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QT n. 11, novembre 2012 Servizi

Rigoberta Menchù e il Guatemala di oggi

Un premio Nobel dal Centro America ospite di Ora Veglia.

Rigoberta Menchù

Grande entusiasmo da parte di questa ambasciatrice di pace dallo sguardo alto e dolce come la Sierra Madre, per il progetto Guatemala curato da Ora Veglia per la riabilitazione e il reinserimento scolastico dei bambini malati di cancro. “Mi auguro che la collaborazione tra le nostre culture possa proseguire - ha detto nel ricevere la tessera onoraria dell’associazione - abbiamo un estremo bisogno di finanziare l’istruzione. I pochi istituti scolastici sono lontani dai villaggi contadini sparsi nelle campagne, questo è il nostro principale problema oggi, educare i cittadini guatemaltechi di domani, perché non cadano mai più vittime delle dittature. Anche se oggi le cose sono cambiate rispetto ai tempi delle guerra civile, la nostra rimane una terra povera e dove c’è povertà la democrazia è solo di importazione”. Nella sede di Ora Veglia Rigoberta Menchù ha raccontato il Guatemala moderno, una terra dove si parlano 23 lingue nazionali, con enormi difficoltà nei collegamenti e una popolazione poco scolarizzata: solo il 69% della popolazione sopra i 15 anni sa leggere e scrivere.

Non capita tutti i giorni ad una piccola associazione di volontarie come Ora Veglia di ospitare un premio Nobel. Oltre alla promozione dei diritti umani, memoria e Costituzione, Ora Veglia si occupa anche di cooperazione internazionale ed in questo momento proprio in Guatemala, terra d’origine di Rigoberta Menchù, premio Nobel per la Pace 1992 ed attivista della resistenza popolare guatemalteca per la difesa degli Indios.

Per 30 anni dal 1960 al 1990, sotto il regime militare del sanguinario dittatore Carlos Castillo Armas, il Guatemala fu dominato dalla più sanguinosa guerra civile dell’America Latina Moderna. Duecentomila morti civili, secondo la Commissione per la Verità sponsorizzata dall’Onu. Le forze del governo e i paramilitari furono responsabili del 90% delle violazioni di diritti umani durante la guerra. Durante i primi 10 anni, le vittime del terrore di Stato furono principalmente studenti, lavoratori, professionisti e personalità dell’opposizione di qualsivoglia tendenza politica, ma negli ultimi anni vi furono migliaia di vittime fra i maya contadini e non combattenti. Più di 450 villaggi maya vennero distrutti e oltre un milione di persone acquisirono lo stato di rifugiati.

La famiglia Menchú apparteneva al ramo Quiche della cultura Maya. Venne accusata di aver preso parte ad attività di guerriglia e il padre di Rigoberta, Vincente, fu catturato e torturato. Dopo il suo rilascio, Vincente entra a far parte del Comitato dell’Unione Contadina (CUC). Nel 1979, anche Rigoberta entra nel CUC. In quello stesso anno il fratello viene arrestato, torturato e ucciso dall’esercito. L’anno successivo, il padre viene ucciso quando le forze di sicurezza nella capitale presero d’assalto l’ambasciata spagnola, dove si era rifugiato con alcuni contadini. Poco dopo, anche la madre viene catturata e muore a seguito delle torture e delle violenze.

Nel 1981 la giovane attivista riesce a fuggire in Messico, da dove finalmente organizza la resistenza del suo popolo. Nel 1982 partecipa alla fondazione del corpo di opposizione comune, in rappresentanza del Regno del Guatemala Opposizione (RUOG). Nel 1983, racconta la sua storia all’antropologa Elisabeth Burgos Debray. Dal racconto nasce il libro intitolato “Rigoberta Menchú”, un documento di straordinario valore umano, letto e diffuso in tutto il mondo.