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Libertà religiosa a rischio?

Il crocifisso e l’Europa: per fortuna che Silvio c’è

Crocefisso a scuola

L’occidente cristiano pare sia in pericolo, e quindi anche l’identità dell’Austria cattolica, per non parlare della specialissima “Tirolesitá” nostrana, almeno giudicando da agitate dichiarazioni da parte di Capitani a Cancellieri ed ancor più agitate mozioni parlamentari. Ma stavolta non si temono i cosacchi che stanno per abbeverare i cavalli nelle fontane di San Pietro, e nemmeno i Turchi sotto le mura di Vienna. Sebbene in pochi lo abbiano capito, il nemico non è nemmeno la Corte di Giustizia dell’UE. Il nemico è la seconda sezione della Corte di Giustizia per i Diritti Umani di Strasburgo, che è un’istituzione del Consiglio d’Europa e dei suoi 47 stati membri.

Attivata da una famiglia finlandese emigrata in Italia (alla quale ha decretato anche 5.000 euro per danni immateriali), con la sentenza n. 30814/06, la Corte ha stabilito che i crocefissi nelle aule violano il diritto fondamentale (di cui all’art. 9 della Convenzione Europea sui Diritti Umani) alla libertà religiosa, che comprende naturalmente anche la libertà di essere non credente, e la libertà “negativa” di non subire costrizioni da parte dello Stato. Chi capisce il francese, può leggere la sentenza sul sito www.echr.coe.int. Il succo si trova nei paragrafi 48 - 56: “Lo Stato è obbligato ad astenersi, nei luoghi dove gli individui sono dipendenti da lui, o nelle circostanze in cui siano particolarmente vulnerabili (appunto, i giovani nelle scuole, che devono ancora sviluppare la capacità di ragionare liberamente, n.d.r.), dall’imporre loro, anche in modo indiretto, una particolare religione”. Siccome la scuola, in democrazia, deve educare i giovani “in modo oggettivo, critico e pluralistico”, essa dev’essere neutrale rispetto alle varie confessioni. Insomma, il cittadino può ben esibire simboli religiosi, poiché il trovarsi di fronte ai “diversi” fa parte del processo educativo al pluralismo e alla convivenza, mentre lo Stato, là dove esercita la sua autorità, come nelle scuole, non può imporre i simboli di una qualche religione.

Una legge che impone i crocefissi nelle aule “perché la maggioranza degli studenti professa la sua adesione a una religione cristiana”, come recita l’art. 2 bis della legge federale sull’insegnamento religioso del 1962, è dunque anticostituzionale, la Convenzione sui Diritti Umani facendo parte integrale dell’ordinamento costituzionale, sebbene faccia parte anche di un trattato fra Stati, cioè col Vaticano; un bel rompicapo per i costituzionalisti.

I vescovi austriaci sono caduti dalle nuvole e hanno gridato allo scandalo. La Corte avrebbe distorto ogni concezione della libertà religiosa. Prossimamente, il laicismo caccerà la religione dalla società civile. Sciocchezze. Ognuno è libero di professare le sue credenze, nessuno vuol chiudere cattedrali ed abbazie, ma lo Stato deve astenersi dal manifestare preferenze per una determinata religione.

Invece, succede il finimondo. Tuona il Capitano Platter: “L’Unione Europea (la quale non c’entra, ma si sa, ogni male viene da Bruxelles, n.d.r.) ha dato un esempio miserabile. La Fede cristiana e i suoi simboli appartengono all’identità tirolese. Non vogliamo esserne privati. Anche la UE ha bisogno di valori”. L’ex-cancelliere Schüssel ha perfino proposto una mozione parlamentare, sottoscritta anche dai socialdemocratici, che ipotizza che questa sentenza “potrebbe alla fine violare il diritto fondamentale di liberamente professare la propria fede in spazi pubblici” (ancora: questi crociati non capiscono la differenza fra individuo e Stato) e chiede al governo di assicurare la presenza dei crocefissi nelle aule. Mozione votata, il 19 novembre, da tutti i partiti tranne i Verdi.

E dire che il ministro (popolare) degli esteri tre giorni prima, aveva votato le conclusioni del Consiglio UE che sottolineava come “la libertà religiosa appartenga, senza distinguo alcuno, a tutte le persone, e si riferisca a tutte le credenze, ivi inclusi l’ateismo e l’agnosticismo”.

Nel consiglio comunale di Innsbruck, invece, una mozione simile a quella parlamentare, ha fatto plof. Il vicesindaco (popolare anche lui) non l’ha ammessa, perché contraria al regolamento. Siccome le sentenze della Corte impegnano gli stati firmatari della Convenzione, non spetta ad un organo della Repubblica criticare la Corte. Ognuno è libero di pensare e dire quel che vuole, ma il Consiglio taccia. Ineccepibile. La presidentessa (socialdemocratica) del parlamento non aveva avuto lo stesso coraggio...

La questione, visto che Berlusconi difende la religione a spada tratta e il governo italiano ha impugnato la sentenza, passerà ora alla seconda Speriamo che i veri credenti si vergognino.