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L’acqua è di tutti

Chiara Rossi

Apparentemente non c’è collegamento fra la privatizzazione di un bene primario come l’acqua e la riforma istituzionale da poco approvata dal Consiglio Provinciale. Invece, se avrete la bontà di seguire il filo degli avvenimenti, vi renderete conto di quanto sono intimamente legate.

L’hanno chiamata la riforma delle riforme e non a torto, visto che il suo compito era rivedere tutta l’architettura istituzionale del Trentino. Inoltre, erano 20 anni che ogni legislatura tentava di affrontare il tema, ma in questo periodo più disegni di legge sulla materia hanno preso l’avvio e sono naufragati ancor prima di affrontare l’aula consiliare. Per capire il perché di tanta difficoltà bisogna fare un po’ di storia.

Tutti hanno sentito parlare in questi anni della necessità di eliminare i Comprensori, definiti “carrozzoni”, enti inutili ed altro ancora. Questa era una delle finalità della legge di riforma istituzionale: annullare questi enti inutili e dannosi.

Dicevo che bisogna fare un po’ di storia, perché i Comprensori nascono negli anni ’70, per volere particolare di Kessler, che vedeva nella frammentazione del territorio trentino in 223 realtà comunali un punto di debolezza per la crescita della nostra provincia. Pensò quindi ad une ente sovracomunale, che da un lato costringesse i Comuni a lavorare assieme per il bene delle loro Comunità e dall’altro creasse un processo di aggregazione in termini di beni e servizi.

Nascono quindi con legge provinciale i Comprensori, con finalità di programmazione territoriale ed urbanistica, a cui via via vengono affidate importanti deleghe in materia di edilizia, scuola, assistenza, salute.

Quasi tutte le attività vengono “delegate” dalla Pat e quindi il potere venne mantenuto tutto in capo alla Provincia, che decideva praticamente tutto, affidando poi la gestione ai Comprensori.

Si comincia dopo poco tempo quindi a chiedere una modifica dell’impianto normativo degli Enti intermedi, i Comprensori appunto. Dopo anni di dibattiti, convegni, articoli giornalistici, ecco quindi approdare in aula, nel febbraio scorso, la riforma istituzionale.

Le leggi si sa, sono figlie dei tempi. La normativa comprensoriale era nata in un periodo in cui la visione pubblicistica di gestione di beni e servizi pubblici era maggioritaria, visione data dalla certezza che nessuno meglio dell’Ente pubblico potesse gestire al meglio l’interesse della collettività.

Questa legge di riforma è invece figlia di un tempo la cui la sfiducia nel comparto pubblico è massima e lo slogan “privato è bello” campeggia in ogni decisione.

E veniamo al problema dell’acqua. L’art. 8 c. 4 della L.P.
3/06 recita: “In sede di prima applicazione sono trasferite ai Comuni con obbligo di esercizio associato mediante la Comunità di Valle, le funzioni... ciclo dell’acqua, con particolare riguardo ai servizi di acquedotto, fognatura e depurazione...”. All’art. 13 si esplicita poi come possono essere gestiti i servizi pubblici, ovvero direttamente, mediante enti strumentali, federazioni o associazioni, mediante affidamento a terzi, sulla base di adeguate procedure concorrenziali. Ecco fatto: ci sono le Comunità di Valle, le funzioni attribuite alle stesse, ovvero anche il ciclo dell’acqua, la possibilità di affidamento a terzi dei servizi.

Quando, nel febbraio scorso, la FP CGIL presidiò per giorni i lavori consiliari, nell’incontro coi capigruppo chiese di mettere una linea di demarcazione su cosa si poteva privatizzare e cosa no, e chiedemmo esplicitamente di togliere la possibilità di privatizzazione dell’acqua.

Privatizzare l’acqua è una gravissima limitazione alla vita e alla libertà, perché attraverso l’acqua si può decidere di vita o di morte.

Ovunque si è ricorsi a sistemi come questo, dal Bangladesh a Napoli, vi è stata una rivolta delle popolazioni, ovvero sono state ridotte in schiavitù. In Bangladesh chi è ricco può comprare l’acqua “buona” e non rischiare la vita: gli altri pagano con la salute un alto prezzo. Qual è la prossima frontiera: la privatizzazione dell’aria?

Non crediamo che nel “ricco” Trentino non si corrano rischi e abbiamo visto già in questi anni episodi di siccità. Con i cambiamenti climatici rilevati sul pianeta, nessuno può chiamarsi fuori.