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QT n. 11, 31 maggio 2003 Servizi

Caso Tretter, l’etica e la solidarietà dei politici

Tretter, le sentenze definitive e l’allegra brigata del Consiglio Provinciale.

Franco Tretter, ex-boss del Patt e, per un certo periodo, figura chiave della politica trentina, ha visto chiudersi le vicende giudiziarie che gli hanno stroncato la carriera. Nel giro di 48 ore la Cassazione ha pronunciato due sentenze con le quali si è definitivamente stabilito: 1) Tretter non è responsabile di peculato per aver utilizzato i fondi del gruppo consiliare per comperarsi dei vestiti; 2) è responsabile di furto per aver rubato orologi al gioielliere Leonardi di Rovereto.

Franco Tretter durante il primo grado del processo per gli orologi.

Sulla figura di Tretter e sulla sua parabola politica QT ha in tanti anni scritto parecchio (vedi Fine di un boss): politico ambiguo e populista, convinto di poter impunemente parlare a briglia sciolta (Tretter 2: lui ci prova
); personalità contorta e sommamente disinvolta; dedito a intrecci tra politica e affari (vedi Da Tretter alla speculazione, n° 10 del '95); precipitato in un dramma che l’ha distrutto, rendendolo umanamente vicino anche a chi altrimenti non può apprezzarlo (La verginità ritrovata).

Ma qui non vogliamo trattare di Tretter, bensì del mondo politico trentino. E di come esso ha reagito alle sentenze della Cassazione.

Una serie di accuse alla magistratura; un’accoglienza a braccia aperte del Tretter, reintegrato, con la prima sentenza, nel suo scranno in Consiglio provinciale; un’atmosfera da gita scolastica. Il combinato disposto delle due sentenze fa ritornare in aula una persona che ha rubato in una gioielleria e usato i soldi pubblici per rifarsi il guardaroba: e i rappresentanti del popolo fanno festa.

"Essendo Tretter un uomo d’esperienza, mi auguro che possa darci una mano ad affrontare con maggiore serenità la parte conclusiva della legislatura" - afferma il presidente del Consiglio Cristofolini dopo la prima sentenza.

"Sono felice per lui. Anche se il male che ha subito non glielo toglie più nessuno" - ha commentato Paola Conci del Gruppo Misto.

"Di certo non proverò nessun imbarazzo nel rivedere Tretter al suo posto nell’aula del Consiglio" - sentenzia dopo la definitiva condanna per furto Carlo Andreotti, presidente della Giunta Regionale.

Fino al surreale "Credo che tutto si possa dire di Tretter, ma non che sia un ladro di orologi" di Maurizio Perego (Forza Italia) indifferente al pronunciamento della Cassazione.

Che cultura sta dietro queste affermazioni? Tra i consiglieri esiste, sotterranea e inconfessata, la convinzione di essere una casta a parte, che si difende corporativamente? Abbiamo cercato di approfondire il discorso parlandone con gli interessati.

Carlo Andreotti.

"Io sono cresciuto in una famiglia di avvocati, con la cultura della sacralità della giustizia - ci risponde Carlo Andreotti, presidente della Giunta Regionale nonché del Patt e quindi compagno di partito di Tretter - Per questo sono sempre su posizioni estremamente garantiste. E al contempo sono stato profondamente deluso dalla magistratura - e mi sembra di essere in vasta compagnia - quando una sua parte ha iniziato a usare la sua alta funzione per fare politica. Soprattutto quando ha colpito il mio partito, con l’inchiesta sulle tessere, interrogando migliaia di cittadini per sapere se e perché erano iscritti al Patt".

Volevano verificare se ci fossero tessere false...

"Ma i partiti sono associazioni private, e del proprio tesseramento non devono rendere conto".

Può essere. Converrà però che il fatto che la vita politica della nazione sia fortemente condizionata dai partiti, e che questi possano essere governati da chi meglio falsifica, è un dato inquietante. (vedi Tessere false e democrazia, n° 5 del '97 ndr) Forse non è male scoperchiare questo pentolone.

"L’inchiesta aveva solo finalità politiche: è stata fatta contro il Patt, non contro la Dc o i Ds. Queste non sono cose su cui deve decidere la magistratura, ma gli elettori. Così per Tretter: decidano gli elettori se vogliono essere governati da un condannato per furto".

Ma lei voterebbe un condannato per furto? E come esponente politico, lo candiderebbe?

"La mia valutazione è negativa. Però a decidere è il partito. E comunque a Tretter, se decidesse di sottoporsi al giudizio dell’elettorato, andrebbe riconosciuto tanto coraggio".

Coraggio o faccia di bronzo?

"Il punto è che la decisione spetta al partito. E che la mia opinione è contraria alla sua candidatura. Ma penso che Tretter non chiederà di ricandidarsi"

E come valuta la sua prossima presenza in Consiglio? E’ un fatto positivo per la credibilità dell’istituzione?

"La legge lo consente. E poi va fatto un discorso generale: se un drogato smette, si disintossica, viene recuperato e poi si candida alle elezioni, perché non accoglierlo? Lo stesso principio non dovrebbe valere per Tretter?"

Di un pentimento di Tretter non c’è traccia. Non ha mai confessato, né chiesto scusa. Anzi: nel processo, ha introdotto delle testimonianze poi giudicate false, e i testimoni sono stati condannati a pene severe, sia pur per ora solo in primo grado.

"E’ il popolo, sono gli elettori, i titolari a valutare tutto questo".

Il presidente del Consiglio Mario Cristofolini (della Margherita) ha già affrontato il tema, replicando su L’Adige all’aspra lettera di un liceale, indignato per le reazioni dei consiglieri alle sentenze su Tretter.

