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QT n. 9, ottobre 2009 Trentagiorni

Abruzzo, la realtà e lo show

Berlusconi per farsi bello a Porta a Porta ha scippato le casette costruite dalla Pat, finanziate dalla stessa e dalla Croce Rossa, questo è noto. Meno noto è che l’insieme della “ricostruzione” post terremoto, se non proprio l’ennesima bufala mediatica, è comunque un grande palco, gestito con indubbia - seppur discutibile - professionalità dal commissario Bertolaso, che ha risolto alcuni problemi, altri ne ha creato, ma che comunque è lontano le mille miglia dall’aver avviato a soluzione il trauma del terremoto. Mentre invece, potenza delle manipolazioni mediatiche, l’insieme dell’opinione pubblica pensa il contrario, magari - gli antiberlusconiani - di malavoglia.

Una pregiudiziale inizia ad apparire chiara: di ricostruzione non è il caso di parlare, i centri storici crollati sono ancora transennati, le macerie ancora lì, l’attività è tutta concentrata nel costruire il nuovo, abitazioni più o meno emergenziali.

Chiarito questo, che come vedremo è un dato che pesa, e vieppiù peserà come un macigno, rimane comunque il tema emergenza, se e come si sta dando un tetto agli sfollati, in una stagione, l’autunno, in cui le temperature in Abruzzo incominciano ben presto a diventare rigide. “Entro il 30 settembre smantelleremo tutte le tendopoli!” aveva proclamato Berlusconi. La realtà lo sta crudamente smentendo.

Aggiorniamo i dati e le valutazioni da noi fatti nel nostro reportage del numero di luglio (Che sarà di noi?): gli sfollati senza casa perché distrutta, o gravemente lesionata, o inserita nelle pericolanti zone rosse sono circa 30.000. A questi va aggiunta una seconda categoria di sfollati, quelli le cui abitazioni sarebbero agibili attraverso interventi leggeri: “una categoria del tutto trascurata: non si sanno le procedure da seguire, non esistono neanche i formulari per gli adempimenti burocratici - ci dice Angelo Venti, direttore del giornale online “site.it” - insomma si è perso tutto questo tempo per casi che potevano essere risolti anche facilmente, magari con spese di 10.000 euro o poco più”. Questa gente non può vivere in casa né vi potrà a breve rientrare, e sono tanti, almeno altri 35.000.

A fronte di questi 65.000 senza tetto, cosa sta offrendo il governo? Oltre alle casette di legno della Pat, si stanno costruendo, e di gran carriera, i moduli abitativi del progetto CASE, i condomini su piattaforme antisismiche: “pronti per il 31 dicembre!” garantisce Berlusconi, dopo aver garantito “per il 30 settembre!”. In realtà di alcune piattaforme non sono state ancora gettate le fondazioni, è quindi nella logica delle cose che Berlusconi faccia ulteriormente slittare le sue promesse fino alla primavera inoltrata. Ma il punto grave è un altro: nei condomini CASE alloggeranno 15-16.000 sfollati. E gli altri?

“Oggi ci sono 80-90 tendopoli ancora aperte, che ancora ospitano circa 10.000 persone” afferma Venti.

Bisogna traslocarle in fretta: parte nelle caserme, e soprattutto negli alberghi. Si prorogano le permanenze negli alberghi della costa, e si attivano gli alberghi dell’entroterra, anche a 70 chilometri di distanza. La comunità si sfilaccia. E i costi crescono, senza risolvere il problema: una famiglia di 4 persone in un albergo della costa, viene a costare 6.000 euro al mese: per dieci mesi sono 60.000 euro, per cinque mila famiglie sono 300 milioni. “E sono tutti soldi sottratti alla ricostruzione” sottolinea Umberto Trasatti, segretario provinciale della Cgil.

Il dubbio che si insinua è che forse la strategia di fondo è sbagliata. Si stanno spendendo i - pochi - soldi stanziati per azioni di corto respiro. Anche su quello che pur va avanti bene, i condomini CASE, ci sono perplessità di fondo. “Questi agglomerati costituiscono le famose new town - afferma Angelo Venti - Ma sono new town senza town, senza città, L’Aquila non viene recuperata. Il disegno urbanistico viene stravolto, il tessuto sociale compromesso”.

Il discorso sociale si interseca con quello economico. “I condomini CASE stanno costando 2.700 euro a metro quadro - dice Trasatti - Stanno prosciugando i soldi per la ricostruzione”.

Come avevamo spiegato nel nostro servizio di luglio, l’economia aquilana è fondata soprattutto sull’attrattività della città e del suo centro storico. È la piacevolezza di una bella e tranquilla città il capitale sociale alla base di tutta una serie di attività, a iniziare dalla prima azienda aquilana, l’università, con i suoi 20.000 studenti fuori sede. In questo frangente il governo è venuto incontro all’università ferita, ed ha esentato per tre anni dalle tasse universitarie gli iscritti alle facoltà dell’Aquila; e gli studenti sono accorsi numerosi. Ma ora non si sa dove alloggiarli.

Gli aquilani incominciano a temere che non ci siano vie d’uscita. “Insisto: si doveva istituire una tassa di scopo” afferma Trasatti.

Ma il governo non ha voluto. Il totem dell’infame ideologia anti-tasse ha vinto ancora; gli abruzzesi hanno perso.

Intanto però sui media...