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QT n. 8, 21 aprile 2007 Servizi

Il museo che verrà

La nuova attrattività delle mostre scientifiche: il senso di un investimento e la mission del nuovo Centro della Scienza.

Della "Scimmia Nuda", la mostra allestita al Museo Tridentino di Scienze Naturali, e dei tanti – appassionanti o inquietanti – interrogativi che solleva, parliamo in apposito articolo (Uomini e animali: che differenza c'è?). Qui lasciamo i grandi temi – primordi e destini dell’umanità – per affrontarne altri, al confronto più spiccioli, ma più vicini: il senso di queste operazioni culturali, la realtà odierna e quella del prossimo futuro di un museo alla vigilia di un grande salto di qualità. Sì, perché il Museo di Scienze sta per trasformarsi in "Muse", questo il nome, provvisorio, del Centro della Scienza che, disegnato da Renzo Piano, sorgerà in riva all’Adige nell’ex-area Michelin.

Riproduzione dell'Uomo di Neanderthal alla mostra "La Scimmia Nuda".

Partiamo dalla "Scimmia Nuda", in cui è evidente un percorso, già avviato da anni, teso ad innovare la comunicazione. Proporre attraverso un percorso temi scientifici, non è semplice, si rischia di di stancare anche fisicamente il visitatore: il mix di reperti più tatsebao esplicativi è difficile che appassioni. Soprattutto se gli oggetti messi in mostra non hanno la straordinaria forza evocativa che possono avere alcuni originali (la mummia di Oetzi, per fare un esempio).

Eppure la "Scimmia Nuda" cattura l’interesse. Nonostante esibisca soprattutto calchi e riproduzioni (notevolissime peraltro quelle dell’Uomo di Neanderthal - foto a lato -e del primo Homo Sapiens), oppure oggetti non straordinari, che però inseriti in un appropriato contesto acquistano una inquietante capacità evocativa: come nella stanza degli ecocidi, dove in breve diventa insostenibile la vista di alcune banali borsette e ciondoli per turisti, realizzati però con parti di animali in via di estinzione.

Forse il pregio maggiore è quello di svelare nuove cose o nuovi aspetti di cose conosciute, suscitare interrogativi, aprire nuove finestre nella mente. Come quando, premendo combinazioni di tasti rappresentanti semplici simboli, si riescono a comunicare brevi frasi dal senso compiuto, esattamente come aveva imparato a fare, con un centinaio di simboli, uno scimpanzè.

E’ evidente, pensando alle varie mostre che si sono susseguite a Palazzo Sardagna, un’evoluzione nelle tecniche espositive, nello stesso concetto di comunicazione, via via più raffinato.

"Sì, stiamo costruendo i nostri saperi su questi argomenti – ci risponde il direttore Michele Lanzinger, sciorinandoci testi e riviste su "cultura interattiva" "comunicazione scientifica" "progettazione culturale" - Da quando il museo è passato da luogo di conservazione a luogo di mediazione culturale e di apprendimento informale, questo è uno dei punti su cui più lavoriamo.. I temi, in questo caso quelli correlati all’evoluzione dell’uomo, sono proposti per una lettura attraverso diversi filtri, che non sono solo quelli dell’apprendimento, ma anche quelli della suggestione: tramite gli oggetti artistici o le interazioni multimediali, la musica, i filmati. Tutto questo lo chiamiamo ‘opera totale’. Come andare a teatro".

E’ chiaro che un progetto così ambizioso, che vuole coniugare rigore scientifico e piacevolezza della fruizione, incontra degli ostacoli. Anzitutto: chi si deve soddisfare? Lo studioso? Il profano appassionato della materia? Quello che ne conosce qualcosa e vorrebbe approfondire? Quello che non ne sa proprio niente?

Michele Lanzinger, direttore del Museo Tridentino di Scienze Naturali.