Mario Cristofolini.

"Quella lettera mi è parsa eccessiva. La prima sentenza su Tretter riguardava l’utilizzo dei fondi dei Gruppi consiliari, e in questo caso c’è l’esigenza di garantire sia la trasparenza che la riservatezza. E l’assoluzione della Cassazione mi ha soddisfatto, perché indica la possibilità di spendere questi fondi correttamente".

Tretter, con quei fondi si è rifatto il guardaroba. E, grazie ai vostri regolamenti, questo non è reato.

"Non conosco l’uso fatto da Tretter di quei soldi. So che la Cassazione ha detto che sono stati usati correttamente. E di questo, nella mia carica istituzionale, sono contento. Quello che posso pensare come cittadino è un’altra cosa. Certo, la gestione dei fondi è da cambiare, perché la discrezionalità è un principio giusto, ma che non deve debordare".

Passiamo al furto.

"E’ un altro problema. Tretter viene reintegrato nel Consiglio perché assolto dal peculato. Dopo il furto, invece, tornare o meno dipende da lui. E lui dice che vuole tornare, e ne ha il diritto".

Ci si sarebbe aspettati da parte dei consiglieri un certo disagio: invece, braccia aperte.

"Ciò dipende dalle valutazioni dei singoli. Io, personalmente, un certo disagio lo provo, ma dal punto di vista istituzionale debbo avere con lui gli stessi rapporti che ho con gli altri consiglieri."

Lei rappresenta l’insieme del Consiglio. Come pensa che il cittadino valuti quest’accoglienza festosa a un condannato per furto, "caro Franco... c’è bisogno di te...". Non date l’idea di considerarvi una casta a parte?

"Quel ‘torna con noi’ non mi sembra così entusiasta. Ed è soprattutto legato alla sua inquisizione per peculato sui fondi consigliari, materia su cui tutti si sentono in qualche maniera conivolgibili: c’è il timore che la gestione di quei fondi possa essere sindacata dai giudici. Altra cosa invece è il furto degli orologi".

Paola Conci, dei Popolari per l’Europa, ha prontamente
accolto Franco Tretter nel Gruppo Misto.

"Dopo l’assoluzione dal peculato, nulla osta perché Tretter torni in Consiglio. E sta a lui scegliere se rimanere nel Patt o aderire al Gruppo Misto, che è stato creato proprio per queste situazioni di non definita collocazione politica. Poi c’è il punto di vista umano: io gli sono vicina anche nella cattiva sorte, con lui ho un rapporto di amicizia che dura da tempo. E per quanto riguarda il furto, non credo che sia stato tutto chiarito..."

Paola Conci.

Le ipotesi che si fanno sono ancora peggiori: che fra Tretter e Leonardi ci fossero rapporti di denaro prestato ad usura.

"Non voglio entrar nel merito".

Ma non vede un problema di etica nella politica? Come si fa a essere indifferenti al fatto che i rappresentanti possano essere ladri, o peggio?

"Io ho sempre tenuto all’etica nel mio fare politica: do importanza alla fede, ai valori, al volontariato... Il giudizio etico ognuno dovrebbe esercitarlo su se stesso. Non intendo fare io il giudice. E così per Tretter: il giudizio finale spetta a lui, non ad altri".

Ma le istituzioni, la loro credibilità, devono dipendere dalle private decisioni dei singoli?

"La credibilità delle istituzioni va di pari passo con la responsabilità delle persone. Se non recuperiamo quest’ultima, anche le istituzioni non recuperano credibilità".

Ma come si fa a recuperare la responsabilità, quando ci si rifiuta, come parte della collettività, di sanzionare, anche solo moralmente? Rifugiarsi nel "non sta a me" non è esprimere un’indifferenza etica?

"A sanzionare ci sono stati i magistrati: questo è il loro compito, non il mio. Mescolare i due livelli, politica e giustizia, non è bene. Ma questo non vuol dire che per me non sia basilare il riferimento etico".

Maurizio Perego (Forza Italia) chiediamo la conferma del suo giudizio, subito dopo la condanna per furto: "di Tretter tutto si può dire, tranne che sia un ladro di orologi".

"Confermo quelle parole. Ora, secondo la verità processuale Tretter è un ladro di orologi. Ma quella è una verità, non la verità. Un Tretter che ha un patrimonio personale tale da potersi comperare non gli orologi, ma tutta la gioielleria, non ha il profilo di un ladro d’orologi".

Maurizio Perego.

La tennista Jennifer Capriati era ancora più ricca di Tretter, ed è stata condannata per furto di vestiti.

"Allora è una cleptomane, non una ladra; così Tretter può avere un problema psichico, non essere un ladro".

Comunque, e anche fosse vera l’altra ipotesi di cui si parla, di prestiti, c’è il problema...

"Ecco. Forse la verità è un’altra. E’ questo che intendevo dire".

Sia furto, cleptomania, personalità disturbata o giri di denaro; con qualsiasi di queste ipotesi si apre il problema: è il caso che questa persona sieda in Consiglio e decida i destini della comunità?

"Il problema c’è. Ma non ci sono strumenti legali per risolverlo".

Oltre all’aspetto giuridico c’è quello politico: come i consiglieri valutano il problema. L’accoglienza festosa all’amico Franco non è certo stata un invito alle dimissioni.

"Sono d’accordo. Su questo non mi sono espresso perché non mi è stato chiesto. Io ho solo affermato che per me non è un ladro di orologi. Detto questo, Tretter dovrebbe avere il coraggio di dimettersi. Se poi anche la sua famiglia lo giudica incapace di intendere e volere, vuol dire che qualche problema c’è. E proprio perché credo di essere suo amico credo che lui farebbe bene a dimettersi."