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La democrazia è democratica?

Non sempre; ma finora non si è trovato di meglio.

Del tempo S.Agostino diceva: "Se nessuno me lo chiede, so cos’è. Se invece qualcuno me lo chiede e io cerco di spiegarglielo, non lo so più" (libro XI delle Confessioni).

La questione del tempo è assai complessa, e ancora oggi scienziati e filosofi si domandano cosa sia.

Credo che la stessa cosa si possa dire della democrazia: ciascuno di noi crede di sapere cos’è, se non ci pensa, ma se deve spiegarlo si imbatte in difficoltà e in contraddizioni.

Uno degli elementi essenziali della democrazia è senza dubbio costituito da libere elezioni, attraverso le quali si esprime la sovranità popolare. Dalle elezioni politiche nasce il Parlamento, con una maggioranza e una minoranza che si suppone corrispondano alla volontà popolare: la maggioranza è destinata a governare e la minoranza a esercitare l’opposizione. Ma è sempre così?

E’ lecito dubitarne. Non esistono infatti leggi elettorali che garantiscano risultati rigorosamente democratici. Anche la proporzionale, che più si avvicina all’ideale della corretta rappresentanza, non è in grado di impedire conseguenze antidemocratiche.

Immaginiamo che partecipino alle elezioni 10 partiti, uno dei quali raggiunge da solo il 46% dei voti, mentre gli altri 9 raggiungono ciascuno il 6%. E’ chiaro che la maggioranza relativa del Paese indica come partito di governo quello che ha raggiunto da solo il 46% dei voti. Ma gli altri 9 partiti (tra loro molto diversi e in ipotesi contrapposti per programmi e ideologie), si coalizzano in Parlamento e riescono così a formare una maggioranza (6% x 9 = 54%) e ad esprimere un governo. Di conseguenza il partito di maggioranza relativa resta in minoranza e va all’opposizione. E’ democratico tutto ciò?

Facciamo ora un esempio con la legge elettorale maggioritaria (vedi il bel libro di R. Bersani e E. Peres, Matematica, Corso di sopravvivenza, Ed. Ponte alle Grazie, 1998) e supponiamo uno Stato con un milione di elettori che devono eleggere 100 deputati (per eleggere un deputato ci vogliono quindi 10.000 voti).

Per semplificare, immaginiamo che i partiti siano due, i bianchi e i neri, e che gli elettori siano così divisi: 510.000 bianchi e 490.000 neri. Dividiamo il Paese in 100 collegi, ciascuno dei quali avrà 10.000 elettori per eleggere 1 deputato. Col maggioritario sarà eletto chi raggiungerà in ogni collegio il 50% + 1 dei voti.

E’ possibile prevedere il risultato, conoscendo in partenza gli orientamenti degli elettori, cioè 510.000 bianchi e 490.000 neri? No: tutto dipende dalla distribuzione degli elettori nei 100 collegi, che abbiamo detto essere composti ciascuno da 10.000 votanti. Se tutti i collegi oltre che eguali sono anche omogenei, cioè contengono un numero di bianchi e di neri proporzionale al totale (per esempio 5.100 bianchi e 4.900 neri), succederà che in ogni collegio vinceranno i bianchi, che avranno in Parlamento 100 deputati su 100, mentre i neri non avranno neppure un deputato. Di conseguenza ci sarà una maggioranza totalitaria, senza opposizione. Potremmo considerarlo un evento democratico?

Facciamo un altro esempio. Gli elettori sono sempre un milione, ma così distribuiti nei 100 collegi (di 10.000 votanti ciascuno): in 40 collegi ci sono 400.000 bianchi e neppure un nero; negli altri 60 collegi invece ci sono 294.000 bianchi (cioè 4.900 per collegio) e 306.000 neri (cioè 5.100 per collegio). Quale sarà il risultato? I bianchi vinceranno a man bassa in 40 collegi, eleggendo 40 deputati. I neri invece, pur essendo minoranza, vinceranno negli altri 60 collegi, eleggendo 60 deputati. La minoranza nel Paese avrebbe dunque la maggioranza in Parlamento. Sarebbe democratico?

Gli esempi fatti non sono frequenti nella realtà, almeno alcuni, ma non impossibili, anzi! In molti Paesi d’Europa sono le minoranze che governano grazie al sistema maggioritario, mentre le maggioranze sono all’opposizione.

Anche su piani diversi da quelli elettorali, procedure ugualmente democratiche possono dare risultati stravaganti e addirittura opposti. Facciamo il casi di uno studente che debba essere esaminato da tre professori (che chiameremo A, B e C) per essere promosso o bocciato. Supponiamo che, finito l’esame, i professori A e C, alla domanda se lo studente deve essere promosso, rispondano con un No (bocciato), mentre il professore B risponde con un Sì (promosso). E’ chiaro che essendoci due No e un Sì, lo studente sarà bocciato.

Se però agli stessi professori fosse data la possibilità di esprimere la loro propensione alla bocciatura o alla promozione con una percentuale anziché con un Sì o con un No, si potrebbe avere il risultato opposto.

Si osservi la seguente tabella:

Professori Promosso Bocciato

A 40% 60%
B 80% 20%
C 45% 55%
165 135

Come si può facilmente constatare, i professori A e C propendono per la bocciatura, mentre il professore B è favorevole alla promozione: due contro uno, come prima. Ma se si fa la somma delle percentuali favorevoli e contrarie, si vede che la prima (165) è maggiore della seconda (135), e quindi adottando questo sistema di voto lo studente viene promosso.

Ci sarebbero molti, anzi moltissimi altri aspetti da esaminare, ma per ora mi fermo qui. Chiedo ai lettori di riflettere sulla famosa frase pronunciata nel 1947 da Winston Churchill: "La democrazia è la peggiore forma di governo, eccezion fatta per le altre forme che si sono sperimentate finora".

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