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QT n. 9, 7 maggio 2005 Scheda

Donne che amano donne

Degli amori al femminile, si parla davvero poco. Sono amori che rimangono spesso in ombra. Non a caso, nelle interviste fatte alle persone comuni per la nostra inchiesta, la parola lesbica è pronunciata raramente. Sarà perché le effusioni tra donne, come abbracciarsi, tenersi per mano, e via dicendo, sono sempre state tollerate socialmente, senza gridare allo scandalo. Insomma, manifestare liberamente la propria affettività è considerato naturale fra il gentil sesso. Al contrario, gli uomini che esprimono con altri uomini simili "smancerie" sono bollati subito come fragili ed effeminati. E naturalmente suscitano una pioggia di commenti malevoli in merito al loro orientamento sessuale.

Gustav Klimt, “Le amiche” (1916).

Va da sé, quindi, che le donne lesbiche appaiono meno visibili rispetto ai gay. Ma non sono certo meno investite da giudizi negativi.

"Va ricordato, infatti, rammenta il sociologo Barbagli - che in tutti i paesi, le donne che riescono ad acquisire un’identità lesbica sono meno numerose rispetto agli uomini che acquisiscono un’identità gay. Questo non perché le donne che provano attrazione verso lo stesso sesso siano molto meno, ma perché alle donne s’insegna fin da bambine ad essere più ligie ai modelli tradizionali. Perciò le lesbiche sono ancora meno accettate dall’opinione pubblica".

Dunque, l’amore al femminile è senz’altro più condizionato dai freni culturali. Viene quindi da chiedersi come vivano le lesbiche in una zona poco metropolitana e (un tempo?) bigotta come il Trentino.

Per capire con quali strategie e difficili equilibri esse gestiscano la loro identità sessuale nel quotidiano, abbiamo sentito il parere di un’associata dell’Arcilesbica, che desidera rimanere anonima.

"In Trentino - dice Laura (nome di fantasia) - i panni sporchi si lavano in famiglia. Ciò significa che le lesbiche sono tollerate se non si espongono troppo, altrimenti l’impressione è quella di una non esplicita, ma sostanziale discriminazione. Nelle valli, ma in parte anche a Trento, il controllo sociale è molto stretto. Tant’è che molte se ne vanno, alcune restano e sono tollerate, altre vivono nel silenzio. Uscire allo scoperto è senz’altro difficile. La famiglia, specie per le adolescenti, è il primo ambito di difficoltà. L’isolamento spinge verso i gruppi, ma all’inizio non è facile inserirsi, nonostante i tentativi d’accoglienza.

Sul lavoro e in ambito pubblico, mi pare prevalga, specialmente tra le over 30, la tendenza a non esporsi. Spesso ci si ritaglia uno spazio nella vita di coppia o in piccoli gruppi; le giovani invece hanno più coraggio.

I trentini comunque ci percepiscono poco; nel momento in cui ti dichiari c’è rispetto, ma quando non sanno di trovarsi con una lesbica, spesso si coglie ironia, compassione ed anche disprezzo.

Inoltre, nella nostra provincia, l’attenzione del mondo politico ed istituzionale è poca, spesso si preferisce un gesto individuale, tipo un finanziamento, piuttosto che sollevare il problema di una politica di sostegno, solidarietà ed informazione verso i/le giovani omosessuali. Insomma, qui in Trentino ci sarebbero molte cose da fare, ad esempio sostenere i gruppi organizzati, che sono un punto di mediazione tra la società e l’omosessualità sommersa, fare una campagna antidiscriminatoria e contro l’omofobia, investire risorse per studiare e capire di più".