittadini.

Il Signore dei rifiuti

In breve, ecco l’elenco delle società in cui compare il signor Gabriele Baruzzi..

  1. Elisir di Baruzzi Gabriele sas, Padenghe sul Garda, due soci tra cui il Baruzzi Gabriele, capitale sociale € 10.000. Settori di attività: servizi di consulenza, d’assistenza e organizzazione presso i cantieri, acciaierie e discariche di qualsiasi categoria, impianti di recupero in ordinaria, impianti di trattamento di qualsiasi rifiuto.
  2. Padana Green srl, Brescia, inattiva, capitale sociale € 14.230, amministratore unico Baruzzi Gabriele, due soci, tra cui, con il 99%, Elisir di Baruzzi Gabriele sas. Settori di attività: protezione ambientale, disinquinamento, raccolta trasporto stoccaggio provvisorio trattamento e smaltimento rifiuti urbani, speciali tossico-nocivo, pericolosi e non pericolosi, allo stato solido, semisolido e liquido, ecc. A proposito di questa azienda, vedi il caso della discarica di Montichiari, di cui si parla più avanti.
  3. Cava Calcinato srl, Gussago (BS), procuratore speciale Baruzzi Gabriele, capitale sociale € 100.000, socio unico Arici Investimenti srl. Oggetto sociale: (parziale): estrazione di ghiaia e sabbia, produzione e commercio calcestruzzo, scavo e sbancamento terra, realizzazione e gestione di impianti per trattamento di rifiuti inerti speciali, industriali e urbani; raccolta, stoccaggio, trasporto, smaltimento finale, trasformazione e lavorazione di tutti i generi di rifiuti.
  4. G. B. srl, Brescia, presidente del consiglio d’amministrazione Baruzzi Gabriele, capitale sociale € 10.400, due soci, tra cui Baruzzi Gabriele al 95%. Oggetto sociale (parziale): esercizio di attività di protezione ambientale, disinquinamento, gestione impianti ecologici; raccolta trasporto stoccaggio provvisorio trattamento e smaltimento rifiuti urbani, speciali tossico-nocivo, pericolosi e non pericolosi, allo stato solido, semisolido e liquido; studio e realizzazione di opere di bonifica ambientale; recupero, trasformazione di qualsiasi tipo di rifiuto...

Insomma, quattro ditte del settore rifiuti e discariche all’interno delle quali figura sempre il nome di Gabriele Baruzzi; abbiamo a che fare con un professionista del settore.

Ne abbiamo ulteriore conferma dalla vicenda relativa a una discarica da 1,1 milioni di metri cubi di rifiuti speciali “non pericolosi” (tra cui l’amianto!) che Baruzzi voleva realizzare a Montichiari (provincia di Brescia), stoppata dalla regione Lombardia.

Questo l’articolo del Corriere della Sera-cronaca di Brescia, datato 5 aprile 2018 a firma Pietro Gorlani e titolato “No definitivo della Regione alla discarica Padana Green”:
Fino a pochi anni fa i progetti di nuove discariche che approdavano in Regione venivano approvati quasi d’ufficio. Con il crescere della protesta ambientalista, l’introduzione nel 2014 dell’indice di pressione pensato dall’ex assessore all’Ambiente Claudia Terzi, qualcosa è però cambiato.

La controprova è nella bocciatura arrivata dalla direzione regionale Ambiente del Pirellone nei confronti della discarica Padana Green: sono già troppe le criticità ambientali che si rilevano a Montichiari, dove si contano 10 discariche autorizzate, altre 11 abusive, per un totale di 17 milioni di metri cubi di scorie interrate. Criticità che possono avere ricadute anche per la salute pubblica. L’iter per la realizzazione dell’ennesima discarica da 1,1 milioni di metri cubi di rifiuti speciali non pericolosi (tra cui amianto) era iniziato nel 2011, avanzato dall’amministratore unico Gabriele Baruzzi.

Dopo una prima bocciatura della Regione e il via libera del Tar di Milano, sempre nel 2016 il progetto viene affossato dal Consiglio di Stato. Ora pare vano l’ennesimo ricorso di Padana Green (fatto anche da Aib) contro l’indice di pressione ambientale. Forte la soddisfazione del comitato Sos Terra di Montichiari: ‘Il percorso sarà lungo ma abbiamo vinto la prima battaglia a tutela del nostro territorio, della salute della popolazione, della qualità dell’aria che respiriamo’”.