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QT n. 8, settembre 2010 Servizi

Comunità di valle: via da Trento?

Intervista a Luca Paolazzi, due tesi di laurea in materia

Luca Paolazzi, giovane politologo

Il successo delle Comunità di valle (www.comunitatn.it) dipenderà dalla capacità dei comuni di cooperare tra loro. Senso di comunità, quindi, che va oltre il campanilismo.

Luca Paolazzi, 24 anni, lavisano laureato in Scienze politiche, ripone molte speranze nell’ente che prenderà il via ufficialmente dopo le elezioni del 24 ottobre. Tanto da avergli dedicato ben due tesi di laurea (consultabili al sito www.questotrentino.it).

Un’intervista, la nostra, tra giovani idealisti che vedono un mondo con confini territoriali labili. Ma la consapevolezza è quella di una classe politica locale generalmente attempata, che invece ha un orizzonte spaziale più limitato. La campagna elettorale (le liste potranno essere depositate fino al 21 settembre) ha mostrato poca vivacità finora sul piano delle candidature: è prevalsa la logica della spartizione e delle segreterie trentocentriche. Con il rischio di causare ancora più disinteresse nell’elettorato. Paolazzi nonostante tutto ci crede.

Quale sarà la prima prova di tenuta per le comunità?

Penso si vedrà già dopo un anno, quando ci si troverà a dover redigere i Piani territoriali di comunità. Lì si capirà se prevale la logica della spartizione o quella di un disegno omogeneo del territorio.

Perché non si è preferito incentivare la riduzione del numero dei comuni?

La legge sull’unione dei comuni è del 1990 ma non ha portato a grandi risultati. In val di Ledro hanno impiegato molti anni per arrivare al risultato attuale. Servirebbe una ristrutturazione generale della classe politica, attivando logiche cooperative. Comunque i comuni non si possono tagliare se non in modo fascista, sono troppo forti le basi sentimentali.

L’urbanistica sarà quindi la base fondativa delle comunità.

Il Piano urbanistico provinciale del 1967 viene ancora studiato in molte università d’Italia, perché ha salvato dallo spopolamento la montagna dando concretamente a tutti i trentini gli stessi diritti di cittadinanza. Il Piano urbanistico provinciale del 2008 già si configura come una legge quadro, snella, che punta sulla sussidiarietà, la cooperazione, l’internazionalizzazione dell’economia.

Non c’è il rischio che con le comunità l’autonomia diventi ancora di più Trentocentrica?

Il paradosso è che la Provincia di Trento è l’ente più autonomo d’Italia, ma non è mai riuscita a decentrare il potere sul territorio. Molti comuni non hanno atteso i Piani territoriali di comunità, ma hanno portato nuovi Prg o varianti a ridosso delle elezioni del 16 maggio. Il consumo di suolo è un aspetto molto pericoloso, perché viene utilizzato dai comuni per poter pagarsi le spese di funzionamento.

Quali dubbi hai su questa riforma?

Si chiede a chi teoricamente ha meno interesse di tutti, cioè ai comuni, di essere il pilastro dell’intera riforma. Le competenze della comunità sono molte, ma il trasferimento delle risorse dei comuni deve avvenire su base volontaria. La comunità vuole essere un ente di area vasta, curando problemi che non sono né provinciali né comunali e provando quindi ad ottenere economie di scala sulle dimensioni.

Le competenze

  • Assistenza ed edilizia scolastica
  • Assistenza e beneficenza.
  • Edilizia abitativa pubblica e sovvenzionata.
  • Urbanistica.
  • Espropri per interventi d’interesse sovracomunale
  • Programmazione economica locale.
  • Accordi di programma nelle materie: agricoltura, foreste e alpicoltura, incremento della produzione industriale, sviluppo della montagna, artigianato, fiere e mercati, miniere, cave e torbiere, turismo e commercio.
  • Infrastrutture a carattere sovracomunale.
  • Opere e interventi d’interesse locale a carattere sovracomunale relativi alla prevenzione dei rischi, alla protezione, alla gestione dell’emergenza e al ripristino dei danni da calamità pubbliche.
  • Servizi pubblici: ciclo dell’acqua, dei rifiuti, trasporto locale, distribuzione dell’energia.