Chi scrive (che va situato nella terza delle categorie appena citate) ha trovato la parte centrale della mostra, quella propriamente dedicata all’evoluzione, esaustiva e appassionante, leggibile a diversi livelli (intanto imparo alcune cose, poi magari ripasso e approfondisco, ché ne vale la pena); mentre invece le tante tematiche correlate, e trattate in molteplici sale (rapporto tra religione ed evoluzione, razzismo, differenze e analogie fra uomo e animali, l’autodistruzione ecologica, per citarne alcune) sono parse una semplice illustrazione dell’argomento. Della serie: bello, interessante, vorrei saperne di più, ma... è tutto qui?

"Questo è il classico problema: quanto dobbiamo essere esaurienti? – ci risponde Lanzinger – Siamo stretti tra le risposte da dare al visitatore interessato a saperne di più e la capacità di suscitare interesse nel visitatore che non sa niente. Noi prendiamo come riferimento un visitatore medio e gli approfondimenti li lasciamo a particolari apparati, a iniziare dal catalogo. Non solo, nella sala video stiamo installando (già operativa per quando QT è in edicola, n.d.r.) una emeroteca con possibilità di tutta una serie di letture che permettono di approfondire. Il fatto è che nelle mostre bisogna stare fisicamente bene, essere a proprio agio: il visitatore non può approfondire un argomento mettendosi a leggere, in piedi, dei manifesti murali, bisogna creare un’area apposita".

Ecco quindi il nuovo concetto di mostra preludere a quello di nuovo museo: un percorso da intraprendere in tappe successive, con soste in alcune aree, momenti di relax e, se si è in compagnia, di discussione.

Oggi e domani

Il museo attuale (dati 2006)
Visitatori: 125.000
Studenti alle attività didattiche: 79.000
Ricercatori: 38
Pubblicazioni scientifiche: 1.711 pagine
Eventi organizzati: 337
Mostre temporanee: 11
Superficie: 5.100 mq
Bilancio annuale: 6 milioni

e quello nuovo
Superficie: 14.000 mq
Costo annuale: 7 milioni
Costo di costruzione: 35 milioni
Costo allestimenti permanenti: 7 milioni

Nei musei all’avanguardia si può passare una intera giornata: tra visita, approfondimenti, passeggiate, pranzo, relax, discussioni. Il tutto in un ambiente ampio, rilassante, possibilmente con una vasta proiezione all’aperto. Per questo, a nostro avviso la "Scimmia Nuda" chiama il Centro della Scienza. L’attuale bella mostra, nel pur prezioso Palazzo Sardagna è depotenziata: costretta in ambienti straordinari eppur angusti, con le pareti affrescate ricoperte da pannelli in cartongesso, un ambiente che dopo alcune ore diventa pesante: il visitatore cerca aria, un caffè, magari un tramezzino.

Ecco quindi l’attualità del nuovo Museo. "Che però – mette le mani avanti Lanzinger – non deve essere visto come un mostrificio, con scopo primario la massimizzazione dei biglietti di ingresso".

Bene, niente proclami altisonanti. Anche perché ricordiamo ancora quando la direttrice del MART Gabriella Belli e l’arch. Mario Botta magnificavano il loro nuovo museo come uno dei centri di attrazione più importanti d’Europa.

"Comunque di sicuro l’ampiezza del museo, l’essere immerso in un parco sul fiume, la contiguità con il palazzo delle Albere – prosegue Lanzinger – potranno farne un punto di attrazione. Diciamo in un raggio di 200 km, un buon motivo per venire a Trento".

Il nuovo Centro della Scienza, come abbozzato da Renzo Piano: al piano terra la zona liberamente fruibile, affacciata sul Parco e connessa al Palazzo delle Albere; al primo piano le grandi mostre temporanee; a partire dall’ultimo la permanente, sulle Alpi, i ghiacciai, e a scendere la natura alle quote inferiori, per finire a destra la grande serra con la foresta pluviale africana. All’esterno installazioni nel parco, fino a collegarsi, all’estrema destra, con le rive dell’Adige.

