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QT n. 11, 31 maggio 2008 Servizi

Pacher\Civico le primarie che non ti aspettavi

Dopo tante primarie burletta, nel PD un confronto vero tra due maniere di intendere la politica.

L’8 giugno ci saranno le primarie del partito Democratico. Primarie per cosa? Vere o fasulle? Come detto nelle pagine precedenti, attraverso un’intervista a Marco Brunazzo, docente di Scienze Politiche, le primarie non sono necessariamente un toccasana; e in Trentino abbiamo già avuto, proprio ad opera dei DS, delle primarie burletta, orchestrate per arrivare a un risultato, e poi magari gettate a mare se il risultato era un altro. Insomma, le primarie non sempre riescono ad essere lo strumento per togliere alle segreterie dei partiti il monopolio della politica. Anche perché sono i segretari a indirle e gestirle.

Qui però scatta un primo elemento di novità: queste primarie sono indette per dar vita a un nuovo partito, che risulta dal convergere di tre filoni, i DS, una parte minoritaria della Margherita, l’Associazione per il Partito Democratico.

Tra diessini e margheritini si è trovato un accordo di buon vicinato (o spartitorio, per essere cattivi) attorno alla candidatura del sindaco di Trento Alberto Pacher; ma a rompere le uova si è messa l’Associazione per il PD, che ha presentato una candidatura alternativa, Mattia Civico.

La cosa è positiva, perché ha introdotto una dialettica vera. I membri dell’Associazione, infatti, si sono andati configurando in questi mesi come i pasdaran del Partito Democratico: nel senso che assolutamente lo volevano, mentre la Margherita e a seguire i DS lo rimandavano alle calende greche; ma soprattutto prendevano sul serio l’autopropaganda del PD come partito nuovo, dei cittadini, delle decisioni partecipate, tutte cose che in realtà, in questi mesi di vita del PD nazionale, si sono viste poco.

Ecco quindi le formazioni contrapposte che si sfideranno l’8 giugno per la carica di segretario del nuovo partito, e per i 66 posti all’assemblea costituente che dovrà scriverne lo Statuto: da una parte Alberto Pacher, sostenuto quasi compattamente dai DS e da una parte dei margheritini del PD (Luca Zeni e Alessandro Andreatta) attraverso nove liste; dall’altra Mattia Civico, supportato dall’Associazione per il PD (Giovanni Kesssler innanzitutto, Michele Nicoletti), una parte della Margherita (Marta Dalmaso, Giorgio Viganò) e quella che una volta era Costruire Comunità (Violetta Plotegher, Nicola Salvati).

Di seguito le interviste ai due candidati.

Mattia Civico

Trentasei anni, operatore sociale al Centro Servizi Anziani, laureato in Scienze Psicologiche a Padova, sposato con due figli. Prima dell’Associazione per il PD non ha militato in politica, ma nella ‘prepolitica’; significative soprattutto le esperienze come volontario di Beati i Costruttori di Pace e Operazione Colomba in territori di conflitto (Sarajevo e Sud Africa).

Cambiare davvero è il vostro slogan: è un’implicita critica a come si sta svolgendo il processo di costituzione del PD?

"Il nostro è il tentativo di aprire uno spazio di partecipazione reale, perché chi è abituato a organizzare il consenso nei partiti difficilmente pensa ad una vera apertura, a iniziare dal ricambio della classe dirigente. Invece il PD nasce dal basso, con l’elezione diretta, da parte degli elettori – tutti quelli che si riconoscono nel manifesto dei valori, dai 16 anni in poi, stranieri compresi – del segretario e degli organismi politici. Su questa grande novità si fonda il PD nazionale e si deve fondare il PD del Trentino".

Rispetto a questi obiettivi, in che senso la sua candidatura si differenzia da quella di Pacher?

