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Da Albergoni a Bondi: che bel progresso!

Vi scrivo in uno stato di profonda confusione mentale: vengo subito al punto che mi confonde, e che solo voi – se saprete essere generosi – potrete chiarirmi.

Stefano Albergoni, ex-segretario provinciale dei Ds.

Due anni addietro, di questi tempi, si stava organizzando il congresso provinciale dei DS, per la successione al segretario dimissionario Albergoni: i due candidati erano Bressanini e Bondi.

A vostro modo di vedere, Albergoni era stato un pessimo segretario, un suddito di Dellai su cui aveva puntato come leader, se si fosse vinto, ben due mesi prima delle elezioni. Mentre se fosse stata una persona dotata della benché minima intelligenza avrebbe dovuto evidentemente proporre di andare al voto in ordine sparso, che poi tanto per scegliere c’è sempre tempo: questa vostra impostazione, di vago sentore andreottiano (Giulio, non Carlo), poggiava sicuramente sulla solida e “fondata” convinzione che le teste pensanti, tra i DS locali, fossero talmente tante che non ci sarebbe stato altro che l’imbarazzo della scelta.

Essendo poi Bressanini un propugnatore e prosecutore delle folli e demenziali idee di Albergoni (le quali, detto per inciso, nel 1998 avevano portato i DS al loro massimo storico), ne derivava come logica conseguenza il “dagli all’untore” di manzoniana memoria nei confronti del “perfido” Bressanini.

La scelta tra i due candidati risultava tanto più facilitata dal fatto che dall’altra parte si stagliava prepotentemente la figura di Mauro Bondi, giustamente presentato come “il nuovo che avanza, l’ambientalista, l’unico politico slegato dalle logiche partitocratiche e dall’immiserimento delle poltrone. Quello che, se eletto, gliela avrebbe fatta vedere lui a Dellai: in una parola, un gigante.

Mi pare anche di poter trarre dai miei confusi ricordi che io invece - e questo è il segnale più chiaro che già allora la mia mente era in preda al delirio - fossi dalla parte del mai abbastanza esecrato duo Albergoni-Bressanini.

A ulteriore dimostrazione del mio delirio, ritenevo non solo che la linea rappresentata da Bressanini mirasse (a differenza della posizione avversaria) ad un reale coinvolgimento delle altre forze di sinistra, ma addirittura (e al solo pensarlo arrossisco di vergogna) che il gruppo Bondi avesse come collante “ideale” un certo qual desiderio di sistemare i propri membri in tutte le posizioni dipotere occupabili.

Mi domandavo: ma cosa cavolo hanno in comune, per esempio, Schmidt e Tonini?

E nella mia follia pensavo che alla prima trombatura di qualcuno di quel coeso gruppo, forse se ne sarebbero viste delle belle: in tal senso consiglierei una rilettura della “simpatica” intervista concessa dall’ormai ex on. Schmidt (post-trombatura) in cui lo stesso evidenzia con grazia e leggerezza le qualità, la correttezza, la generosità, lo stile di Tonini stesso, Bondi, Chiodi e gli altri “amici” del “suo” gruppo.

Da allora sono passati due anni e io ho commesso l’errore di non leggere più con attenzione il vostro giornale e mi devo essere perso qualcosa.

Infatti su QT di data 15 settembre trovo un articolo dal titolo “Crisi di giunta: l’inizio della fine” con i sottoindicati periodi: “In questo quadro il più fedele supporter di Dellai è la stessa sinistra. I gruppi dirigenti dei DS, dopo la batosta della Jumela, hanno (implicitamente) deciso: dei programmi non parliamo più, altrimenti Dellai si arrabbia e mettiamo a rischio la coalizione, ossia le nostre poltrone.” E ancora: “E allora i DS devono stare attenti: il loro prossimo congresso, se dovesse certificare l’attuale compiaciuta contemplazione del pieno di poltrone e del vuoto di azione di governo, rischia davvero di essere l’ultimo”. A questo punto grande è la confusione sotto il cielo e ancor più grande in quel poco che mi rimane di cervello.

Ma come, la “linea Bondi” non era una specie di falange macedone che avrebbe retto a qualsiasi urto di Dellai? Non era la linea che garantiva che a tutto si sarebbe pensato fuorché ad una meschina spartizione di poltrone e poltroncine?

E Bondi, che veniva descritto come un gigante, sembra essere diventato, nella vostra descrizione, al massimo un “gitante” (nel senso che - se come da voi previsto questo sarà l’ultimo congresso - non gli resterà che fare delle gite).

Ad ogni buon conto, nella mia confusione mentale una cosa mi ha sorretto: certo delle granitiche certezze che sempre vi animano, neppure per un attimo ho potuto pensare che voi abbiate potuto cambiare idea.

Replica

La questione è più radicale

Nones ci rimprovera: avete sbagliato a sostenere Bondi contro Albergoni, come dimostra l’attuale sfacelo della linea dei DS.

Secondo noi la questione è più radicale; ben oltre le persone, riguarda struttura e cultura della sinistra organizzata, in primis i DS. Infatti, ricapitolando: due anni fa Bondi vince il congresso diessino sulla linea “basta con la subalternità a Dellai, la Giunta provinciale deve fare (almeno) qualcosa di sinistra”; tenta di praticare tale linea bloccando la schifezza della Jumela; su questo scontro raccoglie il consenso dell’opinione pubblica, ma anche l’opposizione dei notabili del partito che, da un’eventuale rottura con Dellai, temono la perdita delle seggiole; Bondi batte in ritirata, sulla Jumela e su tutto; il partito rinuncia ai programmi e pensa solo alle poltrone.

Insomma i DS, prima con Albergoni hanno dimostrato di non credere alle proprie ragioni, instaurando un rapporto non di alleanza, bensì di sudditanza (“Dellai nostro leader”) con un ex-DC contiguo all’affarismo (e lo si sapeva già allora); poi, con Bondi, castrano il segretario al primo tentativo di portare il governo provinciale fuori dalle secche del clientelismo doroteo.

A questo punto, è vero, Bondi non è certo un “gigante” (per usare lo scherzoso termine di Nones, non certo nostro). Anzi. Ma è questa la cosa importante?

E. P.