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QT n. 9, settembre 2019 Monitor: Libri

“Mussolini ha fatto anche cose buone”

Falsità da smentire. Un libro di Francesco Filippi, editore Bollati Boringhieri, 2019, pp. 160, euro 12.

"Mussolini ha fatto anche cose buone"

Chissà. Forse è troppo tardi. O forse no. Oggi nel dibattito pubblico, soprattutto online, i sostenitori delle “buone azioni” del regime fascista hanno troppo spesso lo stesso credito dei fatti narrati dagli storici. Dunque che cosa è più necessario di un libro leggibile e ben documentato che permetta all’opinione pubblica di fare le proprie scelte politiche e civili sulla base di notizie vere e di fatti dimostrati e non di false affermazioni? Insegnanti, intellettuali, e in generale ogni cittadino, hanno il diritto e il dovere di informarsi ed essere informati, e di non tacere, specialmente nei tempi difficili e confusi.

Mussolini ha fatto anche cose buone” è uno strumento per chi voglia ottemperare a questo dovere. È venuto il tempo di mettere a nudo quegli aspetti dell’identità collettiva che si è formata durante il fascismo e che non ha mai subito una vera revisione e riflessione, a differenza di quanto, almeno in parte, è avvenuto in Germania, sia pure molto in ritardo e certo in modo diverso fra la Germania occidentale e quella orientale.

Il libro di Francesco Filippi, edito da Bollati Boringhieri, con una bella prefazione di Carlo Greppi, si rivolge con linguaggio chiaro e trasparente a ognuno che voglia sapere se le tante storie che vengono raccontate corrispondono ai fatti. Cosa rara in Italia, questo libro sembra scritto per essere letto, con un linguaggio preciso e chiaro. A differenza dei paesi anglosassoni, in Italia in genere gli scrittori, gli studiosi e perfino i giornalisti, scrivono per non essere capiti. Questo libro si rivolge a tutti, e nello stesso tempo è un libro di storia. Da segnalare che il suo autore è impegnato da parecchio tempo in attività di educazione sulla storia del Novecento e sui suoi aspetti più importanti e drammatici, rivolta soprattutto ai giovani.

Mussolini ha fatto anche cose buone” è un libro che racconta la verità su molte false affermazioni e luoghi comuni riguardanti il fascismo e il Duce, in buona parte diffuse come propaganda già nel ventennio, e che ancora oggi sono radicate nella mentalità collettiva e sono transitate senza soluzione di continuità nella società del dopoguerra. Forse Pasolini esagerava nel considerare la Democrazia Cristiana più fascista dei fascisti del ventennio, ma in “Pasolini, Il fascismo degli antifascisti” (Garzanti 2018) si dimostrano alcuni meccanismi attraverso i quali l’essenza della mentalità fascista è componente importante della mentalità degli Italiani. Filippi esamina le “idiozie che continuano a circolare sul fascismo”, una alla volta, citando dati e ricerche storiche che le smentiscono. I famosi treni in orario, frutto di un tempo in cui non si poteva criticare il malfunzionamento della pubblica amministrazione, e quindi nessuno si azzardava a protestare perché qualcosa non funzionava; le bonifiche; la costruzione di strade e case; la pensione di vecchiaia; il rapporto con la legalità, sempre esaltata e accompagnata da minacce di punizioni draconiane, e tuttavia negata di fatto nei tanti scandali e ruberie di gerarchi e membri stessi della famiglia Mussolini.

L’assassinio di Giacomo Matteotti, come ha dimostrato il lavoro di Mauro Canali (2015), non fu dovuto solo o non tanto alle severe denunce delle violenze fasciste fatte dal deputato socialista, ma ancora di più al fatto che il deputato esperto di economia stava riuscendo a dimostrare che quello di Mussolini era un partito di truffatori uguale – o peggiore – di quelli che lo avevano preceduto. Fu ucciso appena in tempo per impedirgli di esporre in parlamento la documentazione su fatti gravissimi di corruzione in cui erano implicati esponenti del governo e il fratello del Duce.

Un capitolo è intitolato “Il duce femminista”: vi si smentisce che Mussolini abbia valorizzato il ruolo della donna nella società, quando fu esattamente il contrario. Il fascismo, come altri regimi totalitari, indicò nella famiglia numerosa e nella crescita demografica un obiettivo indispensabile per fare dell’Italia un paese potente. (Oggi ancora qualcuno parla di “culle vuote”, invece di creare nidi, scuole per l’infanzia, accesso all’istruzione superiore per chi non è facoltoso, norme legislative a favore delle famiglie reali, e di creare i presupposti di una vita dignitosa per i giovani che già sono al mondo).