Questo per il turismo. Ma il Centro si caratterizzerà anche come struttura per i trentini: aperta al piano terra, in una zona che diventerà di passaggio, con accesso gratuito al parco, bar, mediateca, piccole mostre temporanee, esposizioni sui temi del risparmio energetico, insomma uno spazio collettivo. Poi al primo piano le mostre temporanee a pagamento. E quindi la mostra permanente agli altri piani, a partire dall’alto con le Alpi e i ghiacciai, e quindi, a seguire, il percorso dell’acqua, fisicamente presente, le quote inferiori, la montagna antropizzata e poi il mondo della scienza e della tecnologia letto soprattutto come ricerca orientata alla sostenibilità ambientale.

E per finire, una grande serra con la foresta tropicale, che riproduce l’habitat della montagna africana, per introdurre il principio della compartecipazione ai problemi globali del pianeta. Insomma, "una macchina culturale che non racconta il passato del Trentino, ma si rivolge al futuro, alla mission del Trentino".

In effetti il nuovo Centro, con un costo di oltre 40 milioni, difficilmente si giustifica come mero museo naturalistico. E’ ben altra cosa invece, se diventa la vetrina, l’esposizione permanente nota in tutta Italia, del Trentino del futuro, a cavallo tra ambiente e tecnologia.

Qui riprendiamo un discorso che abbiamo già svolto: i prossimi decenni, caratterizzati dall’accesso allo stile di vita occidentale di miliardi di nuovi consumatori (a iniziare da cinesi e indiani), saranno gli anni delle emergenze ambientali. Con una sola soluzione (oltre a quella, apocalittica, della guerra planetaria): il rivoluzionamento dei modi di produzione e consumo, sulla falsariga di quanto abbiamo incominciato a vedere con Kyoto o le normative Euro 4, ecc. In questa rivoluzione l’Italia è indietro; il Trentino comincia ad attrezzarsi. Un grande Science Center può essere un momento di esposizione e pubblicizzazione di questo corso.

"Intendiamo essere momento attivo all’interno della società della conoscenza su cui il Trentino sta investendo – conclude Lanzinger – Il Muse lo proporremo come luogo di comunicazione fra la ricerca scientifica e la società. La nostra produzione scientifica, con i nostri 40 ricercatori, è primaria nel campo delle scienze naturali; e la nostra capacità divulgativa è già, e sarà sempre più orientata, in rapporto con l’Università ma anche con i privati, a diffondere i risultati delle ricerca tecnologica orientata alla sostenibilità".

Una mostra coraggiosa

Fa specie vedere una mostra sull’evoluzionismo in questi tempi di ritorno del clericalismo e poco dopo il tentativo di un ministro dell’Istruzione di cancellare Darwin dai programmi scolastici. Un’iniziativa quindi non scontata, e che non si nasconde nemmeno in diplomazie farisaiche: una sala è dedicata proprio al conflitto tra scienza e credenze religiose che si ebbe in passato (solo in passato?) sulla cosmologia in genere, e su Darwin in particolare. “La mostra è stata concepita due anni fa, all’interno dei “Darwin Days”, il 12 febbraio, compleanno di Darwin, festeggiato dai musei scientifici di tutto il mondo per ragionare sull’evoluzionismo – ci risponde il direttore Michele Lanzinger – Avevamo preso questa decisione con una chiara motivazione: osteggiare la cancellazione dell’evoluzionismo dai programmi scolastici, effettuata (e poi rientrata) dalla Moratti. Di qui la “Scimmia Nuda”, coprodotta con i musei di Torino ed Udine, e in attesa di circuitare in altre sedi”.
Avete avuto problemi?
“No. La nostra è una mostra dichiaratamente evoluzionistica, ma rispettosa degli altri pensieri, relativi al trascendente e allo spirituale. Il che ritengo sia ben rappresentato in un video, che riporta il confronto tra due scienziati, uno laico e uno cattolico: ed entrambi convengono che scienza e religione viaggiano su binari separati, e non è compito dell’una spiegare l’altra”