"Prima di tutto non vengo né dai DS né dalla Margherita, ma dell’Associazione del PD: mentre gli altri due posticipavano la nascita del PD al 2010, noi presentavamo all’assemblea costituente nazionale un emendamento allo statuto che chiedeva anche per il Trentino il PD subito; e su questo la nostra coerenza ha già vinto. Pacher intanto era a Salorno a benedire l’Intesa per le Autonomie, la lista messa al posto di quella del PD al Senato, e che ha perso alle elezioni.

Insomma, lei dice che Pacher è stato troppo subalterno ai disegni di Margherita e DS?

"Pacher ha avuto più occasioni per dire la sua sull’urgenza di far nascere il PD, è membro costituente nazionale, ma mai ha marcato una differenza che testimoniasse una sua autonomia. Questo perché "non si poteva fare il PD senza la Margherita"; invece la base della Margherita il PD lo vuole, come dimostrano le iscrizioni di margheritini alla nostra Associazione, e le elezioni, con il PD primo partito trentino".

Cos’altro vi differenzia da Pacher?

"Diamo ben altro spazio alla società civile..."

Anche nelle liste per Pacher la società civile è predominante...

"Sì, però c’è bisogno di un segretario a tempo pieno, e non è il caso di Pacher, che è sindaco. Dobbiamo abituarci a separare le cariche amministrative da quelle politiche, è uno dei mali del centrosinistra trentino e non solo."

A Roma l’operato di Veltroni come sindaco, a Trento quella di Andreatta come assessore all’urbanistica, o Andreolli alla sanità (Il Trentino e le politiche per la salute) o Cogo alla cultura (La Cogo, l’arte e la creatività umiliata), a nostro avviso disastrosi, non sono mai oggetto di discussione, nel PD nazionale e locale (vedi Governare male. E impunemente n.d.r.). La politica sembra essere altra cosa dal governare. Non è mancanza di cultura di governo?

"La forma partito non è indifferente a questo problema. Un partito aperto si confronta coi contributi di pensieri, esperienze, giudizi che vengono dalla società. I partiti tradizionali sono invece chiusi rispetto a questo, perché scientificamente separano i luoghi del dibattito e quelli del governo e decisioni. Quando riunificheremo questi due ambiti, rifonderemo una cultura di governo. Rispetto ad alcuni temi, anche etici, coinvolgere Michele Nicoletti, in quanto docente di etica politica, è un segnale di inclusione delle competenze che ci sono sul territorio. Lui e altri sono stati tenuti fuori..."

I famosi intellettuali sul pero, come li ha definiti Dellai...

"Appunto, chi li ha messi sul pero? La politica è spesso stata autoreferenziale, pensa di bastare a se stessa. Io non sono tuttologo, se sarò segretario non avrò una mia linea su ogni argomento; sarò un segretario che metterà al centro le competenze. La formazione politica, oggi, chi la fa? Chi si occupa di formare gli amministratori? La Scuola di Preparazione Sociale dove è finita?"

Il PD doveva essere il luogo dell’incontro tra cultura laica e cattolica. Come stiamo andando?

"E’ una delle sfide centrali: rispetto delle confessioni all’interno della laicità delle istituzioni. La piattaforma comune sono i diritti civili, quello è il luogo d’incontro tra laici e cattolici".

Appunto. E come van le cose?

"A livello nazionale, onestamente, la situazione non mi sembra brillante. Qui abbiamo un vantaggio: la storia del Trentino ha già fatto molta strada su questo tema, a iniziare dal modello cooperativo, nato per l’impegno di alcuni cattolici, ma che ha interpretato un bisogno trasversale, e così la Scuola di Preparazione Sociale. Le due sensibilità, quando si contaminano a vicenda, dandosi a riferimento due cornici comuni – laicità dello Stato e diritti delle persone – producono un progresso nella comunità".

Dellai è automaticamente il candidato del PD alle provinciali? O ci vorranno le primarie?