"Me ne frego"

Famiglia numerosa nel lessico fascista vuole dire soprattutto rigida divisione dei ruoli, supremazia del maschio, inesistenza di una politica di emancipazione, di lavoro, di dimensione pubblica della donna che non sia nella famiglia”, scrive David Bidussa in “Me ne frego”, un altro libro recente, che fa chiarezza sul pensiero del capo del fascismo attraverso le sue stesse parole, scritte o dette dal 1904 al 1927. Bidussa così riassume in quattro punti il pensiero di Mussolini, dando poi la parola al Duce: “La massa è manovrabile; il politico è guida autoritaria senza necessità che la massa giudichi, giacché è sufficiente che obbedisca; la forza è lo strumento e il viatico per avere consenso; il futuro è dei popoli numerosi e di un ordine della famiglia dove il maschio comanda e la donna ubbidisce (e quindi subisce), dove il maschio lavora e la donna accudisce i figli a casa”.

Un altro capitolo importante del libro di Filippi è dedicato all’economia e alla bufala che “si stava meglio quando si stava peggio” (s’intende dal punto di vista economico, senza contare libertà civili, diritto di voto, ecc.): l’Italia aveva grandi problemi, ma praticamente tutte le iniziative prese durante il ventennio contribuirono a peggiorare la situazione. Risultati: aumento della diseguaglianza sociale; emigrazione come unica alternativa; autarchia che ridusse il potere d’acquisto e i beni di consumo, aggravando gli effetti della crisi internazionale iniziata nel 1929. Gravissima conseguenza fu la crescita significativa della quota di popolazione malnutrita. Il paragone fra il ventennio e oggi “è impietoso: - scrive l’autore - oggi il reddito medio italiano è circa il 90% di un paese avanzato come la Francia; negli anni ‘30 il reddito medio di un italiano era il 33% di quello francese e meno del 20% di quello inglese”.

L’introduzione di Carlo Greppi, intitolato “La rivincita della realtà”, oltre a introdurre il lavoro di Filippi, ricorda altri studi quasi tutti molto recenti, che fanno memoria storica di avvenimenti e convinzioni – o pregiudizi radicati – su un periodo storico che è transitato quasi senza cambiamenti nel nuovo stato democratico, rallentandone lo sviluppo civile, rimandando di decenni il riconoscimento dei diritti civili di molti gruppi di cittadini, fra cui le donne.

Come ha scritto Claudio Pavone, il fascismo non è caduto il 25 aprile 1945, ma c’è stata una continuità dello Stato (organi di polizia, prefetti, strutture della burocrazia, docenti universitari, apparato scolastico): il fascismo dura nel tempo e influisce sul linguaggio e sulla mentalità degli Italiani.

Perché ho cominciato scrivendo che forse è troppo tardi? Di per sé, non è mai troppo tardi ed è indispensabile smentire che il fascismo sia stata una forma leggera di totalitarismo e perfino di razzismo, rispetto al nazismo in Germania. Tuttavia in Italia oggi l’estrema destra e la sua cultura, rimasta impresentabile per tanto tempo, sta riemergendo e non solo negli slogan della Lega. E questo accade nella totale inconsapevolezza dei partiti che fanno riferimento più o meno alla sinistra o al centro sinistra, e che si esercitano ancora nella retorica dell’antifascismo, e dopo trent’anni non hanno ancora imparato nulla dalla lezione di Taguieff (“La forza del pregiudizio”, 1994!). In realtà i nuovi estremisti della destra sono più affascinati dal nazismo che dal fascismo. Come scrive Claudio Gatti, autore di un libro che mi ha profondamente turbata, “I demoni di Salvini” (sottotitolo “I postnazisti e la Lega”), “chiedersi se Matteo Salvini sia fascista non è solo un esercizio inutile. È un grave errore”. E per quanto forti siano le somiglianze con il Mussolini attivista, giornalista, cinico e sprezzante verso le istituzioni democratiche, le quasi 300 pagine scritte da Gatti documentano l’infiltrazione nella Lega salviniana da parte dei postnazisti italiani. Raccolti intorno a riviste come Orion e Diorama, e molte altre, i seguaci ed allievi di Julius Evola, - sostenitore della continuazione del nazifascismo anche dopo la sconfitta storica dei loro regimi, consapevole dell’impresentabilità dei nazisti e fascisti, sostenitore del metodo dell’infiltrazione dei movimenti popolari, - hanno continuato ad esistere fin dagli anni ‘70 ed ora rischiano di raccogliere i frutti di un lungo lavorio sotterraneo di tipo culturale, e internazionale, e di approfittare dell’avvenuta riduzione a luoghi comuni del concetto di progressismo, fatta dalla politica trasformista di una finta sinistra.

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