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Psichiatria in mostra

Ivano Winterle

Ho visto a Trento la mostra multimediale "Psichiatria un viaggio senza ritorno": ma è informazione o disinformazione?

Già dai primi filmati della mostra ho notato come importanti informazioni storiche venissero eccessivamente semplificate ed interpretate in modo discutibile per influenzare gli spettatori verso un atteggiamento polemico nei confronti della psichiatria in generale.

La mostra è proseguita con un susseguirsi di denunce, spesso creando confusioni spazio-temporali, volte ad attribuire in modo semplicistico alla psichiatria e agli psichiatri colpe ed etichette di vario genere: dal razzismo, all’apartheid, al nazismo, alla pedofilia, agli abusi sessuali, arrivando addirittura a collegare la psichiatria all’attacco alle torri gemelle.

Pure le interviste a psichiatri di varie nazionalità sono state abilmente tagliate per rimarcare questa visione della psichiatria come non-scienza fondata su basi inconsistenti e legata esclusivamente ad interessi economici e al desiderio di torturare crudelmente delle persone.

Mi chiedo se tutti i visitatori sono riusciti ad analizzare in modo critico questa mostra sulla psichiatria che, soltanto nell’ultimo dei quattordici filmati, si scopre essere legata al movimento "Scientology".

Mi chiedo qual è il limite fra informazione e disinformazione, per una mostra che disegna dei mostri, gli psichiatri, andando a creare diffidenza in un campo molto delicato come quello della salute mentale.

Mi chiedo infine se la diffusione di informazioni parziali e palesemente strumentalizzate alla firma di una petizione (a cui si viene gentilmente invitati ad aderire a fine percorso) e alla creazione di nuovi adepti (l’ultimo filmato è in realtà una campagna pubblicitaria del tipo "Noi siamo la risposta che cercavi") possa essere ospitata presso una delle più importanti sedi dei nostri enti pubblici: il palazzo della Regione.

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