"L’8 giugno nasce il PD. Prima è impensabile, dal mio punto di vista, dire che Dellai sarà il nostro candidato: significherebbe condizionare da subito un partito che non ha ancora la sua rappresentanza. Se sarò segretario non do per scontato che Dellai sia il candidato alla presidenza, su questo va sentita l’Assemblea, vanno consultati gli elettori...".

Con le primarie?

"Non sono l’unico strumento. Vorrei uno strumento molto più aperto. Vorrei che non prefigurassimo nulla prima della nascita del PD".

Alberto Pacher

Alberto Pacher, 52 anni, psicologo, sposato con due figli, operatore al Servizio tossicodipendenze prima di passare al Comune come assessore alle politiche sociali (’93), vicesindaco di Dellai (’95) e sindaco dal ’98, dopo le dimissioni di Dellai, poi rieletto con maggioranze imponenti, il 69% nel ’99 e il 64% nel 2005.

La scheda su Pacher non è costituita da un’intervista: il sindaco, per quanto lo abbiamo cercato per cinque giorni, attraverso segretarie, segretario particolare, capo della segreteria e anche un consigliere comunale, non ha trovato il modo di parlare con noi, neppure per telefono. Il che potrebbe dirla lunga sulla reale apertura del candidato alla segreteria del "nuovo" Partito Democratico. In realtà il discorso è più articolato.

Alberto Pacher è una persona colta, sensibile, e queste doti sa comunicarle magnificamente. Quando parla a un’assemblea circoscrizionale o a una classe di studenti, incanta l’uditorio, perché, da ottimo operatore sociale, sa capire i problemi, anzi, sa rendersi partecipe. Su questo si fonda anzitutto la sua popolarità. E poi, caratterialmente, "veltroniano", cioè inclusivo. Soffre lo scontro, predilige sempre il confronto. Il che, in una fase costituente come quella del PD, momento di incontro di diverse culture, è un’ulteriore qualità. Non è un caso che lui, diessino (e in gioventù lottatore continuo), sia l’unico esponente della sinistra veramente apprezzato presso il popolo ex democristiano.

Però queste stesse belle doti diventano pesanti limiti quando si arriva al momento delle decisioni, quando il gioco si fa duro. Lì il mite Pacher si perde, e viene guidato da chi è più forte, deciso, determinato di lui. Oppure subisce le porcherie dei sottoposti sfrontati che non ha il coraggio di reprimere. Così ha lasciato l’urbanistica nelle mani dell’incredibile assessore Andreatta, e la città alla mercè degli immobiliaristi ammanicati (Il marcio al Comune di Trento, le responsabilità). E sul piano politico si è fatto dirigere da Dellai, quando non da Andreolli e dalla nomenklatura diessina.

Il suo avversario Mattia Civico sopra sottolinea come Pacher abbia supinamente seguito i diktat di Dellai contro la nascita del PD. Noi qui riportiamo un altro passaggio, emblematico. Tre mesi fa, al termine di una partecipata assemblea, i DS si sono sciolti, dando vita ai Democratici per il Partito Democratico. Il segretario diessino Remo Andreolli si è ritirato, dopo un accorato discorso ("Farò ancora politica, non più in testa, ma pedalando nel gruppo") e portavoce della nuova formazione viene acclamato proprio Pacher. Da allora che succede? Niente, i Democratici per il Partito Democratico scompaiono, Pacher è solo sindaco, sui giornali imperversa Andreolli, sempre presentato come "segretario dei DS".

A parte il lato grottesco, nella vicenda c’è una morale: Alberto Pacher, contro le nomenklature, è nullo. "Non ha le palle" si dice in giro. Come segretario del PD, sarà uno strumento nelle mani di altri.

Poiché, non da oggi, scriviamo queste cose, Pacher non ci parla più. Noi continuiamo a volergli bene: ma anche a pensare che non sia bene per nessuno che perseveri nel prestarsi ad essere foglia di fico, strumento in mani altrui.