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La commedia è finita

Centro commerciale Tyrol: ultimo atto?

Dopo la pomposa presentazione del "nuovo" progetto, al posto del silurato progetto vincente del concorso per il nuovo centro commerciale nella Mariatheresienstrasse, il quale, secondo gli autori, sarebbe un compromesso fra rispetto dell’insieme tradizionale e linguaggio architettonico contemporaneo, ma che in verità è una spaventosa banalità qualunquistica (vedi Questotrentino n 9/2007 del 5 maggio), le reazioni, soprattutto nel mondo della cultura, sono state vivacissime, mentre al tirolese medio la cosa non fa né caldo né freddo. Anzi, secondo un sondaggio presentato dai progettisti, alla maggioranza dei cittadini piace, perché non "provoca", visto che non è né troppo moderno né troppo tradizionale. Però, distruggere due palazzi di un insieme per poi metterci non qualcosa di nuovo, ma una nullità, non mi pare che sia una strategia intelligente di sviluppo urbano.

Proteste generali, dicevo. "Karstadt in Buxtehude", titolava la Presse di Vienna – il che si tradurrebbe, ad occhio e croce, come "Upim a Vercelli", cioè un emporio qualsiasi in una cittadina qualsiasi.

"Adeguato alla ricostruzione post-bellica di Beirut", brontolava la presidentessa (ultra-conservatrice) della commissione provinciale per la protezione dei centri storici.

"Sono esterrefatto" - si è fatto sentire da Parigi, via e-mail, Dominique Perrault, l’architetto del nuovo municipio.

"Questo progetto non avrebbe mai potuto vincere un concorso urbanistico" – hanno sentenziato in una lettera aperta l’Ordine degli architetti, di regola molto prudente quando si tratta di criticare un collega, ed altre associazioni, fra cui l’Aut, il centro di architettura contemporanea di Innsbruck.

"Banalità di periferia", hanno scritto tutti i docenti della facoltà di Architettura. I cui studenti hanno aperto un apposito sito Internet per informare quotidianamente sulla protesta.

Otto Kapfinger, storico dell’architettura ed autore di un pregevole testo sull’architettura tirolese dell’ultimo mezzo secolo, da Vienna ha scritto: "La caricatura di una maschera di morte: una costruzione sedicente nuova, mirante ad adeguarsi all’insieme esistente, che in realtà non è che una grossolana imitazione di quello che c’era". Qualcuno ha perfino citato certi aspetti dell’architettura fascista.

Insomma, un disastro per il prof. Hueber del Bundesdenkmalamt, l’ente federale per la protezione dei monumenti, che aveva dichiarato tutta la strada nel suo insieme "monumento di importanze nazionale" – e vero autore del progetto, visto che l’architetto doveva lavorare sotto il suo stretto controllo. Coincidenza strana, insomma: l’esperto del ministero prima sviluppa il progetto, come "consulente" del progettista, e poi scrive la perizia su cui si basa l’ordinanza ministeriale che autorizza il progetto!

Ma trattandosi del patrimonio "storico" del paese, la cosa sembra sia autorizzata dalla legge in materia. Insomma, non è illegale. Anche se...

Perfino al direttore del Denkmalamt provinciale, caduto dalle nuvole, il nuovo progetto faceva schifo. Lasciava intendere che magari avrebbe potuto autorizzare anche un progetto alternativo, uscito – non si sa bene come – da un fantomatico nuovo concorso. Oppure che nell’ente era in corso una discussione sull’opportunità di mettere sotto protezione intere strade. Insomma, una piccola scintilla di speranza.

Sono seguite trattative intense fra investitori, rappresentanti dell’Ordine degli architetti, assessori comunali. Per qualche giorno sembrava perfino che gli imprenditori avessero seguito un’infernale quanto geniale strategia: presentare quel progetto schifoso solo per seminare il terrore e poi fregare l’ente di protezione, che si sarebbe trovato in una posizione insostenibile, costretto a ritirare l’ordinanza di protezione e ad autorizzare un ipotetico nuovo progetto, gradito sia agli investitori che agli esperti.

Ma dopo una lunga riunione del vertice dell’ente per la protezione, ecco la doccia fredda: l’ordinanza resta in piedi, anzi, pare che l’ente voglia mettere sotto protezione ulteriori parti della città, in barba alla legge provinciale sulla protezione dei centri storici, più possibilista sul dialogo fra tradizione e contemporaneità, più aperta sul tema dello sviluppo urbano.

"La commedia è finita", ha detto alla radio l’imprenditore Benko, ora costruiamo questa schifezza in quanto autorizzata dal ministero, punto e basta. E ognuno si assuma le proprie responsabilità. Le ruspe già c’erano. La demolizione delle vecchie strutture, mentre scriviamo, è in corso.

C’è ancora chi sogna un nuovo concorso, ristretto, fra alcuni architetti di rilievo internazionale, per produrre un’alternativa che magari potrebbe convincere anche i protezionisti. La speranza è sempre ultima a morire.

Ma è probabile che dovremo adeguarci a questo trionfo della conservazione pigra e stupida in una città che, negli ultimi decenni, aspirava a diventare la capitale dell’architettura contemporanea dell’Austria.