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Luoghi comuni: sotto a chi tocca

Le stupefacenti considerazioni dello scrittore Ferdinando Camon sui rapporti fra Nord e Sud.

Sono un assiduo spettatore del "Processo di Biscardi", quella stravagante trasmissione di Tmc dove strillano, s’insultano, si danno sulla voce, fanno di ogni minuzia una tragedia e di ogni cacatina di mosca uno scoop, dicono tutto e il suo contrario da una settimana all’altra. Non che il calcio m’interessi molto: ne so ovviamente quel tanto da capire i ragionamenti (si fa per dire) di quei sedicenti esperti, ma la motivazione che mi induce a seguire il programma ha tutt’altra origine: è l’interesse quasi morboso nei confronti di una frazione di umanità i cui percorsi logici, le cui scale di valori mi sfuggono; che mi appare insomma totalmente aliena. Una curiosità, un desiderio di comprendere che malgrado ogni sforzo rimane a tutt’oggi frustrato, e che ormai dev’essersi tramutato in puro - e malsano - divertimento.

Con sentimenti più o meno di questo genere mi sono ritrovato dopo aver letto, sull’Alto Adige del 10 giugno, lo sfogo nordista dello scrittore Ferdinando Camon ("Quando il Sud prende in giro questo Nord"), che in realtà è semplicemente una versione colta e argomentata del diffusissimo "Io non sono razzista, però...", ma che a tutta prima sembra qualcos’altro, tanto stravaganti, manchevoli e contraddittorie appaiono le basi dei suoi ragionamenti.

Punto di partenza, sono alcune considerazioni apparse su un giornale nazionale a proposito della città di Treviso: una città - si legge - piena di "corna, un peccato piuttosto frequente in quelle contrade abitate dai cattolici più baciapile del pianeta".

"Baciano pile, quindi non lavorano - commenta sarcastico Camon espandendo retoricamente il senso di quella frase infelice -, non producono, non pensano, non hanno interessi, sono idioti oranti e cornificanti. Chiaro che la città dev’essere abitata da ‘bestioni" di vichiana memoria, quegli uomini non ancora uomini che temevano i fulmini del padreterno e per fare sesso si nascondevano nelle caverne: gli oranti-fottenti della pre-umanità".

Seguono altre citazioni tratte dai media nazionali, che Camon seleziona mescolando allegramente ulteriori stereotipi (i veneti beoni), e dimostrazioni di pura ignoranza geografica (Trieste "capitale del Friuli", una località del veneto localizzata là "dove l’Adige si va a buttare nel Po", o l’idea che Trento e Bolzano siano un tutt’uno.

Conclusione: secondo la stampa nazionale (che per Camon è come dire centro-meridionale), "il Nord è una terra ostrogota, anti-italiana, anti-civile, barbara. I barbari fottono, straparlano, strabevono e son razzisti".

Prima osservazione: non confondiamo l’ignoranza col pregiudizio. La prima può senz’altro favorire il secondo, ma è una cosa diversa (ci sono i mezzibusti meridionali che dicono Frìuli anziché Friùli, come ci sono i settentrionali che dicono Nuòro invece di Nùoro). E poi, l’esempio citato da Camon a proposito di Treviso non fa assolutamente testo: l’immagine che del Veneto e dei suoi abitanti dimostra di avere quel giornalista è un reperto archeologico risalente al Pietro Germi di "Signore e signori" (1966): il Veneto di oggi, nell’immaginario collettivo, non è più quello delle servette di facili costumi, degli ubriaconi, delle beghine e dei soldatini tonti. E’ semmai il Nord-Est che lavora freneticamente, che pensa solo ai denari e non si gode la vita, il paese dei padroncini che si son fatti la villa, un Veneto che dalla DC è passato in blocco alla Lega, e dunque anche un po’ razzista. Un’immagine anche questa stereotipata, come quella antica dei veneti tutti chiesa, adulterio e osteria; che però, come ogni luogo comune, ha qualche legame più o meno consistente con la realtà: non è proprio il sindaco di Treviso che ha pubblicamente proposto (scherzando, è ovvio...) di travestire gli immigrati da leprotti per far esercitare i cacciatori? Non è sempre lui che qualche anno fa ha eliminato le panchine dai giardini pubblici per impedire che gli extracomunitari ci dormissero?

Ma torniamo a Ferdinando Camon, che a questo punto ci spiega le sorprendenti ragioni della sua rabbia: "Questi giornalisti sono un nuovo tipo di razzisti. Non sanno quanto rendono improbo, e faticoso, e perdente il nostro lavoro, di noi che qui nel Nord continuiamo a parlare di ‘nazione unita’ e di ‘italiani fratelli’.

Ma perché tanta cattiveria nei confronti del Nord? "Per invidia. Se le loro città fossero come le nostre, l’Italia da sola farebbe come cento piccole nazioni europee. Non avrebbe i problemi che ha. I problemi (non tutti, certo, ma comunque tanti) vengono dalle ‘loro’ città, dove... producono valanghe di beni (ammesso che i cadaveri siano un bene), e ci sono aziende enormi, dai bilanci spaventosamente più grandi delle fabbrichette del Nord. Che queste mega-aziende si chiamino mafia, è un dettaglio che non cito, per non fare la figura del nordista".

Ma allora fra i "razzisti" meridionali che sparlano del Nord senza conoscerlo, e l’intellettuale Camon che lavora faticosamente per tenere unita la nazione, la differenza si riduce a questo: i primi hanno pronto uno stereotipo specifico per ogni regione, mentre il Nostro sembra relegare tutto quello che non è Nord (a sud del Po o della linea Gotica?) in una indistinta terra di nessuno dove regnano il degrado e la criminalità.

Come "esprit de finesse" non c’è proprio male...

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